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martedì 20 giugno 2023

Percorso amoroso VII Il difficile rapporto tra i legami di sangue e il vincolo matrimoniale.

L'Antigone di Sofocle (vv. 635-638 e 907-921).  

Antigone e la moglie di Intaferne (Erodoto, III 118-119 ).   

L'ambiguità del linguaggio drammatico e la difficoltà di capirsi.

 Sofocle e Pirandello.

 Le nozze e la maternità negate.

 Il letto nuziale come contro parte della tomba.

 L'umanesimo di Antigone come condivisione di amore (v. 523). Anche per insegnare è necessario l'amore.

 

Il matrimonio talora mette in conflitto i figli con i genitori.

L'impossibilità di sposarsi può dipendere da un legame troppo forte, forse patologico, con la famiglia d'origine.

 Nell'Antigone  di Sofocle, Emone, quando ancora cerca di evitare la rottura con il padre, il tiranno Creonte che ha condannato a morte la sua promessa sposa,  gli dice:

"Padre, sono tuo, e tu con le tue buone ragioni/mi dai direttive che certamente io seguirò/Infatti da me nessun matrimonio da conseguire sarà stimato/più grande di te che sei una buona guida" (vv. 635-638).

il matrimonio è un grande travaglio che ostacola le altre relazioni e addirittura  gli affetti tra i consanguinei, comunque una gara dura per gli esseri umani:"mevga" ga;r ajgw;n gavmo" ajnqrwvpwn", sostiene Antifonte sofista[1].

"Il problema del matrimonio è che finisce tutte le notti dopo che si è fatto l'amore, e bisogna tornare a ricostruirlo tutte le mattine prima della colazione" sostiene il dottor Urbino, "il marito" di un romanzo di Màrquez[2] sul quale torneremo.

L'Antigone di Sofocle afferma con insistenza la forza dei vincoli di sangue, tanto che G. Steiner suggerisce di commentare il primo verso della tragedia "O capo davvero fraterno di Ismene, sangue mio",  con i "capitoli dedicati a Ulrich e ad Agathe nell'Uomo senza qualità: in entrambi i testi, le voci della consanguineità emergono dalle incertezze consolatrici della notte e, allo stesso tempo, cercano di ritornarvi"[3].

Ecco, ad esempio, alcune frasi del romanzo di Musil sul forte sentimento della fratellanza provato dal protagonista:"egli si trovava senza dubbio nella propria pelle ma tuttavia si sentiva attratto fuori di se stesso come se gli venisse assegnato un secondo corpo molto più bello. Perciò quando si fu raddrizzato disse alla sorella:-Adesso ho capito chi sei tu: sei il mio amor proprio!-La frase suonava strana, ma descriveva bene ciò che Ulrich sentiva.-Un vero amor proprio come lo posseggono gli altri mi è sempre mancato, in un certo senso, -egli spiegò.-E adesso mi pare evidente che, per errore o per destino, era personificato in te! - aggiunse senz'altro"[4].

Sofocle,  sostiene Hauser, "fin da principio sacrifica l'idea dello stato popolare democratico agli ideali dell'etica nobiliare; e, nella lotta fra il diritto familiare privato e il potere assoluto ed egualitario dello Stato, parteggia risolutamente per l'idea tribale"[5].

 La famiglia della ragazza di Sofocle è solo quella di origine, quella del passato. Ella non vuole vivere un futuro con Emone.

 I versi  più citati per significare tale scelta sono quelli (904-915) nei quali la ragazza si rivolge al fratello morto e onorato con la sepoltura nonostante i divieti del tiranno. Vediamoli insieme con altri attraverso i quali Antigone dichiara la propria rinuncia alla vita per amore dei suoi morti.

