Il motivo della paura. L'uomo ( il tiranno, Creonte) teme di perdere il potere; la donna (Deianira) il marito.
L'amante ingannata e abbandonata, la sposa mancata per la malafede dell'amante perfido: Arianna e Teseo. Medea e Giasone nelle Argonautiche di Apollonio Rodio.
La fides : Catullo, Cicerone, Livio. Fides e foedus
Fides come fundamentum iustitiae e firmamentum stabilitatis.
La fides come valore della repubblica romana. Il Camillo di Tito Livio.
La fides eterna: Properzio, il servitium, Petrarca e Florentino Aziza di Màrquez.
Torniamo alla Deianira delle Trachinie di Sofocle: ella distingue la condizione della ragazza che nelle gioie solleva la vita senza fatica ( "hJdonai'" a[mocqon ejxaivrei bivon", v. 147), una creatura insomma sul genere della Silvia di Leopardi, diversa dalla donna sposata, quella sposa infelice che stiamo trattando e che nelle notti si carica di affanni temendo per il marito o per i figli (" [htoi pro;" ajndro;" hj; tevknwn foboumevnh " , v. 150). Infatti, dormendo sola nel letto coniugale, questa moglie desolata balza su dal sonno in preda alla paura, tremante per il terrore (vv. 175-176).
Il motivo della paura è presente e assillante anche nei personaggi maschili (Edipo dell'Edipo re e Creonte dell'Antigone ) che temono di perdere il potere; nella moglie di Eracle invece c'è il fovbo" della perdita del marito.
Del resto già da ragazza ella aveva sentito l'angoscia dell'abbandono, da parte della madre, quando, dopo avere assistito sbigottita alla lotta spaventosa tra Acheloo ed Eracle, un mostro (la forza di un fiume, dall'aspetto di un toro dalle alte corna, eretto su quattro zampe, vv. 508-509) contro un gigante che scuoteva l'arco flessibile, le lance e la clava (vv. 511-512), vinta da quest'ultimo, era andata via con lui "kajpo; matro;" bevbac& -w{ste povrti" ejrhvma" (vv. 529-530), lontano dalla madre, come giovenca abbandonata. Una volta le ragazze si sposavano “per forza”. Qui in Italia per molte era ancora così almeno fino al 1968.
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Deianira viene lasciata sola e tradita dopo essere stata per lo meno sposata e resa madre.
Non così Arianna dell'opus maximum di Catullo, il carme 64, di 408 esametri.
La figlia di Minosse, piantata in asso da Teseo mentre dormiva nell'isola di Dia, al risveglio si dispera, corre come una puledra e impreca contro il perfido amante:"Sicine me patriis avectam, perfide, ab aris,/ perfide [1], deserto liquisti in litore, Theseu?/Sicine discedens neglecto numine divum/inmemor a! devota domum periuria portas? " (64, vv. 132-135) è così che tu, traditore, condottami via dal focolare paterno, mi hai abbandonata in una spiaggia deserta, Teseo, traditore? E' così che tu, fuggendo dopo avere disprezzato il potere dei numi, dimentico ah! porti a casa i tuoi maledetti spergiuri?
Vediamo che la ragazza si trova "in litore " (v. 133) vicino al mare, come Orfeo era "ad Strymonis undam " presso la corrente dello Strimone, il fiume della Tracia.
Vedremo la parodia di questo modello nel Satyricon (81) quando Encolpio va a lamentarsi dell'abbandono subito da Gitone in un posto appartato e vicino alla spiaggia.
Il fiume per l'uomo è comunque motivo di riflessione e approfondimento, di ingresso in se stesso.
Con questa ottica lo osserva Siddharta di H. Hesse :" Ad ascoltare mi ha insegnato il fiume e anche tu imparerai da lui. Lui sa tutto, il fiume, tutto si può imparare da lui. Vedi, anche questo tu l'hai già imparato dall'acqua, che è bene discendere, tendere verso il basso, cercare il profondo...Prima di tutto apprese da lui ad ascoltare, a porger l'orecchio con animo tranquillo, con l'anima aperta, in attesa, senza passione, senza desiderio, senza giudicare, senza opinioni...considerai la mia vita, e vidi che è anch'essa un fiume, vidi che soltanto ombre, ma nulla di reale, separano il ragazzo Siddharta dall'uomo Siddharta e dal vecchio Siddharta...Spesso sedevano insieme di sera su un tronco presso la riva, e tutti e due ascoltavano l'acqua che per loro non era acqua ma la voce della vita, la voce di ciò che è ed eternamente diviene"[2].
