NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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mercoledì 15 febbraio 2023

Nietzsche 2 Nietzsche, Tucidide, Aristofane.


Riveduto e corretto, come lo presenterò al corso. Chi lo legge può pensare a domande da pormi. So che venite tutti per imparare, non per perdere tempo, e io voglio che non perdiate nemmeno un minuto prezioso. Chi comprende anche una sola parola, mi chieda di spiegargliela, per favore. Parlando uno alla volta, certo.

Nietzsche, Tucidide,  Aristofane

Nel Crepuscolo degli idoli [1] Tucidide è indicato addirittura come terapia contro “ogni platonismo”:" Il mio ristoro, la mia predilezione, la mia terapia  contro ogni platonismo è sempre stato Tucidide . Tucidide e, forse, Il Principe  di Machiavelli mi sono particolarmente affini  per l'assoluta volontà di non crearsi delle mistificazioni[2] e di vedere la ragione nella realtà -non nella "ragione", e tanto meno nella "morale" (...) In lui la cultura dei sofisti , voglio dire la cultura dei realisti  giunge alla sua compiuta espressione : questo movimento inestimabile, in mezzo alla truffa morale e ideale delle scuole socratiche prorompenti allora da ogni parte. La filosofia greca come décadence  dell'istinto greco: Tucidide come il grande compendio, l'ultima rivelazione di quella forte, severa, dura oggettività che era nell'istinto dei Greci più antichi. Il coraggio di fronte alla realtà distingue infine nature come Tucidide e Platone: Platone è un codardo di fronte alla realtà-conseguentemente si rifugia nell'ideale; Tucidide ha il dominio di -tiene quindi sotto il suo dominio anche cose".

“Platone rifuggì dalla realtà e volle contemplare le cose solo nelle esangui immagini del pensiero”[3].

 

L’eziologia tucididea della guerra del Peloponneso

Tucidide cerca la causa più vera :" Io considero la causa più vera ma meno dichiarata a parole il fatto che gli Ateniesi, divenendo potenti e incutendo timore agli Spartani, li costrinsero a combattere" I 23, 6.  Th;n me;n ga;r ajlhqestavthn provfasin: va distinta dai motivi occasionali (aijtivai, più avanti: i fatti di Corcira, di Potidea, e, dopo, il decreto di boicottaggio delle merci di Megara alle quali vennero chiusi i mercati ateniesi ) che provocarono lo scoppio del conflitto.

 

Anche nel caso della spedizione in Sicilia Tucidide chiama "la causa più vera" con con queste stesse parole:" oiJ    jAqhnai'oi strateuvein w{rmhnto,  ejfievmenoi me;n th'/ ajlhqestavth/ profavsei th'" pavsh" a[rxai"(VI, 6) gli Ateniesi volevano inviare la spedizione, desiderando secondo la causa più vera dominarla tutta.

Il nobile pretesto era invece che volevano portare aiuto alle genti della loro stirpe e agli alleati che avevano acquistato là.

 

Il realismo di Tucidide, il suo acume nell’individuare le cause è talmente profondo, il suo sguardo talmente vasto che questa “causa più vera” serve a spiegare la genesi dell’attuale guerra in Ucraina: l’espansione della NATO che  ha allarmato i Russi . Pure oggi la causa più vera non viene quasi mai denunciata.

  

L’ammirazione di Nietzsche si estende a Sallustio che per certi aspetti può essere considerato un allievo di Tucidide, come Polibio e altri[4]: “Scrivere in una sola notte una lunga dissertazione in latino e poi anche ricopiarla, mettendo nella penna l’ambizione di imitare il rigore e la densità del mio modello Sallustio[5].

 

Platone gettò uno sguardo alla idealità ellenica e divenne cieco alla realtà.

