domenica 4 giugno 2023

Percorso sull’amore V. L’adulterio giustificato o condannato. Come vi pare.

 

 

  Mi preme indicare un'altra adultera che nega ogni significato al suo tradimento: si tratta della Clitennestra della Yourcenar che fa l' autodifesa:"Signori della Corte, esiste un solo uomo al mondo: il resto, per ogni donna, non è che un errore o un malinconico surrogato. E l'adulterio non è sovente che una forma disperata della fedeltà. Se qualcuno io ho tradito, si tratta certamente di quel povero Egisto. Avevo bisogno di lui per sapere fino a che punto fosse sostituibile colui che amavo"[1].

L' indulgenza verso l'adulterio del resto non se l'è inventata la Penelope di Joyce né la Clitennestra della Yourcenar: si trova già in Saffo (VII-VI sec. a. C.), in  Menandro e addirittura nelle parole di Cristo. Viceversa Catullo lo condanna.

 

La cosa più bella.

Vediamo l'ode più ideologica di Saffo, quella chiamata "La cosa più bella"(fr. 16 LP):"alcuni una schiera di cavalieri, altri di fanti,/altri di navi dicono che sulla terra nera/sia la cosa più bella, io quello/che uno ama./Ed è facile assai rendere questo/comprensibile a ognuno: infatti quella che di gran lunga superava/nella bellezza gli esseri umani, Elena, dopo avere lasciato/il marito che pure era il più valoroso di tutti,/andò a Troia navigando/e non si ricordò per niente della figlia/né dei suoi genitori, ma Cipride la/trascinò, in preda all'amore. (vv. 1-12)...Anche a me ora[2] ha fatto ricordare/di Anattoria assente./Di lei ora vorrei vedere l'amabile passo/ e il fulgido scintillio del volto/piuttosto che i carri dei Lidi e i fanti/che combattono nell'armatura". (vv. 15-20)

Saffo afferma il proprio gusto di persona e di donna: al mondo maschile della guerra, quando la Lidia era una grande potenza militare, ella contrappone quello femminile dell'amore, e non dell'amore matrimoniale, bensì dell'Eros come rapimento dei sensi e dell'anima travolti da Afrodite.

Comincia di qui la palinodia su Elena[3], una rivalutazione che però non ha bisogno, come quelle operate da Stesicoro (VII-VI sec. a. C.) e da Euripide, (nell' Elena del 412 ) di sostenere che la bella donna in realtà rimase fedele a Menelao, siccome a Troia andò solo un fantasma; né adduce il motivo patriottico, come farà Isocrate[4]  nell' Encomio di Elena[5]  sostenendo che la splendidissima fu la causa dell'unità del mondo greco contro la barbarie asiatica (67) in una guerra che prefigurò l'unità antipersiana auspicata dall'oratore; né deve accumulare una caterva di giustificazioni come  Gorgia, il maestro di Isocrate, nel suo Encomio di Elena :" ella in ogni caso sfugge all'accusa poiché fu presa da amore, fu persuasa dalla parola, fu rapita con la violenza, e fu costretta da necessità divina"(20); infatti la riabilitazione di Saffo è semplice e diretta: la poetessa approva la scelta amorosa della donna che ha seguito il richiamo della cosa più bella, un uomo che le piaceva più del marito, e quindi ha lasciato Menelao, senza tenere conto di convenzioni sociali, convenienze economiche o pastoie di qualsiasi genere[6].

Vediamo altri casi di comprensione per l'adulterio, anzi proprio per l'adultera. Ne L'arbitrato  (Epivtreponte"), commedia di Menandro (attivo tra il 320 e il 292 a. C.) troviamo un vero momento di mavqo" (comprensione) tragico quando Carisio, il marito che si crede tradito, definisce se stesso, ironicamente, l'uomo senza peccato attento alla reputazione ( ejgwv ti" ajnamavrthto", eij" dovxan blevpwn, v. 588) e comprende che l'errore sessuale della moglie, presunto, ma da lui ritenuto reale, è stato un "infortunio involontario"( ajkouvsion gunaiko;" ajtuvchm&, v. 594).