Arianna poco più avanti rimpiange le nozze mancate:"At non haec quondam blanda promissa dedisti/voce mihi, non haec, miserae, sperare iubebas,/sed conubia laeta, sed optatos hymenaeos./Quae cuncta aerii discerpunt irrita venti./Nunc iam nulla viro iuranti femina credat /nulla viri speret sermones esse fideles /quis [3] dum aliquid cupiens animus praegestit apisci,/ nil metuunt iurare, nihil promittere parcunt;/ sed simul ac cupidae mentis satiata libido est,/dicta nihil [4]metuere [5], nihil periuria curant " ( Catullo, 64, vv. 139-148), Però non queste promesse mi facesti una volta con voce suadente, non questo mi inducevi, disgraziata a sperare, ma un matrimonio felice, ma le nozze desiderate. Tutte promesse che, vane, disperdono i venti nell'aria. Ora nessuna donna creda più nell'uomo che giura, nessuna speri che siano sincere le parole degli uomini; il loro animo libidinoso, finché agogna di ottenere qualcosa non teme di fare alcun giuramento, non risparmia le promesse; ma appena è sazio il piacere del desiderio amoroso, non hanno paura delle promesse, né si curano degli spergiuri.
Apollonio Rodio (III sec. a. C.) forse allude alla brutta fine della storia d'amore di Giasone e Medea quando rappresenta, non senza ironia la stupidità dell' "eroe" , l’argonauta greco che, bisognoso del soccorso della ragazza barbara per la sua ajmhcaniva , le fa l'esempio del tutto inopportuno di Arianna la quale, per benevolenza, liberò Teseo dai cattivi travagli (Le Argonautiche , III, 997-998). "Il dislivello nell'investimento psichico da parte dei due personaggi traspare comunque già da alcuni elementi del dialogo (la manipolazione retorica a cui Giasone sottopone l'exemplum mitico di Arianna: uno degli stilemi con cui il narratore, sfruttando la complicità del lettore, allude oscuramente al futuro tragico di Medea e al suo abbandono)…"[6].
Del resto Catullo attribuisce la medesima malafede alle femmine umane, in particolare alla sua amante, e forse Teseo che abbandona Arianna ai suoi occhi rappresenta il vendicatore delle infedeltà da lui stesso subite dalla propria donna :" Nulli se dicit mulier mea nubere malle/quam mihi, non si se Iupiter ipse petat./Dicit ; sed mulier cupido quod dicit amanti/in vento et rapida scribere oportet aqua " (70 ), la mia donna dice di non volere unirsi ad altri piuttosto che a me, neppure se Giove la corteggiasse. Dice così, ma quello che la donna dice all'amante smanioso, bisogna scriverlo nel vento e nell'acqua che le porta via.
Per il poeta di Sirmione la lealtà reciproca è un valore di base in ogni relazione umana, soprattutto in un grande amore, e la sua sofferenza deriva proprio dal mancato rispetto di tale patto sacro da parte della donna che fu, afferma, "amata nobis quantum amabitur nulla " (8, 5), amata da me quanto non sarà amata nessuna.
"Dicebas quondam solum te nosse Catullum,/Lesbia, nec prae me velle tenere Iovem./Dilexi tum te non tantum ut vulgus amicam,/sed pater ut gnatos diligit et generos " (72, 1-4), una volta dicevi di conoscere profondamente solo Catullo, Lesbia, e di non voler possedere Giove piuttosto che me. Allora ti ho amata non solo come il volgo un'amica, ma come il padre ama i figli e il suocero i generi.
Amare è conoscere e viceversa.
E' interessante nosse del v. 1 poiché ci suggerisce che amare una persona costituisce la più reale e profonda delle conoscenze.
Ipsipile, regina di Lemno, un'altra vittima di Giasone, cui rimprovera l'infedeltà[7], usa il verbo cognosco nello stesso senso::"Non ego sum furto tibi cognita; pronuba Iuno (Ovidio, Heroides 6, 45) non hai avuto con me rapporti sessuali di nascosto; fu pronuba Giunone.
Insomma conoscere è amare e chi non ama non ha vere conoscenze.
Dell'amore "è scritto che chi ne fosse privo, anche se sapesse parlare tutte le lingue degli uomini e degli angeli, altro non sarebbe che un rame risonante e un tintinnante cembalo"[8].