“In fondo, la morale è ostile alla scienza: già Socrate lo era-e per questa ragione: la scienza dà importanza a cose che non hanno nulla a che fare col “bene” e col “male”e che quindi tolgono importanza al sentimento del “bene” e del “male”. Cioè, la morale vuole avere al proprio servizio l’uomo intero, tutte le sue forze…Perciò in Grecia, quando Socrate le inoculò il morbo del moralizzare, la scienza fu presto spacciata: e non si raggiunse una seconda volta l’altezza del pensiero di un Democrito, di un Ippocrate e di un Tucidide”[6].  

 

Di questo testo non esiste un manoscritto né un testo a stampa approvato da Nietzsche. E’ composto da punti probabilmente manipolati da Peter Gast e da Elisabeth Förster Nietzsche la sorella dell’autore dopo la sua morte

 

“I sofisti non sono altro che dei realisti (…) hanno il coraggio che hanno tutti gli spiriti forti di ammettere la loro immoralità”[7].

Nietzsche apprezza l’oggettività “epica” caratteristica della storiografia antica.

“Il nemico non è ritenuto cattivo: egli può rivalersi. Il troiano e il greco sono in Omero entrambi buoni. Non colui che arreca danno, bensì colui che è spregevole è considerato cattivo”[8].

Si pensi invece agli “Stati canaglia” della propaganda attuale

 Mazzarino e l’obiettività solo parziale  degli storiografi antichi.

Il fatto di riferire il punto di vista del nemico, o di raccontarne le gesta senza infamarlo, si legge nel proemio dell’ opera di  Erodoto[9], il padre della storia, e avvia l'obiettività degli storiografi greci e latini, "epica" se vogliamo, in  quanto già Omero raccontava le gesta eroiche non solo dei Greci ma anche dei Troiani.

Si badi però che nella storiografia antica questa obiettività  riguarda soltanto il nemico esterno:  “ Tucidide riesce ad essere "obiettivo", ed anzi entusiasta, quando rievoca od esalta l'opera di Brasida. Ma non può perdonare Cleone"[10]. Brasida era lo spartano “pestello della Grecia”. L’altro pestello era l’ateniese Cleone.

Aristofane nella Pace del 421, l'anno della tregua malsicura chiama  aJletrivbano"  (v. 269) ,"pestello" appunto il demagogo   Cleone, oJ bursopwvlh", il cuoiaio;  al v. 282 l'altro pestello è Brasida.

Polemos si era fatto portare un enorme mortaio (queivan Pace  v. 228) per metterci dentro le città greche e pestarle (trivbein, 231). Ma i due pestelli nel 421 non c’erano più e in questa commedia torna la Pace. La pace accresce le possibilità di vita secondo Trigeo che è, come Diceopoli, un contadino pacifista: essa consente di navigare, rimanere dove si è, fare l'amore, dormire, andare a vedere le feste, banchettare, giocare al cottabo, e gridare iù iù (Pace, vv. 341-345). Vogliono le guerre i fabbricanti di lance e i mercanti di scudi per i loro guadagni (vv. 447-448).

Alla fine costoro riceveranno le pernacchie, mentre i contadini potranno tornare al lavoro dei campi richiamando alla memoria l'antica vita che la Pace largiva: i panieri di frutta secca, i fichi e i mirti, il dolce mosto, le viole accanto al pozzo e le olive di cui si ha desiderio. La pace per i campagnoli significava la zuppa d'orzo verde e la salvezza (ci'dra kai; swthriva, v. 595), sicché le vigne e i teneri fichi, e quante altre piante vi sono, rideranno liete accogliendola.

Nell'agone si trova un'eziologia della guerra meno ridicola di quella presentata negli Acarnesi [11]: Pericle, spaventato dalle accuse intentate a Fidia, per non seguire la stessa sorte, mise a fuoco la città e provocò tanto fumo che tutti i Greci lacrimavano. La distrazione di massa si dice oggi.

