Percorso sull’amore II
Donne nell’Odissea. Arete, Penelope, Nausicaa.
Particolarmente significativo dell'alta condizione della donna nell'Odissea, è il consiglio che Nausicaa dà a Ulisse nel VI canto: il naufrago deve chiedere aiuto non al re Alcinoo il padre di Nausicaa ma alla madre, la regina Arete, se vuole vedere il dì del ritorno (vv. 310-315).
"La posizione sociale della donna non fu mai più, presso i Greci, così elevata come sul declinare del periodo cavalleresco omerico. Arete, la consorte del principe dei Feaci, è onorata dal popolo come una dea. Ne compone i litigi col suo presentarsi e determina le decisioni del marito col suo intervento o col suo consiglio[1]. Per ottenere di ritornare ad Itaca con l'aiuto dei Feaci, Odisseo, dietro suggerimento di Nausicaa, non si rivolge in primo luogo al padre di lei, al Re, ma abbraccia implorando le ginocchia della sovrana, ché decisiva è la benevolenza di questa per far esaudire la preghiera[2].
Quanta sicurezza nel contegno della stessa Penelope, così sola e abbandonata, di fronte allo sciame dei pretendenti che tumultuano protervi: ella infatti può sempre contare sul rispetto assoluto della sua persona e della sua dignità di donna[3]. I modi cortesi dei nobili signori con le donne del loro ceto è prodotto di un'annosa cultura e di un'alta educazione sociale. La donna è rispettata e onorata non solo quale essere socialmente utile, come nella famiglia contadina secondo l'insegnamento d'Esiodo[4], né solo quale madre della prole legittima, come nella borghesia greca posteriore, per quanto anche per i nobili, appunto, fieri del proprio albero genealogico, la donna debba avere importanza quale genitrice di un'eletta stirpe[5]. Essa è la rappresentante e la custode d'ogni elevato costume e tradizione. Questa sua dignità spirituale influisce anche sul comportamento amoroso dell'uomo. Nel primo canto dell'Odissea , che rappresenta in tutto idee morali più raffinate che le parti più antiche dell'epopea, troviamo un tratto notevole quanto alla relazione tra i due sessi. Quando Euriclea, la fida e onorata servente, scorta con la fiaccola Telemaco sino alla stanza da letto, il poeta, al modo epico, ne narra brevemente la vita. Il vecchio Laerte la comperò un giorno, quand'era una bella fanciulla, a carissimo prezzo. Per tutta la vita la tenne nella sua casa in onore pari a quello in cui era la nobile consorte, ma, per riguardo a questa, senza mai divider con essa il letto"[6].
Nel VI canto dell'Odissea Ulisse augura a Nausicaa quello che secondo lui è il bene più grande che le possa capitare. Versi 180-185
Traduzione.
"A te gli dèi concedano tanto quanto tu desideri nel tuo core,
un uomo e una famiglia e la concordia degli animi vi diano
nobile: infatti non c'è nulla di più forte e prezioso di questo,
quando concordi nei pensieri reggono la casa
l'uomo e la donna: molto dolore per i malevoli,
e gioie per i benevoli; ma soprattutto ne hanno buona fama loro"(vv. 180-185 ).
Commento
181 a[ndra : ho preferito tradurlo con "uomo" invece del tradizionale "marito"; infatti una donna non potrebbe augurarsi un marito che non fosse anche un uomo, e in effetti tanti mariti sono uomini apparenti.
Ecco perché Temistocle dei due pretendenti alla mano della figlia scelse quello che era un uomo a quello ricco dicendo: preferisco un uomo senza denaro al denaro senza uomo[7].
Similmente la Giovanna amata da Federigo degli Alberighi, riconosciuta la grandezza dell'animo di quell'uomo che aveva perso tutto il suo patrimonio per corteggiarla, volle sposarlo dicendo:"ma io voglio avanti uomo che abbia bisogno di ricchezza che ricchezza che abbia bisogno d'uomo"[8]. Del resto poi lo sposo prescelto divenne pure "miglior massaio".
