NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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mercoledì 1 febbraio 2023

Nietzsche 98. Critica della modernità.

Nietzsche 98 Crepuscolo degli idoli. Scorribande di un inattuale 39 Critica della modernità.

 

“Le nostre istituzioni non servono più a nulla: su questo si è tutti d’accordo. Ma ciò non dipende da loro, dipende da noi (…) Perché funzionino le istituzioni deve esistere una specie di volontà, di istinto imperativo, antiliberale fino alla malvagità”.

 

Io correggerei in “antiliberista fino all’equità”.

 

Ma torno a Nietzsche: “la volontà di tradizione, di autorità, di responsabilità estesa sui secoli, di solidarietà nella catena di generazioni in avanti e all’indietro, in infinitum”.

 

In avanti non è più dato perché pochissimi, tra quanti già pochi conoscono ancora la tradizione, fanno figli.

 

Di nuovo Nietzsche: “Se questa volontà esiste, allora si fonda qualcosa come l’imperium Romanum”.

 

A proposito della volontà, ricordate il discorso che  il genero di Vespasiano Ceriale tenne nel 70 d. C. ai Trèviri e ai Lìngoni  riuniti ad ascoltarlo.

C’è la tesi politica della giusta dominazione dell’Urbe signora del mondo.

“Octingentorum annorum fortunā disciplināque compages haec coaluit: quae convelli sine exitio convellentium non potest” (Tacito, Hist. IV, 74). questa mole  consolidata con la fortuna e la disciplina di ottocento anni non può essere abbattuta senza rovina di chi la abbatte.

 

Torno a Nietzsche che vede nella Russia “l’unica potenza che oggi abbia durata nel suo corpo, che sia in grado di attendere, che ancora possa pomettere qualcosa-la Russia, il concetto opposto ai miseri staterelli e alla nervosità europea, entrati in una situazione critica con la fondazione del Reich tedesco. L’Occidente non possiede più quegli istinti dai quali crescono le istituzioni, dai quali cresce il futuro. Si vive per l’oggi, si vive assai velocemente-si vive assai irresponsabilmente: e a questo si dà il nome di libertà”.

 

Mi viene in mente uno dei tanti slogan uditi e ripetuti nel’ 68: “Ci ammazzano, ci sfruttano, ci buttano in galera, e questa la chiamano libertà”.

 

Ora è invalso il menefreghismo: il vero o presunto capo mafioso è stato lasciato impunemente libero per 30 anni e un anarchico in fin di vita è sottoposto al carcere duro. Pochi protestano e lo fanno nella maniera sbagliata. La violenza danneggia non solo chi la subisce ma anche chi la fa. La protesta deve essere culturale. Ma il fatto è che pure la cultura presuppone una disciplina dura, e una volontà ancora più dura.

 

Concludo con un pensiero di Hermann Hesse seguito da una terzina dantesca: “Ben presto si scoprì che erano bastate poche generazioni di una disciplina rilassata e senza scrupoli per danneggiare sensibilmente anche la vita pratica” Il gioco delle perle di vetro, p. 31.

 

“ per che le viste lor furo essaltate

con grazia illuminante e con lor merto

sì ch’hanno ferma e piena volontate” (Dante Paradiso, XXIX, 61-63

 

 

Bologna 1 febbraio 2023 ore 18, 24 giovanni ghiselli

 

p. s. Non ho censurato le parole con le quali Nietzsche elogia la Russia per vedere se c’è qualcuno talmente imbecille da accusare il Nostro di faziosità filoputiniana e quindi indegno di essere letto e studiato.

 

Sempre1318656

 

 

 

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