Alla pace ritrovata seguono progetti e preparativi di feste a base di scorpacciate culinarie e sessuali: Teoria ha un culo da Festa quinquennale e va molto bene; la focaccia è cotta, la torta col sesamo è impastata e tutto il resto è pronto:"tou' pevou" de; dei' " (v. 870), manca solo il bischero.

Il contadino pacifista Trigeo cita due esametri omerici [12]:"è privo di legami sociali, di leggi, di focolare quello che/ama la guerra civile agghiacciante ( polevmou e[ratai ejpidhmivou, vv. 1097-1098).

Ogni guerra in fondo è una guerra civile secondo i princìpi dell’umanesimo.

Mi sono soffermato un poco su la Pace perché questa commedia verrà rappresentata a Siracusa da metà maggio ai primi di luglio. Andrò a vederla l'11 giugno e a commentarla il 12 alla Dante Alighieri di Siracusa. Chi è interessato mi segua!

 

 Mazzarino fa notare che anche  Tacito  è obiettivo con il nemico esterno il caledome  Calgaco ma non con Tiberio e pure  Sallustio è obiettivo con Mitridate re del Ponto ma non con i nobili romani.

 L’obiettività sparisce del tutto  nel V secolo d. C. con la storiografia cristiana di Paolo Orosio: si consideri il  titolo programmatico delle sue Historiae adversus paganos , in sette libri che abbracciano la storia dell’umanità  dalle origini al 417 d. C.  

 

Dichiarazioni di imparzialità (Tacito, Sallustio,  Luciano)

 Sallustio annuncia che racconterà in breve la congiura di Catilina “quam verissume potero[13],  quanto più veracemente potrò-

 

L’imparzialità è proclamata da Tacito, all’inizio delle Historiae:incorruptam fidem professis neque amore quisquam et sine odio dicendus est” (I, 1), chi fa professione di veridicità inconcussa deve esprimersi su ciascuno mettendo da parte l’amore e senza odio.

Quindi nel primo capitolo degli Annales dove l’autore dichiara che partirà dagli ultimi anni del principato di Augusto, poi procederà raccontando di Tiberio e dei successori sine ira et studio quorum causas procul habeo (I, 1) senza risentimento e partigianeria, di cui tengo lontani i motivi.

Luciano ribadisce la norma dell’imparzialità dello storico. Il modello è Tucidide che “legiferò[14]: “Toiou'to~ ou\n moi oJ suggrafeu;~ e[stw, a[fobo~, ajdevkasto~, ejleuvqero~, parrhsiva~ kai; ajlhqeiva~ fivlo~ouj mivsei oujde; filiva/ ti nevmwn oujde; feidovmeno~  h]  ejlew'n h] aijscunovmeno~ h] duswpouvmeno~, i[so~ dikasthv~xevno~ ejn toi'~ biblivoi~ kai; a[poli~, aujtovnomo~, ajbasivleuto~, ouj tiv tw'/de h] tw'/de dovxei logizovmeno~, ajlla; tiv pevpraktai levgwn.  JO d j  ou\n Qoukidivdh~ eu\ mavla tou't j ejnomoqevthse kai; dievkrinen ajreth;n kai; kakivan suggrafikhvn[15]”, tale dunque deve essere il mio storiografo, impavido, incorruttibile, libero, amico della libertà di parola e della verità…un uomo che non attribuisce per amicizia e non lesina per odio, o uno che prova compassione o vergogna, o si lascia intimorire, giudice imparziale…straniero nei suoi libri e senza patria, indipendente, non sottoposto al potere, uno che non tiene in alcun conto di cosa sembrerà a questo o a quello, ma che racconta i fatti.

Tale dovrebbe essere oggi il giornalista e il commentatore politico. Invece è spesso partigiano e fazioso in nome del proprio utile.

 

Tucidide dunque secondo Nietzsche  ha il coraggio di guardare la realtà

Che cosa è buono? Domandate. Essere coraggiosi è buono. Lasciate che le fanciulle dicano: “essere buono vuol dire essere carino e insieme commovente”[16].