- 181 oJmofrosuvnhn: indica lo stesso modo di sentire e pensare che è imprescindibile per l'accordo di una coppia; anzi, quando c'è questa condizione invidiabile, nessuna opposizione, nessun incidente, può sciuparla o mortificarla. In questo caso l'amore non è volgare. Non solo: tale similitudine e concordia di anime (oJmov" e frhvn) arriva alla fusione reciproca o alla trasfusione dell'una nell'altra.
-
Nel Simposio di Platone, Pausania distingue l'amore volgare, figlio di Afrodite Pandemia, da quello celeste, figlio di Venere Celeste appunto; ebbene l'amante volgare (oJ ejrasth;" oJ pavndhmo" ) si innamora piuttosto del corpo che dell'anima (oJ tou' swvmato" ma'llon hj; th'" yuch'" ejrw'n, ) e non è costante, poiché ama una cosa che non è costante: non appena appassisce il fiore del corpo, vola via lontano, disonorando le sue parole e le sue promesse; quello invece che si entusiasma per un carattere nobile ne resta innamorato per tutta la vita , poiché si è fuso con qualche cosa di stabile ( ejrasth;" dia; bivou mevnei, a{{te monivmw/ suntakeiv" 183e).
Tiziano dipinse nel 1514 un'opera neoplatonica che raffigura Amor sacro e amor profano in due donne, una vestita e una quasi nuda; ebbene la Venere volgare è quella vestita e adorna di effimeri orpelli terreni, mentre la svestita rappresenta la Venere Celeste: la sua nudità infatti significa la bellezza eterna, universale, e la verità filosofica, mentre una fiamma tenuta alta nella mano sinistra simboleggia l'amor di Dio. Il dipinto, a olio su tela, si trova a Roma nella Galleria Borghese.
Platone anticipa il cristianesimo e tende al cielo.
Infatti, rimanendo sulla pittura italiana del Cinquecento, ne La scuola di Atene [9] di Raffaello, dove sono raffigurati i maggiori filosofi dell'età classica, Platone con la mano destra indica il cielo e Aristotele la terra.
Il passaggio dall'uno all'altro amore viene sentito e dichiarato dal passionale Dimitri Karamazov:"questo amore mi tortura, mi tortura!...Prima, mi facevano languire soltanto le flessuosità del suo corpo infernale, ma adesso tutta la sua anima l'ho trasfusa nella mia, e grazie a lei anch'io sono diventato un uomo!"[10].
Esiste una versione latina di questa trasfusione di anime che, pur se prelude a un tradimento, e quindi, dentro il contesto, può far pensare a una "cinica autoironia"[11] del narratore, rievoca in endecasillabi faleci una notte d'amore, omosessuale oltretutto, comunque con una delicatezza e una profondità degna della migliore poesia amorosa latina:"qualis nox fuit illa, di deaeque,/quam mollis torus. haesimus calentes/et transfudimus hinc et hinc labellis/errantes animas. valete, curae/mortales. ego sic perire coepi " (Satyricon, 79), che notte fu quella, dei e dee, che morbido letto. ci stringemmo ardenti e ci trasfondemmo con le labbra a vicenda le anime deliranti. addio, affanni mortali. così io cominciai a morire.
Anche quando non si arriva alla fusione, l'accordo e l'intesa costituiscono la forza e la coesione inscindibile della coppia.
Nell'Andria di Terenzio, Panfilo, parlando con Miside, la serva dell'amata Glicerio, le fa sapere che non la abbandonerà mai:" conveniunt mores . Valeant/ qui inter nos discidium volunt: hanc nisi mors mi adimet nemo "(696-697), i nostri caratteri vanno d'accordo. Vadano a farsi benedire quelli che vogliono una rottura tra noi: questa non me la strapperà nessuno tranne la morte.
Del resto il termine discidium , dal verbo scindere , significa lo spezzarsi, o il taglio (cfr. discindere, tagliare) di un filo troppo teso in due parti i cui capi si possono riannodare; mentre il divortium implica il volgersi altrove (divertere ) e non incontrarsi più.