 

" O tomba, o talamo numfei'on-891-, o dimora/scavata nella terra che mi custodirà per sempre, dove vado/dai miei cari,  un grandissimo numero dei quali/ Persefone ha preso tra i morti/tra questi ultima- loisqiva895-- io e di gran lunga nel più cattivo dei modi/discendo, prima che sia giunta al termine la mia porzione di vita/ Però, arrivata tra voi, nutro trevfw 897 con forza tra le mie speranze/quella che giungerò cara- fivlh-898 al padre e gradita- profilhv~-898- a te,/madre, e cara fivlh a te soiv- 898, capo fraterno/ Poiché di mia mano io vi lavai/quando siete caduti e vi composi –kajkovsmhsa- e vi offrii/le libagioni funebri; e ora, Polinice, per avere/coperto il tuo corpo, ricevo tali ricompense/ Eppure io ti ho reso onore giustamente secondo chi ha senno./Mai infatti se avessi avuto natura di madre di figli/né se fosse andato in putrefazione il mio sposo morto,/mi sarei caricata di questa penosa fatica contro la volontà dei cittadini/ In forza di quale principio-nomou 908- dico questo?/ Lo sposo, morto uno, ce ne sarebbe stato un altro a[llo~ 909-per me,/e un figlio, da un altro-a[llou 910- uomo, se avessi perduto questo,/ma siccome il padre e la madre sono racchiusi nell'Ade,/non c'è fratello che possa sbocciare a]n blavstoi 912-mai più/.Secondo tale norma- novmw/ 914- certo, io ho onorato sopra tutti te,/e a Creonte sembrai errare in questo/e osare spaventosi delitti- kai; deina; tolma`n-915 o capo fraterno- w\ kasivgnhton kara-915./ Ed ora mi trascina . a[gei me 916- dopo avermi afferrata con le mani/priva di talamo, di imeneo 917, senza che abbia ricevuto/destino di nozze di qualsiasi sorta, né di allattamento di figli,/ma così deserta di amici io la sventurata/scendo viva nelle fosse dei morti/Per avere trasgredito quale legge degli dei? "891-921) .

- numfei'on- 891- con il sottinteso dw'ma significa letteralmente "stanza della sposa" ed è, con amara ironia, il luogo dove stanno conducendo la ragazza a morire. Ella raggiunge i morti con qualche rimpianto per la vita cui ha rinunciato. Antigone si sente l'ultima (loisqiva-895) dei Labdacidi. Similmente il quindicenne Hanno Buddenbrook di T. Mann pose una riga sotto il suo nome nell'albero genealogico della famiglia, e quando il padre, il senatore Thomas, lo sgridò chiedendogli la ragione di tale monelleria, "il ragazzo, ritraendosi e portando una mano alla guancia, balbettò:"Credevo....credevo...non dovesse seguire altro"[6].

Con il verbo "nutro" (trevfw-897) Antigone che ha rinunciato ai figli, rivela, forse senza volere, di  avere deviato verso i morti l'istinto della nutrice (trofeuv" ) che la femmina sente sempre molto fortemente. I termini carichi di forza affettiva (fivlh...prosfilhv"...fivlh- 898-899) indicano che tutti i sentimenti buoni della fanciulla sono interni alla cerchia dei consanguinei defunti.

Secondo E. Fromm non riuscire a staccarsi dal proprio sangue è una forma di dismisura e di pazzia. Egli definisce matura la persona che "si è liberata delle figure esteriori del padre e della madre e li ha ricreati in se stessa"[7]. Infatti:" Rimanendo legato alla natura, alla madre o al padre, l'uomo riesce quindi a sentirsi a suo agio nel mondo[8], ma, per la sua sicurezza, paga un prezzo altissimo, quello della sottomissione e della dipendenza, nonché il blocco del pieno sviluppo della sua ragione e della sua capacità di amare. Egli resta un fanciullo mentre vorrebbe diventare un adulto"[9].

-kajkovsmhsa 901-è crasi di kai; ejkovsmhsa, aoristo di kosmevw.

Antigone vuole ripristinare il cosmo   turbato da Creonte. Il kovsmo" dei morti è l' onore funebre, mentre il loro cavo" è lo sconciamento cui il tiranno ha condannato il cadavere di Polinice. In fondo anche questo dramma, come tanta parte della letteratura greca rappresenta lo scontro tra Caos e Cosmo. Il corpo umano quando è bello e si trova nel fiore della giovinezza presenta un riflesso della divinità e Antigone, cosmizzando il cadavere, cerca di restituire al fratello un ultimo baluginìo di quella luce. Alcuni critici considerano i versi dal 905 al 912, o addirittura al 928, aggiunti, magari dallo stesso Sofocle, in risposta all'Alcesti  di Euripide dove la moglie dà la vita per il marito.

