Nietzsche si mise fin da giovane contro l’ambiente dei filologi scrivendo queste parole: “Se devo parlare anch’io per metafore, dirò che la filologia è un aborto della dea filosofia che la generò assieme a un idiota o a un cretino. Peccato che Platone non abbia già escogitato questo mito: a lui crederesti, più che a me, e con ragione”[1].
In Ecce homo Come si diventa ciò che si è (del 1888) Nietzsche scrive che con Umano, troppo umano[2], si era liberato di quanto non apparteneva alla sua natura. “io avvertii allora una generale aberrazione del mio istinto, della quale l’errore singolo, si chiamasse Wagner o cattedra di Basilea[3], era solo un sintomo.
Mi prese una impazienza per me stesso: vidi chiaramente che era tempo, che ero all’ultima occasione di ritornare a me stesso (…) Avevo dietro di me dieci anni in cui la alimentazione del mio spirito si era propriamente arrestata, in cui non avevo imparato nulla di utilizzabile in cui avevo dimenticato una quantità insensata di cose in cambio di tutto un ciarpame di polverosa erudizone (…) Allora per la prima volta indovinai il nesso tra un’attività scelta contro il proprio destino , una cosiddetta “professione”, per cui non ho nessuna vocazione, e quel senso di anestetizzare un senso di fame e di desolazione per mezzo di un’arte narcotica, per esempio l’arte di Wagner ”[4].
Per assorbire una congerie di tecniche e di concetti anemici si era allontanato dalla vera filologia, dalla bellezza, dall’arte, dalla filosofia e dalla storia.
Vediamo anche qualche parte del De nuptiis Philologiae et Mercurii del retore cartaginese Marziano Capella (360-428)
Filologia ha nascita terrena ma ha preso dalla madre Phronesis l’intento di salire alle stelle . Filologia simbolizza l’umano capax dei. Quindi ella deve rappresentare l’insieme delle arti liberali. Filologia è amore per ogni forma del logos.
La filosofia è una “gravis insignisque femina”, dalla folta chioma, colei che intercede presso Giove perché il dio conceda agli uomini eccellenti “ascensum in supera”. Filologia dovrà sposare l’interprete Mercurio che conduce a comprendere la Mente (nous). Tale comprensione sarà opus e labor di Filosofia la quale condurrà Filologia alla corte di Giove dove avverranno le nozze.
Per ascendere attraverso i circoli dei pianeti fino al sole, platonicamente chiamato “prima propago” dell’eccelsa potenza del padre inconoscibile, Filologia dovrà bere la bevanda dell’immortalità che Atanasia custodisce, prima però deve vomitare “coactissima egestione” (2, 135) tutto ciò di cui è piena, ossia della erudizione umana, troppo umana.
Poi quella nausea ac vomitio si trasforma in un’abbondanza di lettere, volumi che le Arti e le Muse raccolgono. Il sapere di Filologia diventa sapienza. “passa, per così dire, da potenza ad atto soltanto allorché Filologia inizia il cammino con Filosofia in supera, soltanto nel momento in cui ella desidera ardentemente l’immortalità”. (Massimo Cacciari, La mente inquieta, Saggio sull’Umanresimo, cap. terzo Philosophica Philologia, p. 38)
Bologna 18 giugno 2023 ore 11, 46
giovanni ghiselli
p. s.
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