Similmente Kierkegaard afferma:" sincerità, apertura di cuore, rivelarsi, intendersi, ecco il principio vitale del matrimonio, senza le quali cose esso è contrario alle regole della bellezza e, propriamente, amorale, perché così si separa ciò che l'amore congiunge, il sensuale e lo spirituale...L'intesa, ecco dunque il principio vitale del matrimonio"[12]. Analoga riflessione si trova in Svevo:"Se il giovine ama la ragazza, l'affare è certamente buono; se non l'ama, pessimo"[13].
-182 krei'sson:- più forte- comparativo di solito dalle grammatiche collegato ad ajgaqov" ( da una radice ajgaq- imparentata con il tedesco gut e l' inglese good ) ma krei`sson è formato sulla radice krat-/kret-/kart-che si trova in kravvvvvvvvvvvvto", "potenza". Indica quindi una superiorità in termini di forza.
In effetti una coppia solidale è una potenza.
Leopardi nella Storia del genere umano sostiene che il massimo della felicità e della forza amorosa è concessa da "Amore, figliuolo di Venere Celeste". E spiega:" Quando viene in sulla terra sceglie i cuori più teneri e più gentili delle persone più generose e magnanime; e quivi siede per breve spazio; diffondendovi sì pellegrina e mirabile soavità, ed empiendoli di affetti nobili e di tanta virtù e fortezza, che eglino allora provano, cosa del tutto nuova nel genere umano, piuttosto verità che rassomiglianza di beatitudine. Rarissimamente congiunge due cuori insieme, abbracciando l'uno e l'altro a un medesimo tempo e inducendo scambievole ardore e desiderio in ambedue; benché pregatone con grandissima istanza da tutti coloro che egli occupa: ma Giove non gli consente di compiacergli, trattone alcuni pochi; perché la felicità che nasce da tale beneficio è di troppo breve intervallo superata dalla divina. A ogni modo, l'essere pieni del suo nume vince per sé qualunque più fortunata condizione fosse in alcuno uomo ai migliori tempi".
I tre mesi passati con le tre finniche di cui racconto l’amore sono stati i più belli della mia vita e pure se nei fatti sono durati meno di cento giorni hanno potenziato il mio animo, l’hanno reso forte e capace di tendere alle cose egregie e in grado di raggiungerle. Le altr, più di cinquanta, alcune durate anche degli anni, non mi hanno dato tanto.
L'altro comparativo (a[reion, ultima parola del v. 182) anch'esso collegato arbitrariamente ad ajgaqov", è formato sulla radice ajr(e)- che si trova pure in ajrethvv , "virtù".
A proposito di questa graduatoria, che considera quale "cosa più bella" l'accordo con il compagno o la compagna, possiamo utilizzare la favola ovidiana di Filemone e Bauci che, dopo avere accolto e ospitato piamente nella loro casetta agreste Giove e Mercurio respinti da altri abitanti, empi del luogo[14], ottengono in premio la possibilità di vedere esaurito un desiderio. Ebbene i due vecchi sposi si consultano, quindi Filemone esprime il desiderio comune: essere sacerdoti custodi del tempio degli dèi " poscimus, et quoniam concordes egimus annos,/auferat hora duos eadem, nec coniugis umquam/busta meae videam neu sim tumulandus ab illa" (Metamorfosi , VIII, 708-710), vi preghiamo, poiché abbiamo passato concordi tanti anni, che la stessa ora ci porti via insieme, né io veda mai la tomba della mia sposa né debba essere sepolto da lei.
Passando al Novecento, l'Ulisse di Joyce impiega tale tovpo" quando Leopold Bloom "Abbassa gli occhi al volto e alla figura di Stephen ", lo osserva con amore paterno e gli fa un augurio:"Il viso mi ricorda la sua povera mamma. Nel bosco ombroso. Il profondo seno bianco( ....) Una ragazza. Qualche ragazza La miglior cosa che possa capitargli"[15]
“Face reminds me of his poor mother. In the shady wood. The deep white breast (…) A girl. Some girl. Best thing could happen him”
Il verbo oJmofronevonte ( v. 183) è participio presente duale non contratto (=oJmofronou'nte) da oJmofronevw e riprende la oJmofrosuvnh del v. 181.