"Molti studiosi moderni, incoraggiati da un estemporaneo giudizio di Goethe, hanno cercato di togliere ad Antigone quello strano ragionamento, dichiarando spuri quei versi e rimuovendoli, in tutto o in parte, dal contesto.

Pagherei qualche cosa-diceva Goethe in una conversazione del 28 marzo 1827 riferita da Eckermann-, se un valente filologo ci dimostrasse che è interpolato e non genuino. Dopoché l'eroina, nel corso del dramma, ha esposto magnificamente le ragioni del suo atto e mostrato tutta la nobiltà della sua purissima anima, quando poi va alla morte, esce in un motivo assolutamente infelice e che quasi rade il comico. Ciò che ha fatto per il fratello, ella dice, non l'avrebbe fatto se fosse stata madre, per i figlioli morti, non l'avrebbe fatto per il marito morto...Questo è il nudo senso almeno di questo luogo, che, in bocca all'eroina che va alla morte, distrugge il sentimento tragico, e mi sembra molto ricercato, e mi sa persino di calcolo dialettico. Come dicevo, avrei bisogno che un buon filologo ci dimostrasse che quel passo è spurio" (Colloqui con Eckermann , trad. di Eugenio Donadoni, II, pp. 203-204). Però già Aristotele conosce quei versi (Retorica  1417a32-33); e comunque il caso, analogo, dell'Edipo a Colono [10] dovrebbe scoraggiare quei tentativi"[11].

 

 Questi sono versi  dunque  sono sofoclei e pure del tutto ortodossi nella loro vicinanza a un episodio di Erodoto. Lo storiografo di Alicarnasso, con il quale il drammaturgo ha diversi punti in comune[12],  racconta (III 118-119 ) che la moglie del nobile persiano Intaferne,  potendo salvare uno solo dei suoi congiunti imprigionati dal re Dario, scelse il fratello. Il monarca allora le domandò per quale ragione avesse abbandonato il marito e i figli, ed ella rispose che di marito e figli poteva averne altri ma, essendole morti i genitori, un altro fratello non poteva nascere in nessun modo (ajdelfeo;" aj;n a[llo" oujdeni; trovpw/ gevnoito, III, 119, 6).

  Questo significa l'importanza che i due autori danno ai rapporti di sangue, un rilievo che si può ulteriormente evidenziare confrontando la scelta di queste donne sororali con quella di alcuni personaggi di Euripide, come Medea  che uccide il fratello Apsirto per amore di Giasone, o  Admeto il quale,  per compiacere Alcesti  morente, le promette: porterò il lutto vedovile "stugw'n me;n hJv m& e[tikten, ejcqaivrwn d& ejmo;n-patevra"(vv.338-339), detestando quella che mi partoriva e odiando mio padre. –novmou-908- il principio generale è quello per cui il carattere della propria stirpe secondo alcuni è talmente speciale che nessuno esterno a questa potrà esserci così vicino e congeniale come i nostri consanguinei.

Infatti i Faraoni e i successivi Tolomei si sposavano tra fratelli. Si pensi all’intesa tra Ulrich e Agathe nel romanzo di Musil  citato sopra.

a[llo"a[llou- 909-910- se si vuole avere un figlio, un uomo vale un altro in questa concezione per la quale sono importanti solo i rapporti tra i consanguinei. 

Sentiamo  il commento di Hegel su questi versi:"Agli occhi della sorella, il fratello rappresenta in generale l'essenza quieta e uguale alla propria. La sorella si riconosce nel fratello in modo puro, senza la commistione di un rapporto naturale. Nella relazione fratello-sorella non sono date perciò l'indifferenza e l'accidentalità etica della singolarità. Qui, piuttosto, può affermare il proprio diritto il momento del Sé singolare  che riconosce e viene riconosciuto; questo Sé, infatti, è legato all'equilibrio del sangue e al rapporto estraneo al desiderio. Ecco perché per la sorella la perdita del fratello è insostituibile, e il suo dovere verso di lui è il dovere supremo"[13].

Locus similis troviamo nel Macbeth, quando la moglie di Macduff, una volta esecrato lo sposo fuggito, dice al figlio:"I can buy me twenty at any market " (IV, 2), posso comprarmene venti ad ogni mercato.  