La visione tragica è altrettanto impavida e forte: “Le razze forti, finché sono ricche e straricche di energia, hanno il coraggio di vedere le cose come sono:tragicamente…Per esse, l’arte è più di un divertimento e di un diletto: è una cura[17].

 

In Aurora  leggiamo:" Un modello . Che cosa amo in Tucidide, che cosa fa sì che io lo onori più di Platone? Egli gioisce nella maniera più onnicomprensiva e spregiudicata[18] di tutto quanto è tipico negli uomini e negli eventi, e trova che ad ogni tipo compete un quantum di buona ragione : è questa che  egli cerca di scoprire. Egli possiede più di Platone una giustizia pratica: non è un denigratore e un detrattore degli uomini che non gli piacciono o che nella vita gli hanno fatto del male[19]. Al contrario , egli vede nell’intimo di tutte le cose e di tutte le persone qualcosa di grande  e lo vede in aggiunta ad esse , in quanto rivolge lo sguardo soltanto ai tipi; che cosa se ne farebbe, poi, l'intera posterità cui egli consacra la sua opera di ciò che non è tipico? Così in lui, pensatore di uomini, giunge alla sua estrema, splendida fioritura quella cultura della più spregiudicata conoscenza del mondo  che aveva avuto in Sofocle il suo poeta, in Pericle il suo uomo di stato, in Ippocrate il suo medico, in Democrito il suo scienziato della natura: quella cultura che merita di essere battezzata col nome dei suoi maestri, i Sofisti "[20]. 

 

Su Sofocle ho molte riserve. Credo, al contrario,  che abbia avversato e combattuto la cultura dei sofisti.

Nell’Edipo re, a proposito di parole miscredenti,  Sofocle scrive: “ se tali azioni sono onorate, perché devo eseguire la danza sacra?”[21], ossia, dal punto di vista dell’autore, “perché dovrei continuare a scrivere tragedie? Sofocle insomma denuncia i pericoli di una cultura atea, quando: “e[rrei de; ta; qei`a” (Edipo re, 910), va in malora il divino.

Ivan Karamazov sostiene che è la fede nell’immortalità dell’anima a trattenere gli uomini dai delitti: “Ivan Feodorovič aggiunse…che se si distruggesse negli uomini la fede nella loro immortalità, immediatamente scomparirebbe anche l’amore dai loro cuori, e non solo l’amore, ma anche ogni forza vitale, capace di perpetuare l’esistenza del mondo. Né questo basta: ma allora non esisterebbe più niente di immortale, tutto sarebbe permesso, persino l'antropofagia. Ma non basta ancora: egli terminò con l'affermare che, per ogni individuo, come saremmo noi qui, che non creda né in Dio né nella propria immortalità, la legge morale della natura deve trasformarsi nel senso diametralmente opposto a quello della religione, e che l'egoismo, non solo dovrebbe essere permesso all'uomo fino alla scelleratezza, ma dovrebbe essere anzi considerato come indispensabile". Quindi Ivan conferma e sintetizza il suo pensiero allo stariez:"sì ho sostenuto quel pensiero. Se non c'è l'immortalità, non c'è nemmeno la moralità"[22].

 

Sentiamo un'altra critica di Nietzsche a Platone, il codardo di fronte alla realtà: “Platone distaccò gli istinti dalla polis, dalla gara, dall’abilità militare, dall’arte e dalla bellezza, dai misteri, dalla fede nella tradizione e negli avi…fu il corruttore dei nobles, egli stesso corrotto dal roturier [23] Socrate negò tutti i presupposti del “greco nobile” e di buona lega, portò la dialettica nella pratica quotidiana, cospirò con tiranni, fece politica avveniristica e diede l’esempio del più totale distacco degli istinti dall’antico. E’ profondo, appassionato in ogni cosa antiellenica”[24]. In queste parole c’è qualcosa di vero e non poco di falso, dettato dall’antipatia. Lo chiarirò parlando.