 Il protagonista di questa commedia  ripropone la formula antica della dovxa , la reputazione, ma poi la supera con quel "io l'uomo senza peccato", ejgwv ti" ajnamavrthto",  che anticipa il Vangelo  di Giovanni:"chi di voi è senza peccato scagli la pietra per primo contro di lei, oJ ajnamavrthto" uJmw'n prw'to" ejp& aujth;n balevtw livqon (8, 7). Qui non si tratta di un adulterio presunto. Infatti gli scribi e i farisei portano al tempio una donna còlta in adulterio (mulierem in adulterio deprehensam ) e chiedono al Cristo, che insegnava in quel luogo, se dovesse essere lapidata secondo la legge mosaica. Lo dicevano per metterlo alla prova e magari poterlo accusare. Gesù allora si diede a scrivere con il dito sulla terra. E siccome lo incalzavano, il Redentore rizzatosi disse loro:" qui sine peccato est vestrum, primus in illam lapidem mittat  ". E riprese a scrivere per terra. Tutti gli altri uscirono, e il Cristo, rimasto solo con la donna, la assolse, come tutti gli altri, aggiungendo:"vade et amplius iam noli peccare " (7, 11), vai e non peccare più. Che significa: scegli tra i due uomini quello che ami. Certamente non il marito.

 "La comprensione permette di considerare l'altro non solo come ego alter, un altro individuo soggetto, ma come alter ego, un altro me stesso con cui comunico, simpatizzo, sono in comunione. Il principio di comunicazione è dunque incluso nel principio d'identità e si manifesta nel principio di inclusione"[7].

A volte la lapidazione viene attuata attraverso le calunnie che colpiscono la donna indicata come adultera soltanto perché è bella e intelligente: come Marta, L'esclusa di Pirandello[8] :"Aveva voluto vendicarsi nobilmente, risorgere dall'onta ingiusta col proprio ingegno, con lo studio, col lavoro? Ebbene, no! Da umile, oltraggiata; da altera, lapidata di calunnie. E questo, in premio della vittoria! E amarezze, ingiustizie, e quell'esistenza vuota per sé, esposta alle brame orrende d'un mostro, ai gracili, timidi desiderii d'un povero di spirito, alle pettorute vigliaccherie di quell'altro; sassi, spine ovunque, per quella via lontana dalla vita" (p. 133). 

 

Riporto  alcune condanne dell'adulterio.

Teocrito nell' Encomio di Tolomeo (XVII) fa l'elogio del padre e della madre del Filadelfo ossia di Tolomeo I Soter e Berenice che si piacevano e amavano reciprocamente: mai nessuna donna piacque al marito quanto Tolomeo amò la sua sposa.

Ebbene lei lo contraccambiò e questa è la condizione per la quale un uomo può affidare la casa ai figli:"oJppovte ken filevwn baivnh/ levco" ej" fileouvsh"". (XVII, 42), quando innamorato entri nel letto di lei innamorata.

Le nozze, seppure endogamiche, dei loro figli Tolomeo II Filadelfo e Arsinoe sono altrettanto sante; anzi il loro iJero;" gavmo" (XVII, 130) matrimonio sacro è assimilato alla ierogamia di Era e Zeus, fratello e sorella anche loro .

 Altrimenti c'è la rovina del gevno" : l'animo di una donna che non ama  è rivolto sempre a uno di fuori, i parti sono facili e i figli non assomigliano al padre (vv. 43-44). La moglie fedele dunque è necessaria per garantire la trasmissione del patrimonio accumulato a figli "di paternità indiscussa".

Secondo F. Engels (1820-1895) che ho appena citato è questa la ragione più vera della famiglia monogamica e della sottomissione della donna:"la monogamia nasce dalla concentrazione di più ricchezze in una mano sola, precisamente quella di un uomo, e dal bisogno di trasmettere in eredità tali ricchezze ai figli di quest'uomo e a nessun altro"[9].

Ma torniamo alla fedeltà delle spose dei primi Tolomei. 

Catullo  nel carme 66 traduce la Chioma di Berenice di Callimaco e aggiunge cinque distici ( 79-88) che contengono un biasimo dell'adulterio. La storia d'amore è nota. La regina  aveva promesso di offrire  la propria capigliatura al tempio di Arsinoe Zefirite se suo marito Tolomeo III Evergete (246-221) fosse tornato sano e salvo dalla spedizione contro Seleuco II re di Siria (246 a. C.). Sciolto il voto, la treccia sparì e l'astronomo Conone affermò di averla scoperta in cielo in una costellazione dove gli dèi l'avevano assunta.