Questi versi e i precedenti pronunciati dalla fanciulla contengono protasi e apodosi di periodi ipotetici e un ottativo potenziale (a]n blavstoi 912).

Sull'impiego dell’ottativo  da parte di Antigone, anzi delle donne in generale, sentiamo un'osservazione di Steiner:" La prima impressione è che il linguaggio femminile sia più ricco di quello maschile in quelle sfumature di desiderio e di progetti futuri note in greco e in sanscrito come ottativo; si ha l'impressione che le donne esprimano molto più frequentemente propositi ipotetici e promesse velate"[14].

- novmw/ 914 : La parola novmo"  in questa tragedia segnala più di altre l'ambiguità dell'affabulazione drammatica e la conflittualità dei caratteri di Antigone e Creonte.

"In bocca ai diversi personaggi, le stesse parole acquistano significati differenti od opposti, perché il loro valore semantico non è lo stesso nella lingua religiosa, giuridica, politica, comune. Così , per Antigone, novmo" designa il contrario di ciò che Creonte, nelle circostanze in cui è posto, chiama anche lui novmo". Per la fanciulla il termine significa "norma religiosa"; per Creonte, "editto promulgato dal capo dello Stato"[15].

Altrettanta ambiguità e impossibilità di intendersi viene teorizzata da Pirandello nei Sei personaggi in cerca d'autore  ( parte prima) quando il padre dice:"Ma se è tutto qui il male! Nelle parole! Abbiamo tutti un mondo di cose; ciascuno un suo mondo di cose! E come possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch'io dico metto il senso e il valore delle cose come sono andate dentro di me; mentre chi le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e col valore che hanno per sé, del mondo com'egli l'ha dentro! Crediamo d'intenderci; non ci intendiamo mai!".

Il v. 915 si chiude, con l'invocazione al capo fraterno- w\ kasivgnhton kavra-, come il v. 899.

 

"Gli interlocutori reali di Antigone sono i suoi morti[16], suo padre, sua madre (si noti al v. 898 –soi-v l'improvviso scatto alla seconda persona e all'appello diretto), suo fratello Eteocle, e ovviamente, con particolare insistenza, suo fratello Polinice (cfr. vv. 902 ss.: al v. 915 Antigone usa per Polinice la stessa espressione e nella stessa sede metrica come aveva fatto per Eteocle: anche in questo i due fratelli sono accomunati da Antigone"[17].-

a[gei me- 916-il soggetto  può essere una guardia di Creonte, o Creonte stesso, o addirittura la morte o un suo inserviente dal quale la ragazza si sente afferrata come l'Alcesti  di Euripide da Caronte che le grida:"Tiv mevllei"; /ejpeivgou: su; kateivrgei"" (vv. 255-256), Perché indugi? affrettati: tu mi fai perdere tempo.

-a[lektron 917: formato da aj- privativo e levktron, "letto";  ajnumevnaion 917  da ajnavv e uJmevnaio" , privo di canto nuziale già usato al v. 876, sono termini con i quali Antigone compiange il suo destino di moglie e madre mancata. 

"Antigone muore vergine cioè non appagata nella sua identità sessuale, nella teleologia implicita del suo essere. Più e più volte, nel suo tormento e nei suoi lamenti, Antigone insiste su questa immaturità crudele, su ciò che le impedirà di essere sposa e madre, le due condizioni supreme dell'esistenza di donna. I versi 915 e seguenti sono quasi insopportabili per la precisione con cui esprimono il dolore: Antigone piange non solo l'annientamento della sua giovane vita, ma l'annientamento dentro di sé di quelle altre vite future che solo una donna può generare. Se nelle simmetrie della condizione mortale esiste una controparte alla tomba, questa è rappresentata dal letto nuziale e dal letto puerperale (così spesso uniti nelle immagini e nelle metafore). Nel quarto stasimo c'è uno strano, sovversivo accenno di consolazione. Il coro ricorda i crimini commessi dalle madri contro figli o contro figliastri. La maternità non è di per sè garanzia di amore e felicità"[18].

La negazione dell'amore è forse il tormento massimo per un essere umano:"in una natura femminile l'impassibilità è quanto di più vicino ci sia al tormento di una vera passione"[19].

