Precedente, o modello di Nerone in questo fu Periandro di Corinto, il protipo del tiranno, del quale Diogene Laerzio (Vite dei filosofi, I, 94-100) racconta che commise incesto con la madre Krateia (kravto~=potere), poi prese a incrudelire. In seguito in accesso d’ira uccise la moglie incinta scagliandole contro uno sgabello o con un calcio (I, 94). L’incesto è ricordato anche dal poeta callimacheo Partenio di Nicea, che fu cliente di Cornelio Gallo per il quale scrisse Passioni d’amore in prosa, 36 storie di amori infelici. Servivano a fornire materiale per le elegie di Gallo. Partenio fu anche precettore di Virgilio e compose elegie e delle Metamorfosi.
Inoltre Periandro si unì con il cadavere della moglie Melissa (Erodoto, 5, 92) e Nerone si prendeva amanti che somigliavano a Poppea morta. Periandro fu il primo a progettare lo scavo di un canale attraverso l’Istmo di Corinto.
Anche Demetrio Poliorcete, Giulio Cesare e Caligola pensarono di farlo, e Nerone diede inizio ai lavori. Plinio il Vecchio lamenta l’empietà dell’impresa (NH 4, 10). Era un atto di u{bri~, una tracotante invasione nella sfera di competenza degli dèi. Successivamente ci pensò Erode Attico oratore e sofista, console nel 143. Fu maestro di Marco Aurelio e Lucio Vero.
Periandro fu istruito da Trasibulo di Mileto a tagliare le teste.
Il tiranno di Corinto attrasse artisti e poeti, prima di tutti il cantore Arione che compose per primo o riformò il ditirambo.
Periandro vinse la corsa dei carri a Olimpia.
“A Nerone doveva piacere il paradosso dell’uomo le cui superiori virtù e capacità lo esentavano dagli obblighi morali della società” ( Champlin, p. 142).
Poppea Sabina era vissuta in maniera talmente lussuosa da fare applicare cordicelle dorate agli zoccoli delle mule che la trasportavano, e da far mungere ogni giorno 500 asine che avevano partorito, i{n j ejn tw'/ gavlakti aujtw'n louvhtai (62, 27). Giovenale satireggia la femina dives che imita Poppea: “ interea foeda aspectu ridendăque multo/pane tumet facies aut pinguia Poppaeana/spirat, et hinc miseri viscantur labra mariti ” (VI, 461-463), intanto è sconcia a vedersi e ridicola: la faccia è gonfia di molta mollica oppure puzza delle creme di Poppea e di qui rimangono invischiati le labbra del povero marito.
Ci teneva talmente tanto all’aspetto che una volta guardandosi allo specchio e non trovandosi alla propria altezza hu[xato teleuth'sai pri;n parhbh'sai, pregò di morire prima di passare la giovinezza (parhbavw).
La preghiera fu esaudita nel 65.
Cassio Dione dice pure che Nerone sposò Sporo, sebbene fosse già sposato con Pitagora, e gli diede una dote. Sporo veniva chiamato come se fosse una donna kuriva, basiliv~, devspoina (63, 13).
Nerone dunque aveva sposato anche un altro amante che faceva da uomo e si chiamava Pitagora. In questo caso inditum imperatori flammeum, il velo rosso delle giovani spose. Insomma nihil flagitii reliquerat ( Tacito, Annales XV, 37). Pitagora forse era il coppiere ufficiale di Nerone: il liberto a potione.
Cfr. Marziale 11, 6.
Svetonio racconta che si faceva infilzare dal liberto Dorifŏro e che imitava le voci e i lamenti delle vergini sottoposte a violenza: “voces quoque et eiulatus vim patientium virginum imitatus ” (29) .
Inoltre legava ragazze e ragazzi nudi a dei pali, poi usciva da una gabbia coperto da una pelle di belva, e si gettava sugli inguini dei giovani in atto di divorarli. Svetonio invece dice che si trattava di uomini e donne (29).