 

 Callimaco per assecondare questo elogio cortigianesco raccontò l'episodio in distici elegiaci e lo inserì negli Aitia . "Questo poeta rese omaggio anche in altre occasioni alle donne della famiglia reale, e quando l'astronomo di corte Conone riscoprì in cielo, trasformata in costellazione, la ciocca di capelli che la moglie dell'Evergete aveva deposto in un tempio come offerta votiva per il felice ritorno del marito, il poeta, ormai vecchio, dedicò alla giovane regina un galante carme augurale, la Chioma di Berenice, che dovette indubbiamente esser letto con la stessa sorridente intelligenza con cui era stato composto. Da allora, nel regno tolemaico, le donne ebbero sempre una posizione di rilievo nella politica, fino alla diabolica Cleopatra, che seppe incantare con i suoi vezzi un Cesare e arrivò a sognare di stabilirsi, signora del mondo, sul Campidoglio a fianco di Antonio"[10]. 

 

Igino, liberto di Augusto e rettore della nuova biblioteca voluta dal princeps  sul Palatino, dà notizia di questi fatti:"sunt aliae septem stellae ad caudam leonis in triangulo conlocatae, quae crines Berenices esse Conon Samius...et Callimachus dicit " (De astronomia , II, 24), ci sono altre sette stelle alla coda del leone disposte a triangolo, e di queste Conone di Samo e Callimaco affermano che sono la chioma di Berenice.  Il bibliotecario aggiunge il commento che Conone voleva entrare nelle grazie dell'Evergete disturbato dalla sparizione di quei capelli.

 

  Catullo fa altro: dà voce al rimpianto della treccia per la testa della regina:"invita, o regina, tuo de vertice cessi " (v.39), con un esametro che sarà ripreso da Virgilio (Eneide  VI, 460) e rielabora la maledizione callimachea, la quale forse trae origine da Erodoto[11], dei Calibi che hanno scoperto il ferro responsabile di quel distacco; poi attribuisce alla splendente capigliatura un'esecrazione delle donne adultere e un auspicio della benedetta concordia tra gli sposi:"Sed quae se impuro dedit adulterio,/illius a! mala dona levis bibat irrita pulvis;/namque ego ab indignis praemia nulla peto./Sed magis, o nuptae, semper concordia vestras/semper Amor sedes incolat assiduus " (66, vv. 84-88), ma quella che si concede all'impuro adulterio, ah! la polvere leggera beva inutilmente le sue offerte malvagie; infatti io non voglio offerte dalle donne indegne. Ma piuttosto, o spose, sempre la concordia abiti le vostre dimore, sempre un amore duraturo.

La polvere è un segno negativo già nella tragedia greca. Vediamo questi versi dell'Antigone :":"Ora infatti sull'estrema/ radice si era distesa una luce ( favo" ) nella casa di Edipo/ma poi la polvere macchiata di sangue (foiniva...kovni") /degli dei infernali la falcia,/e pazzia della parola ed Erinni della mente" (vv.599-603). Qui vediamo un'alternanza di luce, polvere e sangue.

 

"Poiché la lezione della saggezza tragica è che il grado estremo della sofferenza, quando consuma e fa a pezzi la vita, libera una luce nascosta nel luogo più refrattario alla diafanità, la caverna cieca che è il cuore dell'uomo"[12].

 

 La concordia , l'abbiamo visto nella oJmofrosuvnh di Omero, è il presupposto necessario dell'amore duraturo.

 Catullo ha pure tradotto in latino un' ode di Saffo, quella della paralisi indotta dall'amore (fr. 31 LP) aggiungendo una gnome sull'otium che in qualche modo allude negativamente a Elena di Troia.

Diciamo due parole in generale su questo poeta che per primo  rende la donna e l'amore protagonisti della poesia latina.

A partire dal liber del Veronese, nella successiva elegia, l'amore diviene un'esperienza totalizzante e la femmina umana assume il ruolo  della dominatrice, la vera domina  nella relazione che dunque per l'uomo amante diventa un servitium. Con Catullo comincia a delinearsi un codice di comportamento che prosegue con gli elegiaci. Dopo di lui  altri poeti sentiranno l'esigenza di porre una donna-padrona al centro del loro canto.