L'inferno, afferma giustamente lo Stariez Zossima non è altro che "la sofferenza di non poter più amare"[20]. L'inferno è anche l'incapacità di essere riconosciuti, l'impossibilità di comunicare e l'assenza del prossimo:" Il bisogno dell'altro è radicale; testimonia l'incompletezza del Me-Io quando è senza riconoscimento, senza amicizia e senza amore. Hugo ha pienamente ragione:"L'Inferno è nella parola solitudine"[21]. 

 

Il verso forse più noto ed emblematico dell'Antigone di Sofocle è il 523:" ou[toi sunevcqeinajlla; sumfilei'n e[fun", certamente non sono nata per condividere l'odio ma l'amore.

Concludo la terza stazione di questo Calvario con due schede che mutuo dal mio commento all'intera tragedia di Sofocle[22].

 

Amore e umanesimo.

Legge naturale e personale dunque per Antigone è l'inclinazione ad amare, mentre il bando di Creonte è un editto di odio. La fuvsi" di Antigone non riconosce come naturale il khvrugma di Creonte. Tra i sofisti, oltre Antifonte, Ippia di Elide denuncia la discrepanza tra leggi della natura e leggi scritte dagli uomini che sanciscono differenze innaturali. Nel Protagora  di Platone il sofista afferma:" to; ga;r o{moion tw'/ oJmoivw/ fuvsei suggenev" ejstin, oJ de; novmo" tuvranno" wj;n tw'n ajnqrwvpwn polla; para; th; fuvsin biavzetai" (337d), infatti il simile è parente del simile per natura, mentre la legge, essendo tiranna degli uomini, in molti casi commette violenze contro natura.

La legge naturale dell'amore è così forte che la sente anche la parte buona di Edipo "tiranno":" ajll j eij povlin thvnd j ejxevsws&, ouj moi mevlei" (Edipo re , v. 443), ma se ho salvato questa città, non mi importa. In queste espressioni gli eroi sofoclei sono "le macchie luminose" cui Nietzsche li assimila nella Nascita della tragedia [23].  

Il figlio di Laio nell'Edipo re  va in rovina   poiché non comprende in tempo che deve anteporre le norme divine a quelle umane ma alcuni versi preludono alla trasfigurazione di Colono. "Edipo sta su un piano più alto di Creonte; e tuttavia precipita rovinosamente, perché anch'egli tenta di vivere in base al criterio secondo cui l'uomo sarebbe la misura di tutte le cose"[24]. Questa espressione è di Protagora.

 Perrotta confuta alcune interpretazioni di questo verso e di tutta la tragedia:"lasciamo stare l'interpretazione cristiana, che è di tutte quella assolutamente falsa. Ma è anche errata l'interpretazione di chi...riassume tutta la tragedia in un conflitto tra le leggi ideali ed eterne rappresentate da Antigone e le leggi scritte rappresentate da Creonte. Chi intende a queto modo il dramma, cade ancora nella interpretazione hegeliana, anche se ritiene di essersene liberato: importa relativamente poco s'egli sostituisce, alla tesi e all'antitesi che vedeva in questa tragedia l'Hegel, un'altra tesi e un'altra antitesi non troppo differenti"[25].

Sul significato di "amore" in questo verso, sentiamo ancora V. Ehrenberg:"Dobbiamo intendere il termine "amore" senza le posteriori implicanze erotiche o cristiane-come e[rw" o come ajgavph-, bensì concepirlo puramente come filiva,- ed infatti tale è la sua designazione in questo passo-, qualora intendiamo captare una delle componenti che agiscono in seno alle leggi non scritte di Antigone. L'amore come filiva, come opposto rispetto all'"odio" o all'"inimicizia" (in greco designati con il medesimo termine), è un vincolo umano che forse appare più vicino all'amicizia che all'amore; esso costituisce il vincolo che unisce gli uomini ed è uno dei fondamenti su cui poggiava la società greca"[26].