La stessa idea si trova nel conoscere biblico:"Conoscere significa penetrare sotto la superficie, allo scopo di giungere alle radici, e pertanto alle cause; conoscere significa "vedere" la realtà senza paludamenti. Conoscere non significa essere in possesso della verità, bensì andare sotto lo strato esterno e tentare, criticamente e attivamente, di avvicinarsi sempre più alla verità. Questo modo di penetrazione creativa trova espressione nell'ebraico jadoa , che significa conoscere e amare nel senso della penetrazione sessuale maschile"[9]. Sembra che questo jadoa corrisponda al nostro nosse .
D'Annunzio stabilisce tra la conoscenza e il piacere un nesso ancora più forte di quello indicato dal tradizionale tw'/ pavqei mavqo":"ella[10] ci mostra la possibilità di un dolore trasmutato nella più efficace energia stimolatrice; ella c'insegna che il piacere è il più certo mezzo di conoscimento offertoci dalla natura e che colui il quale molto ha sofferto è men sapiente di colui il quale molto ha gioito"[11].
La perfidia amorosa dunque è anche un tradimento intellettuale e conoscitivo.
Sull'amore e la fides leggiamo i due distici del carme 87 di Catullo:"Nulla potest mulier tantum se dicere amatam/vere, quantum a me Lesbia amata mea est./Nulla fides ullo fuit umquam foedere tanta,/quanta in amore tuo ex parte reperta mea est ", nessuna donna può dire di essere stata amata tanto sinceramente quanto la mia Lesbia è stata amata da me. Nessuna lealtà in alcun patto fu mai tanto grande quanto nell'amore per te è stata trovata da parte mia.
Foedus e fides sono legati etimologicamente: foedus è "l'accordo", il trattato stipulato secondo le sacre regole della fides. Fides insomma è il rispetto del foedus.
Nel carme 64 la vicenda di Arianna tradita è un' e[kfrasi", la descrizione, di oltre 200 versi, della storia ricamata sulla coperta del letto nuziale, inserita nelle nozze di Peleo e Teti, e il tradimento di Teseo è contrapposto all'amor, al foedus, alla concordia degli sposi con motivi tipici dell'epitalamio:"nullus amor tali coniunxit foedere amantes,/qualis adest Thetidi, qualis concordia Peleo" (vv. 355-356), nessun amore ha unito gli amanti con un patto tale quale la concordia che c'è tra Peleo e Teti.
Cicerone nel De Officiis dà una definizione della fides " Fundamentum autem est iustitiae fides, id est dictorum conventorumque constantia et veritas " (I, 23), orbene la fides è il fondamento della giustizia, cioè la fermezza e la veridicità delle parole e dei patti convenuti.
Subito dopo l'autore, imitando gli Stoici, etimologizza fides con fiat quod dictum est , deve essere fatto ciò che si è detto. Similmente in De republica IV, 7" Fides enim nomen ipsum mihi videtur habere , cum fit, quod dicitur ", la fedeltà mi sembra avere il suo stesso nome quando si fa ciò che si dice.
Nel De amicitia [12] la fides è indicata come fondamento di quella stabilità e costanza che cerchiamo appunto nell'amicizia:"Firmamentum autem stabilitatis constantiaeque est eius, quam in amicitia quaerimus, fides" (65).
La Sempronia del Bellum Catilinae di Sallustio è una donna la cui perfidia, non meno della lussuria, è consona al suo ruolo di congiurata:" ea saepe antehac fidem prodiderat" (25), ella spesso già prima aveva tradito la fede.
La fides è un valore forte non solo nei rapporti personali ma anche in quelli tra partiti e stati. La fides di Camillo e di Germanico.
Faccio un esempio storico di fides romana ricompensata: Tito Livio (59 a. C.-17 d. C.) racconta che i Falisci, nel 394, in guerra con i Romani guidati da Furio Camillo si arresero al tribunus militum consulari potestate dopo che questi si fu rifiutato di conquistare la città etrusca grazie al tradimento di un maestro di scuola che voleva consegnargli i figli dei capi di Faleri a lui affidati. "Fides Romana, iustitia imperatoris in foro et curia celebrantur" (V, 27, 1), nel foro e nel senato dei Falisci vengono esaltati la lealtà romana e la giustizia del comandante. Quindi vengono mandati ambasciatori a Camillo per offrire la resa. Questi dissero che pensavano di vivere meglio sotto il governo romano che con le loro leggi,:" vos fidem in bello quam praesentem victoriam maluistis; nos fide provocati victoriam ultro detulimus" (V, 28, 13), voi avete preferito la lealtà in guerra a una vittoria immrdiata; noi, sollecitati da questa lealtà, vi abbiamo offerto spontaneamente la vittoria.