Odisseo dunque insiste sulla concordia affettiva e mentale. Egli non si innamora della ragazza:"Bisogna prendere congedo dalla vita come Odisseo da Nausicaa-benedicendola, più che restandone innamorati"[16].
Quanto ai nemici di chi ama ( dusmenevessi , i maldisposti v. 184) costoro sono i produttori e i mercanti delle cose inutili o nocive che uomini e donne devono comprare per gratificarsi compensando, male, l'incapacità di amare.
Concludo il commento ai versi omerici con l'esordio del discorso di Aristofane (445 ca a. C.-388) nel Simposio platonico che è un elogio incondizionato del dio Eros: è il dio che più ama gli uomini (qew'n filanqrwpovtato", 189d), ") poiché è il loro soccorritore e il medico di quei mali, una volta guariti i quali, ci sarebbe grande felicità per il genere umano:" ejpikourov" te w]n tw'n ajnqrwvpwn kai; ijatro;" touvtwn w|n ijaqevntwn megivsth eujdaimoniva a]n tw'`/ ajnqrwpeivw/ gevnei ei[h (189d). -
Vedremo che nella letteratura europea ha avuto più spazio la calunnia, la quale identifica l'amore con il male, che questa grande verità dell'Aristofane di Platone.
Questo luogo dell'Odissea viene ripreso da Euripide nel prologo della Medea , pur con un arretramento di posizione: la salvezza più grande, afferma la nutrice di Medea, accontentandosi di un bene minore, sta nel fatto che la donna non sia in disaccordo con l'uomo:" h{per megivsth givgnetai swthriva-oJvtan gunh; pro;" a[ndra mh; dicostath'/" (vv. 14-15). Ma sappiamo che nemmeno questo viene concesso alla maga della Colchide e all'eroe tessalo.
Bologna primi giugno 2023 ore 18, 43 giovanni ghiselli
“Sopraggiunsero i migliori giorni dell’anno: i primi giorni di giugno” Ivan Turgenev, Padri e figli, capitolo X.
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[1]h 71-74.
[2]Per il suggerimento di Nausicaa, v. z 310-315. Cfr. h 142 sgg. Anche Atena parla a Ulisse della riverenza di Alcinoo e dei suoi figli per Arete: h 66-70.
[3]a 330 ss.; p 409-451; s 158; f 63 ss.
[4]La casa, il bove e la moglie sono i tre elementi fondamentali della vita del contadino in Esiodo, Opp. 405 ( citato da Aristotele, Pol. I 2, 1252 b 10, nella sua famosa trattazione economica). In tutta la sua opera Esiodo considera l'esistenza della donna da un punto di vista economico, non solo nella sua versione della storia di Pandora, con cui vuole spiegare l'origine del lavoro e della fatica tra i mortali, ma anche nei precetti sull'amore, il corteggiamento e il matrimonio (ib. 373, 695 ss.; Theog. 590-612).
[5]Il "medio evo" greco, mostra, più chiaramente che altrove, il proprio interesse a questo lato del problema nella abbondante produzione poetica in forma di catalogo dedicata alle genealogie eroiche delle antiche famiglie, e più di tutto nei cataloghi di eroine famose, da cui quelle derivavano, del tipo delle jHoi'ai, giunteci col nome di Esiodo.
[6]Jaeger, Paideia 1, pp. 63-64.
[7] Plutarco, Vita di Temistocle, 18.
[8] Boccaccio, Decameron, V, 9.
[9] Palazzi Vaticani, Stanza "della Segnatura", 1509-1511.
[10]F. Dostoevskij, I fratelli Karamazov (del 1880), p. 709.
[11] M. Bettini, La letteratura latina, 3, p. 178.
[12]Enten-Eller (Aut-Aut) , Validità estetica del matrimonio , trad. it. Adelphi, Milano, 1981, p. 163 del Tomo Quarto.
[13] Una vita , p. 208.
[14] Della Frigia.
[15]J. Joyce, Ulisse , XV episodio, Circe, il bordello, trad. it. Mondadori, Milano, 1975, p. 803.
[16]Di là dal bene e dal male , Aforismi e interludi, 96
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