"Di fatto, nelle civiltà del potere maschile l'uomo potente si sottomette al potere domestico della sposa, al potere erotico dell'amante, l'una e l'altra padrone (padrona di casa, padrona d'amore)” [13]..

 

Catullo in effetti è il primo vero poeta d'amore della letteratura latina. "A Roma non si può parlare di una produzione di poesia d'amore prima di Catullo: questa realtà, che ai nostri occhi può apparire sorprendente, ha una duplice spiegazione, legata al modo di far cultura e di concepire il rapporto uomo-donna. Sino al periodo della declinante repubblica il comporre poesia priva d'impegno civile non doveva essere giudicato degno della gravitas del cittadino romano: anche i primi letterati, tutti schiavi o liberti, sino all'eques  Lucilio, se si prescinde dalla loro produzione drammatica, concepirono l'epos come la logica attività poetica"[14]. I ceti al potere, continua Fedeli, "si accontentarono di mantenere il controllo sul sapere storico e su quello giuridico", mentre una "sporadica produzione di carmi erotici" risale probabilmente al circolo di Lutazio Catulo (console nel 101 a. C.) ma "solo con Catullo si assiste alla diffusione di un canzoniere in cui una donna occupa il ruolo centrale, perché nel mondo del poeta costituisce il culmine di tutti gli affetti" (p.144).

L'identificazione della donna amata con la domina imperiosa che ama meno o addirittura non ama l'uomo asservito si può commentare con una riflessione psicologica di C. Pavese:"Una beffarda legge della vita è la seguente: non chi dà ma chi esige, è amato. Cioè, è amato chi non ama, perché chi ama dà. E si capisce: dare è un piacere più indimenticabile che ricevere; quello a cui abbiamo dato, ci diventa necessario, cioè lo amiamo. Il dare è una passione, quasi un vizio. La persona a cui diamo, ci diventa necessaria"[15]. E più avanti:" Chi ha, gli sarà dato"[16].

Il carme 51 di Catullo accusa in particolare l'otium  che all'autore procura un'esagerata eccitazione amorosa (otio exultas , v. 14) e, alludendo probabilmente al caso di Elena di Troia, conclude:"Otium et reges prius et beatas /perdidit urbes " (vv. 15-16), lo stare senza far niente ha già mandato in rovina re e città opulente.

Questo è un topos non solo erotico, sul quale torneremo, ma anche storico- politico :  in un discorso attribuito da Tucidide ad Alcibiade che vuole persuadere gli Ateniesi ad approvare il progetto vertiginoso di conquistare tutta la Sicilia, il grande seduttore ateniese afferma:"kai; th;n povlin, eja;n me;n hJsucavzh/, trivyesqai te aujth;n wjvsper kai; a[llo ti "(VI, 18, 6), e la città, se rimarrà ferma, si logorerà da sola, come qualsiasi altra cosa.    

 

Virgilio (70-19 a. C.) pone gli adùlteri tra i grandi criminali del Tartaro in attesa della pena; anzi, nel catalogo dei dannati, questi delinquenti sessuali si distinguono dagli altri malnati per essere già stati puniti in terra con una morte violenta:"quique ob adulterium caesi ", quanti furono uccisi per adulterio.

I rimanenti criminali di questa sezione degli inferi sono coloro che hanno odiato i fratelli, maltrattato il padre, o hanno ordito frode al cliente, o hanno accumulato egoisticamente ricchezze, o hanno seguito armi empie o tradito i padroni ( Eneide   VI , vv. 608-614).

C'è da notare che tra i peccatori pessimi delle Rane  di Aristofane  ci sono quelli che hanno maltrattato il padre e la madre (v. 149) e pure chi ha sodomizzato un ragazzo senza pagarlo (v. 148), ma non chi ha commesso adulterio.  Virgilio infatti volle assecondare i progetti moralizzatori di Augusto che  preparava leggi contro l'adulterio.