 

“In seguito, nell’epoca morale dell’umanità, si sacrificarono al proprio Dio gli istinti più potenti di cui si era in possesso, la propria “natura”: questa macabra gioia del sacrificio e nel bagliore sinistro che emana lo sguardo crudele dell’asceta, di questo fanatico “contro-natura”[25].

 

Bologna 15 febbraio 2023  ore 11, 05 giovanni ghiselli

 

 



[1]Quel che debbo agli antichi , 2. Uscito nel 1888.

[2] Cfr to; mh; muqw'de" nel capitolo metodologici I, 22, 4 delle Storie di tucidide.

[3] Aurora (1881) , libro quinto, aforisma 448.

[4] Tucidide legiferò ("  oJ d  j ou\n Qoukidivdh"...ejnomoqevthse") afferma Luciano (Come si deve scrivere la storia, 42).

[5] Ecce homo  (1888) Come si diventa ciò che si è. Perché sono così accorto, 1

[6] La volontà di potenza, edita postuma nel 1906, La critica dei valori supremi, 443

[7] Nietzsche, Frammenti postumi primavera 1888, 14 (147)

[8] Umano, troppo umano (1878)  Parte seconda, Per la storia dei sentimenti morali, 45.

[9] Il quale indicava sia gli Elleni sia i barbari quali agonisti della grande guerra e autori delle opere grandi e meravigliose,  il cui racconto darà visibilità e gloria tanto ai vincitori quanto ai vinti.  Plutarco nel De Herodoti malignitate, Peri; th`~   JHrodovtou kakohqeiva~  ( 857a)  accusa lo storiografo  di essere filobavrbaro".

Questo non significa che fosse “miselleno”.

 

[10] S. Mazzarino, Il Pensiero Storico Classico , p. 250 I vol.

[11] Che faceva dipendere lo scoppio del conlitto da ratti di prostitute,

[12] Da Iliade IX, 63-64. E’ il canto dell’ambasceria ad Achille. E’ Nestore che parla. Più avanti consiglia ad Agamennone di riconciliarsi co Achille mandandogli amabili doni (IX, 113)

[13] De coniuratione Catilinae, 4.

[14] Tucidide legiferò ("  oJ d  j ou\n Qoukidivdh"...ejnomoqevthse") afferma Luciano (Come si deve scrivere la storia, 42). La legge della verità divenne ineludibile per i suoi seguaci. Nell'ultimo capitolo del suo opuscolo  Luciano aggiunge che bisogna scrivere la storia con verità ("su;n tw'/ ajlhqei'") e con il pensiero rivolto alla speranza futura piuttosto  che con adulazione mirando a compiacere quelli elogiati al momento presente ("pro;" to; hJdu; toi'" nu'n ejpainoumevnoi"", 63).

[15] Come si deve scrivere la storia, 41-42. Il trattatello è del 164 d. C.  

[16] Nietzsche, Così parlò Zarathustra, (completato  nel 1885) Prefazione, Parte prima (1883) Della Guerra e dei guerrieri.

[17] Frammenti postumi, Primavera 1888-14

[18] Cfr. i dissoi; lovgoi e la logica aperta al contrasto ndr.

[19] Veramente, a detta di Diodoro Siculo , calunnia Cleone che ha provocato il suo esilio..

[20] Nietzsche, Aurora (1881)  libro terzo, 168

[21] eij ga;r aiJ toiaivde pravxei~ tivmiai,-ti dei` me coreuvein ; (vv. 895-896)-

[22] Dostoevskij , I fratelli Karamazov , libro secondo, capitolo sesto

[23] plebeo

[24] Primavera 1888 Frammenti postumi 14 (94).

[25] Di là dal bene e dal male (1886) L’essenza religiosa, 55

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