Nerone dunque eseguiva fellatio e cunnilingus.
Era quasi genus lusus, una specie di gioco inventato da Nerone il quale, sfogata la sua furia, veniva “spacciato” (conficeretur) dal liberto Doriforo. Questi era il confector, l’incaricato di sfondarlo. Era la riproduzione “artistica” della damnatio ad bestias. Bizzarra pantomima.
Cassio Dione commenta: “toiau`ta me; oJ Nevrwn hjschmovnei (63, 13), in tali maniere dunque Nerone si comportava in modo indecoroso, ossia usciva dagli schemi (ajschmonevw). Insomma l’imperatore parhnovmei, trasgrediva (paranomevw) i costumi i tradizionali.
Budicca
Quanto all’effeminatezza di Nerone vediamo l’episodio di Budicca.
I centurioni romani avevano violentato le figlie del re degli Iceni Prasutagus che aveva lasciato il suo regno a Nerone e alle due ragazze. Inoltre avevano frustato la madre delle principesse, Budicca. C’erano stati vari prodigi, come l’Oceano rosso di sangue.
Budicca era dunque la regina degli Iceni, una popolazione della Britannia che, guidata da questa ribelle, nel 61 mise a sacco Londinium e Verulanium e uccise 80 mila persone tra Romani e alleati. Governatore della Britannia era Svetonio Paolino che scrisse anche Commentarii utilizzati da Tacito.
Cassio Dione dice che una causa della rivolta fu lo strozzinaggio di Seneca.
Ma la promotrice fu Budicca regina di una tribù del nord-est (attuale Norfolk). Aveva un’intelligenza superiore a quella solita delle donne: mei'zon h] kata; gunai'ka frovnhma e[cousa” (62, 2).
Anche l’aspetto non era usuale: era to; sw'ma megivsth, grandissima di corpo, di aspetto terribile, di sguardo penetrante, e di voce aspra, aveva una chioma biondissima e foltissima che le scendeva fino alle natiche (mevcri tw'n gloutw'n) e al collo portava una grossa collana d’oro. Prese una spada in mano e parlò ai suoi. Cfr. la regina Elisabetta nel film. Disse che è migliore una peniva ajdevspoto~ (62, 3), una povertà senza padroni che una ricchezza asservita. La Britannia era asservita ai Romani dal 43 quando era stata conquistata da Claudio. I vincitori l’avevano oberata di tasse. Neppure il morire con loro è esente da tasse. Veniamo vessati e depredati.
Cfr. Auferre, trucidare, rapere del caledone Calgaco nell’Agricola di Tacito (98 d. C.).
Giulio Cesare nel 55 era stato respinto, giustamente, continua Budicca, poi i Romani erano stati fatti sbarcare. Ora veniamo calpestati e disprezzati da uomini che non sanno fare altro che depredare. I Romani sono appesantiti dalle armature: “ejkei'noi de; ou[te diw'xai uJpo; tou' bavrou~ ou[te fugei'n duvnantai (62, 5), e non sopportano come noi ou[te limo;n ou[te divyo~, ouj yu'co~ ouj kau'ma uJpofevrousin w{sper hJmei'~, e muoiono, se non hanno coperte, vino e olio (kai; oi[nou kai; ejlaivou devontai); per noi invece pa'sa me;n pova kai; rivza si'tov~ ejsti, ogni erba e radice ci fa da pane (62, 5).
Ecco perché non era grassa.
Ogni succo è il nostro olio, pa'n de; u{dwr oi\no~, pa'n de; devndron oijkiva. C’è uno stile di vita della semplicità e dell’anticonsumismo. Conosciamo il territorio e attraversiamo a nuoto i fiumi anche nudi. Quelli sono lepri e volpi (lagwoi; kai; ajlwvpeke~) che cercano di dominare dei cani e dei lupi. Quindi lasciò scappare una lepre dal suo vestito. Questa si mise a correre nel verso giusto per loro. Poi Budicca ringraziò la divinità femminile Andraste, da donna a donna, lei era una donna e una regina non come Nitocri o Semiramide, in quanto i loro sudditi non erano guerrieri.
