Ieri sera ho visto il film di Marco Bellocchio. Il regista ha ritrovato la sua buona vena. E’ la storia di un bambino, Edgardo, sottratto dai preti cattolici a una famiglia bolognese di ebrei praticanti, quindi il rapito era stato portato a Romsa per essere educato da prete e convinto a diventarlo nonostante i tentativi della famiglia di recuperarlo prima, di dissuaderlo poi dalla apostasia rispetto alla loro religione.
Si assiste dunque alla lotta tra due culture diverse. Non scorre sangue nonostante diversi spintoni nelle strade e parecchie urla, pure troppe, anche negli interni. Intorno scorre la storia dai primi anni Cinquanta dell’Ottocento al 1878 quando muore Pio IX, il Papa di Senigallia.
Due cose mi sono piaciute soprattutto: la fermezza dei caratteri: il padre, la madre, un fratello della numerosa famiglia di Edgardo, il Pontefice, l’inquisitore domenicano, lo stesso ragazzo convertito che si fa prete cattolico convinto e rimane tale per tutta la vita. Ciascuno di questi personaggi rimane fedele alla propria idea e al proprio temperamento senza cedimenti né compromessi.
Credo che Bellocchio abbia voluto mostrare una specie di rimpianto, almeno io ce l’ho visto, di un’epoca in cui persone vere prendevano posizioni chiare, Questo risalta se confrontato con il conformismo ripugnante cui assistiamo adesso quando devono recitare tutti una sola parte ripetendo sempre la stessa litania.
Perfino Pio IX risulta simpatico per la sua fermezza in quello che crede.
La famiglia ebraica dal canto suo agisce con tutte le forze e i mezzi che ha per recuperare il bambino, poi il ragazzo, alla condizione civile e religiosa della sua stirpe, intesa come gevno~.
Edgardo un poco alla volta si convince che l’ambiente in cui è stato portato di forza è congeniale alla propria natura più di quello dal quale lo hanno portato via. In entrambe le culture messe a confronto il regista evidenzia lati buoni e meno buoni ma non indirizza lo spettatore ad accettare in pieno né ad aborrire l’una o l’altra.
Questa forma di obiettività “epica” è l’altro aspetto che mi è piaciuto molto nel film. La apprezzai parecchi anni fa in Lilì Marlen dell’indimenticato Fassbinder.
Certo, non mancano scene dove si vede il conformismo e l’asservimento al potere di alcuni. Questi vengono messi in cattiva luce: il Rabbino di Roma, o la feccia che vuole gettare il cadavere di Pio IX nel Tevere. Prima della morte questo Pontefice era caduto il potere temporale dei Papi anche a Roma.
Bologna 4 giugno 2023 ore 10, 57 giovanni ghiselli
p. s.
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