 

Le leggi di Augusto

 La lex Iulia de adulteriis coercendis  fu approvata nel 18 a. C.  Essa "non si limitava a sottoporre a regolamentazione la violazione della fede coniugale. Inserita nel quadro generale della politica demografica e moralizzatrice di Augusto, stabiliva, in linea assai più generale, che fosse punito come crimen  (vale a dire come delitto pubblico, perseguibile su iniziativa di qualunque cittadino) qualsiasi rapporto sessuale al di fuori del matrimonio e del concubinato, eccezion fatta per quelli con le prostitute e con donne a queste equiparate, o in ragione del mestiere esercitato, o perché già condannate, in precedenza, per condotta immorale. Il termine adulterio, insomma, è usato da Augusto in senso lato, e comprende anche lo stuprum [17]. La sfera della morale sessuale, sostanzialmente, viene sottratta, con la sua legge, alla competenza della giurisdizione familiare, e diventa "affare di Stato"...La pena prevista dalla lex Iulia  per l'adulterio, non fu la morte, ma la relegatio in insulam , accompagnata da una sanzione patrimoniale. La regola stabilita del secondo caput  della legge, che concedeva l'impunità al marito e al padre dell'adultera qualora uccidessero il complice di costei (e, solo nel caso del padre, qualora uccidesse anche la figlia) era la previsione di un'impunità speciale, concessa esclusivamente al padre e al marito, e subordinata al verificarsi di una serie di circostanze (quali la sorpresa degli adùlteri in flagranza), specificamente e tassativamente elencate dalla legge. Ma la pena dell'adulterio, in linea generale, non era la morte"[18].

Un'altra  legge volta a frenare, o per lo meno a regolarizzare e ordinare l'amore, fu la lex Iulia de maritandis ordinibus  , sempre del 18 a. C.  Questa multava i celibi e premiava i coniugati fecondi, come avrebbe fatto, molti anni più tardi, Mussolini. Tuttora del resto gli insegnanti celibi sono penalizzati nel punteggio. 

La lex Iulia poi venne ribadita dalla lex Papia Poppea ( del 9 d. C. ) che concedeva agevolazioni fiscali e legali a chi avesse almeno tre figli (ius trium liberorum ). "L'inibizione sessuale è la base dell'incapsulamento familiare degli individui…è il mezzo a cui si ricorre per creare il legame alla famiglia autoritaria"[19]. Questa poi veicola nei giovani il precetto della sottomissione al capo. Del resto tante severe leggi matrimoniali non raggiunsero l'effetto desiderato. Già Augusto vedeva che la forza delle sue norme favorevoli al matrimonio veniva elusa, per cui tentò di potenziarle:"tempus sponsas habendi coartavit, divortiis modum imposuit "[20], abbreviò il tempo del fidanzamento, pose un limite ai divorzi. 

 Queste regole verranno sempre eluse e anzi lo saranno dagli stessi imperatori che concedevano lo ius trium liberorum a scapoli incalliti: come Marziale che ottenne il beneficio sia da Tito sia da Domiziano:"Natorum mihi ius trium roganti/Musarum pretium dedit mearum/solus qui poterat. Valebis, uxor./Non debet domini perire munus " (II, 92), a me che sollecitavo il privilegio dei tre figli lo ha concesso come premio per la mia Musa colui che solo poteva. Tanti saluti, moglie. Non deve andar perduto il dono di un dio.

Giovenale nella seconda satira nota la contraddizione di Domiziano che mentre era adulter incestuoso con la nipote Giulia "tunc leges revocabat amaras/omnibus atque ipsis Veneri Martique timendas " (II, 30-31), proprio allora richiamava in vigore leggi amare per tutti e tremende per gli stessi Venere e Marte. Domiziano infatti aveva rimesso in vigore la lex Iulia de adulteriis et stupro vel de pudicitia emanata da Augusto nel 18 a. C. Pertanto un moralista all'antica non faceva che esclamare:"Ubi nunc, lex Iulia, dormis? " (II, 37), legge Giulia dove sei? Dormi?    

