Il luglio scorso ho fatto un viaggio in bicicletta di 701 chilometri distribuiti in 11 tappe. Ero con il carissimo amico Alessandro, ex allievo, ex collega dopo il mio pensionamento, comes in diverse altre imprese di questo tipo dal 1986 in poi.
La prima tappa è stata Pesaro- Ancona dove siamo saliti sul traghetto. Alessandro ha 27 anni meno di me e dall’anno scorso è più forte di me in bicicletta. Tende a pedalare sempre al massimo e mi sono stancato a stargli dietro. Non gli ho chiesto subito di rallentare, poiché fino a due anni prima ero più forte di lui forte in salita e lo staccavo. In pianura si stava insieme, mentre in discesa restavo indietro io. Chi precedeva, ogni tanto si fermava e aspettava.
Sul traghetto non si era trovata la cabina dove dormire e mi sono adattato a farlo disteso sul duro pavimento tutto vestito e infilato dentro un sacco a pelo per non esporre il mio corpo mortale e freddoloso ai morsi spietati, innaturali dell’aria condizionata che mi ripugna e mi fa ammalare..
Ho potuto dormire poco e male. La mattina mi chiedevo se, indebolito com’ero, ce l’avrei fatta a compiere il giro del Peloponneso con tante salite ripide e discese precipitoso. Temevo di affrontare una prova spropositata rispetto ai miei 79 anni e 8 mesi, eppure sapevo che dovevo almeno tentare e non cedere prima di essere giunto al limite estremo delle mie forze e magari pure della mia vita. Sarebbe una bella fine, quasi un’apoteosi.
Sbarcammo a metà pomeriggio. Avevamo deciso di puntare prima di tutto su Olimpia poiché si voleva rivedere il sito archeologico e io volevo dare al viaggio un significato agonale: una gara del vecchio ciclista che si confronta con il giovane comes e con se stesso qual era tempo fa. Non molto tempo invero.
Una specie di ritorno di Casanova che si misura con un alter ego o ego alter ringiovanito.
Qella sera precorremmo l’Acaia verso ovest, arrivando al confine con l’Elide. Non tanti chilometri ma Alessandro andava forte e mi affaticai. Volli tenere duro e non gli chiesi di rallentare, come faceva Fausto Coppi, già a 37 anni, con i gregari più giovani,.
Il giorno seguente arrivammo a Olimpia. Ero stremato. Tornammo nel sito.
Ci ero arrivato per la prima volta nel 1977 con l’amico carissimo Fulvio. Oggi un’amicizia celeste e sempre presente tuttavia. Lo pensavo spesso siccome dal 1977 al 2012 si erano fatti insieme diversi giri ciclistici nei luoghi sacri dell’Ellade fino al Parnaso, all’Olimpo, a Troia. Non senza Atene, Sparta, Maratona, Delo, Santorini e Melo.
Già nel tempo di quel debutto lontano mi commosse la visione del frontone occidentale del maestro di Olimpia situato nel Museo: vi ravvisai subito non solo un elemento di base della cultura greca ma anche un aspetto fondamentale della mia vita: la lotta tra il caos e il cosmo che prevale. La cultura supera la brutalità, la bellezza giustifica la vita, la giusta misura ridimensiona la dismisura violenta e demenziale.
Apollo insomma prevale sui centauri, violentatori ubriachi. Non mi sazio di lacrime quando vedo quell’opera meravigliosa. C’è la storia dell’umanità e pure la mia personale. La prima volta che arrivai a Debrecen ero nel caos che minacciava la mia identità cioè tutta la mia vita e Fulvio mi salvò. Poi con il 1968 e con l’educazione data ai giovani e ricevuta da loro ho ritrovato e via via rafforzato l’identità che mi piace siccome è la mia, solum è mia per dirla con Machiavelli.
L’ambiente naturale di Olimpia contribuisce alla meraviglia..
Usciti dal sito, mi resi conto che avevo ecceduto nel consumo delle mie forze. Le pulsazioni cardiache salite, sopra i settanta colpi al minuto, non tendevano a calare e per giunta non erano punto regolari. Un’extrasistole forse. Ero rassegnato a tutto. Avrei raggiunto gli amici celesti. Mi dissi che era arrivato il momento improcrastinabile di parlarne con l’amico dicendogli che dovevo andare più piano se non voleva riportarmi a casa in una bara.
“Tu vai pure del tuo passo-gli dissi- io procederò pedalando in modo da non sovraffaticarmi. Vai avanti e aspettami ogni due o tre chilometri. Vorrei compiere tutto il giro senza ricorrere al taxi come facevano talora alcuni dei nostri compagni di viaggio, comites deboli o vili, eppure cari”.
Alessandro mi incoraggiò e mi passò la paura con l’extrasistole. La frequenza del battito poi torno sotto i cinquanta. Potevo continuare.
Ringraziai Dio chiunque Egli sia.
Bologna 9 novembre luglio 2024 ore 9, 32 giovanni ghiselli. continua
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