NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica

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sabato 2 novembre 2024

Viaggio in Grecia agosto 1981 XXIV. Pensieri stanchi in previsione dell’umido equinozio.


Il giorno seguente mi svegliai piuttosto tardi, tanto che Ifigenia, mai mattiniera, era già uscita . 

Trovatomi solo in quella cabina  grande quanto un armadio, presi con calma gli appunti che avrei usato per il capolavoro dovuto  all’umanità. Volevo diventare un magister non solo  di lettere classiche ma anche dell’eros, sia di quello serio, sia di quello giocoso, un filosofo dell’amore insomma.

Sarete voi lettori a dirmi se vi ho insegnato qualcosa di utile con il mio sermo amatorius.

In questo caso penserete: “ Ioannes magister erat”.

Ma ora procediamo con il traghetto verso le amate sponde della bella Italia. Assolto il compito dello scrivano, mi feci bello, per quanto potevo, anche io, cosmetizzandomi come sono solito: mi lavai i capelli e indossai le lenti a contatto; il resto l’avrebbe fatto il sole riflesso per giunta dall’acqua salsa del mare solcata dalla prua della nave veloce. Mi sarei riempito  di raggi e di flutti, di chiarori e di gorghi.

Quindi con la coscienza tranquilla perché avevo fatto quanto dovevo a me stesso e all’inquieta compagna di viaggio, andai a cercarla sul ponte.

Era seduta vicino alla prua e leggeva Siddharta. Io non avevo libri. Per me era piuttosto tempus cogitandi et  scribendi. Di fatti mi diedi a riflettere sui mesi compresi tra i due viaggi nell’Ellade con Ifigenia: l’anno precedente in automobile, dopo Debrecen, questa seconda volta in bicicletta. Avere tale opportunità offertami dall’immersione nella lettura della comes non mi  dispiacque. Pensavo che leggere è necessario ma talora è, paradossalmente, una scappatoia dal pensare alle cose fatte, o non fatte, o persino malfatte.

Sicché in certe circostanze non avere niente da leggere può essere un’occasione per fare i conti con il proprio passato e per cercare di antivedere  cosa vorrà proporci il destino.

Che cosa avevo fatto di buono nell’esperienza amorosa con quella giovane donna? Quali mete avevo raggiunto? Avevo riflettuto più volte su quello che l’augusta Elena  mi aveva suggerito quando dieci anni prima mi disse: “io non sono materia”. Allora ne ricevetti educazione, ma poi mi ero piuttosto diseducato con altre , compresa Ifigenia  poiché  nel rapporto con  questa amante bella assai e giovane molto la materia preponderava sullo spirito e il sesso prevaleva su tutto

Oramai però sentivo la mancanza e il bisogno di una donna colta, intelligente, buona e generosa. Non ero soddisfatto  di trovarmi nel gregge degli uomini proni e obbedienti alle pretese imperiose del ventre sfacciato.

Come sarei potuto evadere da quel branco se tra le Finlandesi e Ifigenia avevo preso la brutta abitudine e l’osceno costume di bramare senza discernimento ogni corpo di femmina umana purché non fosse disfatto dai capelli ai talloni? Nell’ultimo triennio

Ifigenia con la sua bella carne aveva saziato la mia ingordigia, perciò a 36 anni suonati potevo desiderare la bellezza dell’anima. Ero passato dai tellurici incapaci di evolversi al gruppo ristretto degli aspiranti alla luce.

Ifigenia mi ha aiutato a completare il compito cui mi avevano già avviato, propedeutiche, le tre Finlandesi: con il suo involucro bello, con la sua mediterranea, calda, abbronzata sensualità, la collega Italiana ha soddisfatto la mia brama carnale e mi ha dato la possibilità  di alzare la mira alle forme immortali, immutabili, infaticabili  dalle quali la materia riceve quel significato eterno che l’artista rende evidente raffigurandone l’epifania.

“Ora che il nostro amore è finito- pensavo ancora- oggi che la mia carne è vicina a essere quasi appassita e nemmeno la tua tarderà a diventare vizza, ora comprendo che tu con la tua bellezza mi hai svelato l’amore celeste che mi ha fatto spuntare le ali per elevarmi fino alla pianura della verità dove si trovano intere, semplici, salde, in puro splendore le forme che non avvizziscono mai”. Mi sentivo un poco in colpa per avere usato la venustà di una giovane donna quale strumento, quasi una scala per salire a bellezze superiori, fino alle supreme che avrei dovuto trovare dentro l’anima sua e mia. Se c’erano.

Comunque avrei espiato la  cura insufficiente che mi ero preso di lei con un lungo periodo di solitudine laboriosa e meditativa. Me lo diceva il senso interiore, la pallida luce azzurrina del cielo scolorito e il  tenue verde del mare.

Incombeva l’autunno.

 

Bologna 2 novembre 2024 ore 19, 42 giovanni ghiselli

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