Di questo andazzo legislativo  troviamo un'altra anticipazione nella seconda satira[21] di Orazio (65-8 a. C.) che sconsiglia l'adulterio con le matrone (ne paeniteat te,/desine matronas sectarier , I, 2, 77, 78), se non vuoi pentirtene, smetti di cercare le matrone) anteponendogli la "sana" frequentazione delle puttane. La togata , ossia più o meno la cortigiana, o per lo meno una donna parecchio e notoriamente dissoluta [22],  oltre essere meno problematica e rischiosa, è meno artefatta e ingannevole:"mercem sine fucis gestat, aperte/ quod venale habet ostendit " (vv. 83-84), porta la merce senza orpelli, e mostra apertamente quello che ha da vendere. Su questa satira torneremo, spiegando meglio questi versi e leggendone altri , nel capitolo relativo all'adulterio . 

 Delle prime leggi sui matrimoni si trova  traccia  in una delle strofe saffiche del Carmen Saeculare del 17 a. C.  :" Diva, producas subolem patrumque/prosperes decreta super iugandis/feminis prolisque novae feraci/lege marita " (vv. 17-20), Dea[23] fa crescere la prole e da' successo ai decreti del senato sulle donne da unire in matrimonio e sulla legge nuziale feconda di nuova prole. Tutto questo non bastò a frenare la corsa già in atto verso i magna adulteria  denunciati da Tacito (55 ca-120 ca d. C.) all'inizio delle Historiae[24] (I, 2). Infatti:" corruptissima republica plurimae leges (Annales  III, 27).

  Oltre la scarsa efficacia del potere in questa sfera c'è anche da notare l'ipocrisia del "moralizzatore" Augusto il quale, secondo Svetonio (70 ca-140 ca d. C.), era infamato dai suoi nemici per avere ottenuto l'adozione prostituendosi a Cesare e per avere sottoposto gli avanzi della sua pudicizia  ad Aulo Irzio che gli aveva dato trecentomila sesterzi. Che l'erede di Cesare commettesse adultèri lo ammettevano anche gli amici, sebbene lo scusassero dicendo che lo faceva non per libidine ma per calcolo:"quo facilius consilia adversariorum per cuiusque mulieres exquireret " (Vita di Augusto 69), per indagare più facilmente i disegni degli avversari attraverso le mogli di ognuno di loro.

Arriviamo dunque alle conclusioni del capitolo.

La calunnia dell'amore e il deturpamento del sesso è  una delle tante manovre delle propagande funzionali al potere.  Omero aveva già capito che la concordia, l'affetto e l'amore dell'uomo e della donna costituiscono non solo la gioia ma anche la forza di entrambi; come l'hanno capito bene i furfanti che tendono a seminare zizzania tra uomini e donne appunto per indebolire il genere umano e sottometterlo, con scopi diversi. Negli ultimi tempi principalmente con quello di indurlo a comprare le schifezze prodotte dall'industria. Femmine e maschi umani sessualmente e affettivamente felici infatti non avrebbero bisogno di gratificarsi consumando, né sentirebbero la frustrazione di non consumare. L'infelicità amorosa per giunta conduce alla sottomissione e all'adorazione dei capi e delle mode. Il tiranno che bandisce la gioia semina morte e produce rovina, anche a se stesso. E' il commento del messo che sta per raccontare la catastrofe finale dell'Antigone provocata dalla tirannide di Creonte che ha proibito, tra l'altro, al figlio Emone di amare la sua donna:":"ed ora tutto è buttato via. Infatti quando/l'uomo abbandona la gioia, io non ritengo/che sia vivo costui ma lo considero un cadavere che respira" (vv. 1165-1167).-

"L'inibizione sessuale sbarra all'adolescente la via che porta a un modo di pensare e di sentire razionale…i sentimenti religiosi nascono dalla sessualità inibita"[25]. Adesso la religione (intesa come religio lucreziana) è quella del consumismo, ed esso è una delle conseguenze del "sesso che se ne va a male, che diventa acido"[26].

Orwell in 1984 fa un discorso più ampio descrivendo un regime repressivo, tra l'altro, della libertà erotica poiché l'astinenza sessuale  produceva isterismo che " si poteva facilmente trasformare nell'infatuazione per la guerra e nell'adorazione dei capi". Ma c'è una ragazza, Jiulia, che comprende e si ribella facendo l'amore con gioia, e spiega:""Quando fai all'amore, spendi energia; e dopo ti senti felice e non te ne frega più di niente. Loro non possono tollerare che ci si senta in questo modo...Tutto questo marciare su e giù, questo sventolio di bandiere, queste grida di giubilo non sono altro che sesso che se ne va a male, che diventa acido. Se sei felice e soddisfatto dentro di te, che te ne frega del Grande Fratello e del Piano Triennale, e dei Due Minuti di Odio, e di tutto il resto di quelle loro porcate?"[27]. Spogliandosi questa ragazza bruna "faceva un gesto magnifico, proprio quello stesso magnifico gesto dal quale sembra che venga distrutta tutta intera una civiltà" (p.133).