Nel buon tempo antico dunque l'osservanza della fides pagava. Tacito fa un commento su quello che per lui è un aspetto della fides esasperato e pervertito presso i Germani: quando giocando a dadi hanno perso tutto, con un ultimo lancio mettono in gioco la loro libertà personale, e, se perdono ancora, accettano la schiavitù e, pur se giovani e robusti, si lasciano legare e vendere; ebbene:"ea est in re prava pervicacia; ipsi fidem vocant" (Germania, 24, 2), tale è l'ostinazione in un vizio riprovevole: essi la chiamano lealtà.
Del resto lo stesso Tacito negli Annales mette in rilievo la bella lealtà di Germanico che i suoi legionari avrebbero voluto proclamare imperatore al posto di suo zio Tiberio dopo la morte di Augusto:"sed Germanicus quanto summae spei propior, tanto impensius pro Tiberio niti " (I, 34), ma Germanico quanto più vicino alla speranza del sommo potere, tanto più fortemente si adoperava in favore di Tiberio; anzi quando si reca presso le legioni della Germania inferiore che, in rivolta, cercavano di acclamarlo imperatore esclamò "moriturum potius quam fidem exueret " (I, 35) che sarebbe morto piuttosto che rinnegare la parola data.
La fides come nozione giuridica oltreché morale. La fides in Properzio, Petrarca e Màrquez.
Ma torniamo all'argomento amoroso con P. Fedeli:" Il foedus amoris si basa sul rispetto della fides che non solo è uno degli elementi tradizionali della morale romana, ma è anche uno dei fondamenti del diritto. Si tratta di motivo tipicamente repubblicano, che tuttavia sopravvive, con aspetti e formule di tipo diverso, anche nel periodo imperiale (dalla fides praetorianorum alla fides militum alla fides legionum ). Riferendosi a un contratto fra due persone in seguito ad un foedus , la fides è nozione giuridica oltreché morale.
In amore essa implica non solo un accordo di tipo erotico, ma anche la ricerca di un'unione morale che talora supera le barriere sociali...Se Properzio riprende il motivo da Catullo e anzi lo esaspera, ben diverso sarà l'atteggiamento di Ovidio, desultor amoris sin dai giovanili Amores e, poi, precettore di principi lontani dalla fides nell'Ars amatoria "[13].
Infatti Quintiliano defisse il poeta di Sulmona "utroque lascivior " (Institutio oratoria, X, 1, 93), più lascivo dell'uno e dell'altro, ossia di Tibullo e Properzio.
Sulla fides di Properzio trovo altre considerazioni interessanti, sempre di P. Fedeli:" Si tratta di un patto che non si fonda solamente sulla passione erotica, ma include slanci di tenerezza, tentativi di raggiungere un livello di comprensione reciproca, momenti di sincero attaccamento. Per di più la fides fa dell'amore un rapporto che neppure la morte può modificare: come Properzio si sforza di sottolineare in più d'una occasione, quello fra i due amanti è un legame che va al di là dell'umana esistenza. In I, 19 egli s'immagina che, quando nell'oltretomba incontrerà le più famose eroine del mito, nessuna avrà lo stesso fascino di Cinzia"[14].
Anche là lo spirito del poeta sarà per sempre della donna amata in vita:"traicit et fati litora magnus amor " (I, 19, 13), un grande amore varca anche le rive del fato.
"Nella toccante conclusione del discorso pronunciato dall'ombra di Cinzia nella 4, 7-continua Fedeli- la rappresentazione dell'amore che continuerà nel mondo degli inferi si colora addirittura di accenti erotici, nell'immagine delle ossa del poeta che si strofinano e si confondono con quelle della sua amata[15]" (p. 19). Sentiamo le parole dell'umbra di Cinzia a Properzio:"nunc te possideant aliae: mox sola tenebo:/mecum eris et mixtis ossibus ossa teram " (IV, 7, 93-94), ora ti possiedano altre: presto ti avrò io sola: sarai con me e sfregherò le ossa con le ossa mescolate. L'amante morta finalmente aderisce al Cynthia prima fuit, Cyntia finis erit auspicato nel I libro ( 12, 20).
