Silano un altro congiurato era segnalato per la nobiltà della famiglia e la moderazione.
Era relegato in un municipio dell’Apulia cui nomen Barium est (16, 9). Al centurione mandato a ucciderlo che lo invitò al suicidio, disse che era pronto a morire sed non remittere percussori gloriam ministerii (16, 9), ma non a togliere la gloria del mestiere al boia.
Si battè come un leone contro i sicari e cadde come in battaglia.
Poi fu la volta di Lucio Vetere, ex console, della suocera e della figlia di lui, Pollitta cui era già stato ucciso il marito Plauto.
Era una vedova inconsolabile. Questa affronta Nerone a Napoli cercando di salvare il padre; non è ammessa alla sua presenza ma lo aspetta, quindi, modo muliebri eiulatu, aliquando sexu egressa voce infensā clamitabat, ora con lamenti da donna ora con voce minacciosa che non aveva niente di femminile gridava di non dare retta all’accusatore che era un liberto fellone.
I tre si uccisero, quindi , da morti, vennero condannati al supplizio. Caedibus peractis ludibria adiciebantur (16, 11), scherni si aggiungevano alle stragi.
Anneo Cornuto, filosofo stoico, maestro di Persio e di Lucano, fu cacciato in esilio poiché aveva consigliato a Nerone di non scrivere troppi libri. Nerone ribatté che il maestro Zenone ne aveva composti più di 400. E Cornuto: “ajll j ejkei'na crhvsima tw/' tw'n ajnqrwvpwn bivw/ ejstivn” (62, 29), ma quelli sono utili alla vita degli uomini
Anche il poeta di epigrammi Lucillo faceva parte del circolo di Cornuto.
A tanti orrori si aggiunge una pestilentia, un loimo;~ e[cqisto~ causato dalla mente malata e cattiva del capo, dal momento che non vi erano nella natura fenomeni che spiegassero l’origine del flagello né vi erano segni visibili di turbamento nell’atmosfera: “nullā caeli intemperie quae occurreret oculis ” (XVI, 13) .
Cfr. il cambiamento climatico dei tempi nostri
Probabilmente Tacito allude al mivasma che viene dal capo: cfr. Edipo re 353.
Case e strade erano piene di cadaveri: “non sexus, non aetas periculo vacua” Morivano schiavi e liberi, spose e figli, senatori e cavalieri. Nella peste che uccide confusamente e in modo indiscriminato c’è la stessa confusione che nell’incesto che mescola e confonde le generazioni di una stessa stipe.: cfr. Oedipus di Seneca. Anche Lione (Lugdūnum) fu devastata da un incendio e Nerone diede un contributo di 4 milioni di sesterzi per la ricostruzione. Nerone, pavido sempre e ora terrorizzato dalla congiura, infuriava senza limiti (XVI, 15).
Ira illa numinum in res Romanas fuit (16, 16).
La mattanza dei congiurati.
Dovette uccidersi anche Anneo Mela, fratello di Seneca e padre di Lucano. Venne accusato da Fabio Romano, amico intimo di Lucano.
Quindi la morte di Petronio, che era stato l’ elegantiae arbiter di Nerone (XVI, 18). Aveva uno stile caratterizzato dalla sui neglegentia, la noncuranza di sé, la signorile sprezzatura. Era lo stile della semplicità. Nerone non considerava nessuna cosa bella ed elegante se Petronio non l’aveva approvata. Unde invidia Tigellini.
Nerone comunque seguiva i dettami di Petronio: “A questo proposito egli ostentava un vistoso non-conformismo, che rompeva con le tradizioni di dignità dei grandi personaggi della vita pubblica romana. Così, per esempio, compariva spesso in pubblico indossando, come un artista bohémien, una veste da camera e un fazzoletto annodato intorno al collo, senza cintura e a piedi scalzi: una negligenza che era solo apparente, anzi calcolata, e dissimulava una raffinatezza estrema”[1].
Tigellino dunque eccita la crudelitas del principe, la crudeltà cui ceterae libidines cedebant. Più forte delle altre passino, accusando Petronio di essere amico di Scevino.
Ricevuto l’ordine di arresto, Petronio si incise le vene poi si fece leggere levia carmina et faciles versus (16, 19) poesie leggere e versi scherzosi, non massime filosofiche. Volle banchettare e dormire ut, quamquam coacta, mors fortuītae similis esset.
Non adulò Nerone ma flagitia principis perscripsit ma raccontò le vergogne del principe, citando i nomi di dissoluti e prostitute et novitatem cuiusque stupri, e l’enormità di ciascuna turpitudine.
Poi Tacito racconta la morte di Trasea Peto nel XVI libro, datandola al 66, subito dopo quella di Petronio.
Trucidatis tot insignibus viris ad postremum Nero virtutem ipsam excindere concupivit interfecto Thrasĕa Peto et Barĕa Sorano (16, 21). Erano entrambi stoici.
Trasea aveva scritto una vita di Catone che Velleio Patercolo qualifica come homo virtuti simillimus (II, 35, 2).
Nerone odiava Trasea poiché nei ludi padovani istituiti dal troiano Antenore habitu tragico cecinerat. Trasea era di origine Padovana: in Prato della Valle cè una sua statua del 177i di Francesco Andreoso che lo rappresenta in abito consolare
Svetonio: obiectum est Paeto Thraseae tristior et paedagogi vultus (37), gli venne rinfacciato di avere un volto tetro e da pedagogo.
Tacito racconta che un suo nemico incline alle scelleratezze, Capitone Cossuziano lo accusava di non essere devoto all’imperatore e di avere, dei seguaci (satellites) i quali rigidi et tristes (16, 22), severi e accigliati ne imitavano habitum vultumque, atteggiamenti e aspetto. Gli Stoici ut imperium evertant libertatem praefĕrunt: si perverterint, libertatem ipsam adgredientur (XVI, 22), mettono avanti la libertà per rovesciare il potere, una volta abbattuto, attaccheranno anche la libertà.
Nni
Bologna 6 novembre 2024 ore 18, 45 giovanni ghiselli
p. s. Statistiche del blog
All time1637017
Today262
Yesterday508
This month2140
Last month10105
Nessun commento:
Posta un commento