Sull'amore umanistico, sull'amore per l'umanità e per la vita, ha scritto parole sante E. Fromm:"In realtà, esiste soltanto l'atto di amare ; e amare è un'attività produttiva, che implica l'occuparsi dell'altro, conoscere, rispondere, accettare, godere, si tratti di una persona, di un albero, di un dipinto, di un'idea. Significa portare la vita, significa aumentare la vitalità dell'altro, persona od oggetto che sia. E' dunque un processo di autorinnovamento, di autoincremento"[27].

In un altro libro lo psicoanalista sostiene che  "Antigone rappresenta l'umanità e l'amore; Creonte, il despota totalitario, l'idolatria dello stato e l'ubbidienza"[28].

 Inoltre:"Esiste un umanesimo greco, al quale dobbiamo opere come l'Antigone  di Sofocle, una delle più alte tragedie ispirate a quest'atteggiamento; in essa, Antigone rappresenta l'umanesimo e Creonte le leggi disumane che sono opera dell'uomo"[29].

Un'altra espressione di umanesimo è quella che il vecchio Sofocle attribuisce a Teseo  nell'Edipo a Colono : "e[xoid& ajnh;r w[n"(v.567), so di essere un uomo. E' la coscienza della propria umanità senza la quale ogni atto violento è possibile. Il sapere di essere uomo che cosa comporta? Significa incontrare una creatura sconciata come è Edipo vecchio, provarne pietà, incoraggiarla ponendo domande::"kaiv s j oijktivsa"-qevlw jperevsqai, duvsmor j Oijdivpou, tivna-povleaw" ejpevsth" prostroph;n ejmou' t j e[cwn", vv. 556-558, e sentendo compassione, voglio domandarti, infelice Edipo, con quale preghiera per la città e per me ti sei fermato qui. Poi significa ascoltare e comprendere con simpatia poiché siamo tutti effimeri, sottoposti al dolore e destinati alla morte. "Anche io-dice il re di Atene al mendicante cieco-sono stato allevato fuggiasco come te"(vv.562-563)."Dunque so di essere uomo (e[xoid j ajnh;r w[n) e che del domani nulla appartiene più a me che a te" (vv. 567-568). Comprendere dunque comporta un processo di identificazione:"Se vedo un bambino in lacrime, cerco di comprenderlo non misurando il tasso di salinità delle sue lacrime, ma rievocando in me i miei sconforti infantili, identificandolo in me e identificandomi in lui. La comprensione, sempre inter-soggettiva, richiede apertura e generosità"[30]. Ascoltare è parte essenziale di questo umanesimo, ascoltare e farsi ascoltare:"Se avrai davanti a te gente cattiva che non vorrà ascoltarti, prosternati davanti ad essa e chiedile perdono, poiché, in verità, anche tu sei colpevole se non vogliono ascoltarti. E se non puoi farti ascoltare dagli uomini ostili, taci e servili con umiltà, senza mai perdere la speranza"[31].

 Anche questa dello stariez Zossima è una dichiarazione di quella filanqrwpiva che si diffuse in età ellenistica e partorì l'humanitas  latina.  

Una simile dichiarazione di umanesimo, quale interesse per l'uomo e disponibilità ad ascoltarlo, leggiamo nel  più    famoso verso di Terenzio:"  :"Homo sum: humani nil a me alienum puto "[32]. "Il primo peccato mortale, ora credo, è il tradimento della cortesia. Il venir meno dell'ascolto"[33]. E più avanti, ricordando Bachtin che parla di responsività:" Un autentico ascolto, egli dice, è sempre responsivo, come è responsiva ogni presa di parola. Si ascolta rispondendo, come rispondendo si parla"[34].

Anche Oblomov di Gončarov nega valore all'intelligenza che non comprende l'umanità:"Voi credete che il pensiero possa fare a meno del cuore. No, il pensiero è reso fecondo dall'amore. Tendete la mano all'uomo caduto per sollevarlo, o piangete lacrime amare su di lui, se egli è finito, ma non lo schernite. Amatelo, riconoscete voi stesso in lui e trattatelo nel modo in cui trattereste voi stessi"(p.53).