Altrettanto eterno sarà l'amore di Laura in una fantasia poetica del Petrarca (CCCII) che si eleva con il pensiero nel cielo di Venere dove rivide la donna "più bella e meno altera". Quindi l'immagine fece un gesto affettuoso e prese a parlare:"Per man mi prese e disse:"In questa spera/sarai ancor meco, se il desir non erra:/i' so' colei che ti diè tanta guerra/ e compie' mia giornata inanzi sera.// Mio ben non cape in intelletto umano:/te solo aspetto, e quel che tanto amasti/ è là giuso e rimaso, il mio bel velo" (vv. 5-11).
"La fedeltà ad un'unica donna accomuna Properzio alla generazione più recente degli Alessandrini: Meleagro[16], infatti, aveva proclamato la serietà dell'impegno erotico, opponendosi a quanti, come Callimaco, avevano visto nell'amore un semplice lusus senza obblighi di fedeltà. Ma Properzio va ben oltre, e lo si capisce sin dalla prima elegia: egli intende addirittura servire l'amata e la sua è una condizione di schiavitù...Questo atteggiamento costituiva una totale inversione di alcuni valori fondamentali della morale romana, in cui la dedizione e il servitium erano obblighi della donna nei confronti dell'uomo: accettare il servitium significa, oltre che nullo vivere consilio [17], seguire la nequitia e rinunciare al tempo stesso ai vantaggi della vita socialmente impegnata; il poeta sa bene che questo atteggiamento farà di lui un oggetto di biasimo in tutta la città (2, 24, 5 sgg.): ma l'amore è furor che divora e contro una simile malattia non esistono rimedi[18].
Vediamo un esempio di fides nella letteratura contemporanea: G. G. Marquez racconta la storia di un uomo che per cinquantatré anni, sette mesi e undici giorni aspetta la donna di cui si era innamorato da ragazzo, Fermina Daza, quando lei era la più bella ragazza del Caribe e aveva "un'andatura da cerva". Al funerale del marito, il dottor Urbino che l'aveva sposata per amore, riamato, Florentino Aziza, l'innamorato a vita, le disse:"Fermina, ho atteso questa occasione per più di mezzo secolo, per ripeterti ancora una volta il giuramento della mia fedeltà eterna e del mio amore per sempre"[19].
Bologna 22 giugno 2023 ore 9, 58 giovanni ghiselli
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Questa sera tornerò a Bologna. L’aria di mare e i cieli dell’infanzia con mito e poesia mi hanno fatto bene.
[1]"Il primo attributo del traditore nelle parole di Arianna fa riferimento al suo essere venuto meno alle promesse basate sulla fides , un principio cardine del carme" (G. B. Conte, Scriptorium Classicum 2, p. 63).
[2]H. Hesse, Siddharta , pp. 117, 118, 119.
[3]=quibus .
[4]accusativo dell'oggetto interno equivalente a non .
[5]Perfetto gnomico.
[6] M. Fusillo, Lo spazio letterario della Grecia antica , I, 2, p.124.
[7] Heus! ubi pacta fides? (v. 43), Ahi, dov'è la fedeltà promessa?
[8]Tonio Kröger , p. 285. T. Mann cita la prima Lettera ai Corinzi (13,1) di Paolo.
[9]E. Fromm, Avere o essere? , p. 63.
[10] La vita.
[11] Il fuoco (del 1900), p. 95.
[12] Del 44 a. C.
[13] Lo spazio letterario di Roma antica, 1, p. 166, 167, 168.
[14]Properzio Elegie, p. 19.
[15]Il motivo di amore e morte in Properzio è stato trattato con finezza da A. La Penna, L'integrazione difficile. Un profilo di Properzio , Torino, 1977, pp. 41-43; 54-55; 157-166.
[16]Autore di epigrammi, vissuto fra il 130 e il 60 a. C.
[17]I, 1, 6, vivere senza alcun proposito sano, secondo la docenza di Amor improbus che gli insegnò perfino a odiare le ragazze caste:"donec me docuit castas odisse puellas " (v. 5).
[18]P. Fedeli, Introduzione a Properzio, Elegie , pp. 19-2O.
[19] Gabriel Garcia Màrquez, L'amore dei tempi del colera , p. 58.
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