Ricordare dolori e gioie può fare male o bene, secondo il carattere di chi commemora
Prometeo comincia il suo racconto con queste parole: “
"doloroso è per me raccontare queste cose (ajlgeina; me;n moi kai; levgein tavde),/ma doloroso è anche tacere (a[lgo~ de; siga'n), e dappertutto sono le sventure"( Eschilo, Prometeo incatenato, vv. 197-198).
Due versi questi, usati come epigrafe da Giuseppe Berto per il suo Il male oscuro (1964) che racconta la terapia di una nevrosi: “Il racconto è dolore, ma anche il silenzio è dolore”. Il racconto infatti è doloroso e pure terapeutico.
Enea si appresta a raccontare la distruzione di Troia a Didone: “Infandum, regina, iubes renovare dolorem…Sed si tantus amor casus cognoscere nostros/et breviter Troiae supremum audire laborem,/quamquam animus meminisse horret luctuque refugit,/incipiam” (Eneide, II, 3, 10-13), regina, mi ordini, di rinnovare un dolore indicibile…ma se tanto grande è il desiderio di conoscere la nostra caduta e di udire in breve l’estrema agonia di Troia, sebbene l’animo rabbrividisca a ricordare e rifugga dal pianto, comincerò.
Ma può accadere anche il contrario
Nella Tebaide di Stazio (45-96 d. C.) Ipsipile inizia la sua storia dolorosa affermando che raccontare le proprie pene è una consolazione per gli infelici:"dulce loqui miseris veteresque reducere questus" (V, 48), è dolce parlare per gli infelici e rievocare le pene antiche.
Anche scrivere rievocando pene antiche può giovare: “travagliosa-. era mia vita: ed è, né cangia stile,-o mia diletta luna. E pur mi giova-la ricordanza, e il noverar l’etate-del mio dolore” (Leopardi, Alla luna, 9-12).
E’ di conforto anche ricordare le gioie quando queste non ci sono più: “Facciamo tesoro di sentimenti cari e soavi i quali ci ridestino per tutti gli anni, che ancora forse tristi e perseguitati ci avanzano, la memoria che non siamo sempre vissuti nel dolore” (U. Foscolo, Ultime lettere di Iacopo Ortis, 12 novembre 1797.
Viceversa Francesca:
“E quella a me: “nessun maggior dolore
che ricordarsi del tempo felice
nella miseria; e ciò sa il tuo dottore” Dante, Inferno, V. 121-123.
Personalmente accolgo i benefici dei ricordi buoni e credo che si possa trarre del bene anche da quelli cattivi che mi fanno tornare in mente la forza con la quale ho superato le sciagure in gare davvero olimpiche.
Cfr- Giuliano in Ammiano Marcellino che quando nel 363 si prepara ad attaccare l’Augusto Costanzo parla ai soldati che hanno acclamato quale vero Augusto lui, Giuliano ancoa Cesare: quid agi oporteat bonis successibus instruendi (erimus) XXI, 5, 6
Bologna 7 giugno 2023 ore 11, 10 giovanni ghiselli
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