 

Aggiungo che l'amore è necessario anche per essere bravi educatori. L'insegnamento, sostiene Morin, deve ridiventare una missione. L'insegnante deve essere capace di trasmettere:"La trasmissione richiede certamente competenza, ma richiede anche, oltre a una tecnica, un'arte. Essa richiede ciò che nessun manuale spiega, ma che Platone aveva già indicato come condizione indispensabile di ogni insegnamento: l'eros, che è allo stesso tempo desiderio, piacere e amore, desiderio e piacere di trasmettere amore per la conoscenza e amore per gli allievi. L'eros permette di tenere a bada il piacere legato al potere, a vantaggio del piacere legato al dono…Là dove non c'è amore, non ci sono che problemi di carriera, di retribuzione, di noia per l'insegnamento. La missione suppone evidentemente la fede, in questo caso la fede nella cultura e nelle possibilità della mente umana"[35]. 

  Concludo affermando che l'umana Antigone non è priva di colpe, siccome nessuno lo è:"Essere umani reca con sé il bene e il male, significa muoversi con un carico, gravati dal male e obbligati al bene. Essere umani significa essere colpevoli, come tutta la saggezza tragica ha sempre saputo"[36].

Bologna 20 giugno 2023 giovanni ghiselli ore 11, 34

p. s.

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Oggi andrò a Pesaro per il solstizio: il culmine dell’estate, non il suo inizio. Inizia piuttosto la decadenza. Ma non la nostra, spero. Non ancora-

Sarò di nuovo a Bologna il 23 giugno.


 



[1]Intorno alla Concordia  fr. 49 Untersteiner.

[2] L'amore ai tempi del colera, p. 222.

[3]Le Antigoni ,  p. 240.

[4]R. Musil, L'uomo senza qualità , parte terza, Verso il regno millenario, 24, p. 871.

[5]A. Hauser, Storia sociale dell'arte, vol. I, p. 122.

[6]T. Mann, I Buddenbrook , p. 335.

[7]E. Fromm, L'arte d'amare , p. 61.

[8]Non certo nel caso di Antigone, o di Aiace,  che comunque fondano l'identità sull'imitazione della figura paterna.

[9]E. Fromm, La rivoluzione della speranza , p. 80.

[10]"Altrettanto voluto è, nell'Edipo a Colono , il riferimento ad una notizia erodotea sull'Egitto (II, 25). Essa è fornita inaspettatamente da Edipo nel biasimo che rivolge ai figli che lo hanno abbandonato mentre le figlie lo hanno seguito nella sventura: La loro natura e il loro modo di vita è in tutto simile a quello degli Egizi! Lì i maschi stanno in casa a tessere, e le loro donne vanno sempre fuori a procurare il necessario per vivere (Edipo a  Colono , vv. 337-341)". L. Canfora, Storia Della Letteratura Greca , p. 151).

[11]L. Canfora, Storia Della Letteratura Greca , p. 152.

[12]In primis  la venerazione dell'oracolo delfico e il rifiuto della tirannide.

[13]Hegel, Fenomenologia dello spirito , trad. it. Rusconi, Milano, 1995, p. 33O.

[14]G. Steiner, Dopo Babele , p. 69.

[15]J. P. Vernant, Ambiguità e rovesciamento in Mito e tragedia nell'antica Grecia , pp. 89-90.

[16]Su questo giuste considerazioni si leggono in Reinhardt, Sophokles , p. 91.

[17]V. Di Benedetto, Sofocle , p. 32.

[18]G. Steiner, Le Antigoni , p. 270.

[19] Marìa Zambrano, L'uomo e il divino , p. 48.

[20] F. Dostoevskij, I fratelli Karamazov , p. 405.

[21] E. Morin, L'identità umana, p. 58.

[22] Loffredo, Napoli, 2001.

[23]Capitolo IX.

[24]V. Ehrenbeg, Sofocle e Pericle , p. 107.

[25]I tragici greci , p. 117.

[26]Op. cit.,  p. 50.

[27]Avere o essere? , p. 69.

[28]Amore, sessualità e matriarcato , p. 21.

[29]La disobbedienza e altri saggi , p. 63.

[30] E. Morin, op. cit., p.96.

[31] F. Dostoevskij, I fratelli Karamazov , p. 403.

[32]Heautontimorumenos  ,77.

[33] F. Frasnedi, op. cit., p. 55.

[34] F. Frasnedi, op. cit., p. 91.

[35] La testa ben fatta , p. 106.

[36] M. Zambrano, L'uomo e il divino, p. 153.

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