Il  protagonista del romanzo vede nell'istinto della donna sensuale "un colpo inferto al Partito...un atto politico". Quando la sua giovane amante si spoglia infatti la osserva pieno di ammirazione, quindi le dice:"Sta' a sentire. Con più uomini sei stata e più ti amo. Hai capito?" Listen. The more men you’ve had, the more I love you. Do you understand that?”[28].

Un messaggio a favore dell'amore e contro la guerra, tra loro inconciliabili, si trova nella commedia di Aristofane, Lisistrata, del 411. Il nome parlante significa "colei che dissolve l'esercito". La protagonista infatti è una donna

Bologna 4 giugno 2023 ore 17, 18 giovanni ghiselli

 

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[1] M. Yourcenar, Fuochi, p. 88.

[2]Il soggetto probabilmente è Cipride.

[3]la quale nell'Odissea , IV, 145, tornata a Sparta, buona moglie , brava regina e avveduta padrona di casa, pentita dei propri trascorsi, chiama se stessa "faccia di cagna"

[4] 436-338 a. C.

[5] Del 390 a. C.

[6]Questa prima affermazione di indipendenza della donna risuonerà nelle parole di alcuni drammi greci dei quali ci occuperemo più avanti e procederà a mano a mano  fino ad arrivare alla Nora di Ibsen (del 1879):"io devo, anzitutto, pensare ad educare me stessa. Ma tu non sapresti aiutarmi..per questo ti lascio." E quando il marito le obietta:"prima di ogni altra cosa, tu sei sposa e madre", ella risponde:"Non credo più a questi miti. Credo di essere anzitutto un essere umano, come lo sei tu..So che la maggioranza degli uomini ti darà ragione, e che anche nei libri dev'esserci scritto che hai ragione. Ma io non posso più ascoltare gli uomini, né badare a quello ch'è stampato nei libri. Ho bisogno di idee mie e di vederci chiaro"(Una casa di bambola , trad. it. Newton Compton, Roma, 1973, atto terzo).

 

[7] E. Morin, L’identità umana, p. 132.

[8] Agrigento 1867-Roma 1938. Il romanzo L'esclusa è del 1901.

[9] F. Engels, L'origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato (del 1884) , p.86 e p. 100.

[10] M. Pohlenz, L'uomo greco, p. 735.

[11] Il padre della storia  sottolinea che, secondo lo spartiata Lichas  "il ferro fu inventato  per il male dell'uomo"(I, 68).

[12] Marìa Zambrano, L'uomo e il divino , p.58..

[13] E. Morin, L'identità umana, p. 64.

[14]Paolo Fedeli, La poesia d'amore, in Lo spazio letterario di Roma antica , I, p. 143.

[15] Il mestiere di vivere, 24 maggio 1941.

[16] 23 novembre 1945.

[17] Relazione colpevole.

[18]E. Cantarella, Secondo Natura , Milano, 1995, pp. 182 ss.

[19] W. Reich, Psicologia di massa del fascismo, . (del 1933),  p.61.

[20] Svetonio, Vita di Augusto, 34.

[21] I due libri di Satire di Orazio uscirono nel 35 e nel 30 a. C.

[22] Marziale consiglia a un tal Lino di regalare a una famigerata moecha non vesti scarlatte e violette ma una toga  (II, 39).

[23]Lucina, dea romana dei parti identificata con Diana 

 

[24] Composte entro il 110 d. C, raccontano i fatti che vanno dal 1° gennaio 69 d. C. alla rivolta giudaica del 70.

[25] W. Reich, Psicologia di massa del fascismo , p. 108 e p. 148.

[26]G. Orwell, 1984 , trad. it. Mondadori, Milano, 1989,  p. 142.

[27]G. Orwell, 1984 , p. 142.

[28]G. Orwell, 1984, trad. it. Mondadori, Milano, 1997, p. 134.

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