E non regno nemmeno sui Romani, comunque dominati da donne: Messalina, poi Agrippina ed ora la femmina Nerone (cfr. Egisto nell’Agamennone e nelle Coefore) Nevrwn o[noma me;n ajndro;~ e[cei, e[rgw/ de; gunhv ejsti: shmei'on de;, a[/dei kai; kiqarivzei kai; kallwpivzetai (62, 6).
Io invece, continua Budicca, regno su uomini che non sanno coltivare la terra né produrre manufatti, ma conoscono l’arte della guerra e che considerano tutto bene comune, anche i bambini le donne le quali proprio per questo hanno lo stesso valore dei maschi: th;n aujth;n toi'~ a[rresin ajrethvn, con allitterazione e paronomasia o adnominatio.
Tacito nella Germania (98 d. C.) scrive che ai Germani sembra ignavia guadagnarsi con il sudore ciò che può essere conquistato con il sangue:"pigrum quin immo et iners videtur sudore adquirere quod possis sanguine parare "(14).
I Romani sono uomini sì e no: si lavano con acqua calda, si profumano, giacciono con i ragazzini e sono schiavi di un suonatore di cetra, per giunta malvagio.
Ebbene, Budicca continua l’auspicio chiedendo che questa Domizia Nerona (Nerwni;~ hJ Domitiva, 62, 6, 5) non regni più su di me né su di voi, ma tiranneggi cantando i Romani : “kai; ga;r a[xioi toiauvth/ gunaikiv douleuvein”, i quali infatti meritano di servire una tale donna. I Romani erano senza guida poiché Paolino si trovava nell’isola di Mona, uno dei centri del druidismo in Britannia.
Budicca compì una strage incredibile. Ai catturati in Londinium furono riservate torture orrende. Appesero nude le donne nobili, tagliarono loro i seni (tou;~ te mastou;~ aujtw'n perievtemon) e li cucirono sulle loro bocche (kai; toi'~ stovmasiv sfwn prosevrrapton), in modo che si vedessero mentre li mangiavano (62, 7, 2).
Il governatore Paolino intanto aveva assoggettato Mona e navigò verso Londinium. Ma non affrontò subito la battaglia. Poi però fece un discorso incitando i soldati contro quella gente maledetta oiJ katavratoi ou|toi, 62, 11).
Loro, i Romani, potevano contare sull’alleanza con gli dèi i quali appoggiano di solito le vittime dell’ingiustizia. Abbiamo esteso il nostro dominio sull’umanità intera. Vinceremo per la nostra dignità, poiché combattiamo contro i nostri schiavi. I Romani vinsero, racconta Cassio Dione e Budicca si ammalò e morì.
Passiamo ora a Tacito il quale racconta che Svetonio Paolino era sempre pronto a gareggiare con Corbulone. Tacito li elogia entrambi.
Sulla spiaggia dell’isola di Mona (ora Anglesey) c’erano uomini armati tra i quali le donne in modum Furiarum veste ferali (funebre) crinibus deiectis faces praeferebant (Annales, XIV, 30). Intorno i Druidi che con le mani tese al cielo lanciavano maledizioni: preces diras sublatis ad caelum manibus fundentes. E’ una scena apocalittica. I Romani rimasero quasi paralizzati dalla novitas dello spettacolo. Poi però reagirono spinti ne muliebre et fanaticum agmen pavescerent.
Una turba di donne e di invasati (coloro che appartengono al tempio).
Infine i Romani li sconfissero e abbatterono le foreste consacrate alle loro feroci superstizioni: excisique luci saevis superstitionibus sacri: nam cruore captivo adolēre aras et hominum fibris consulĕre deos fas habebant (XIV, 30) infatti i Britanni consideravano giusto onorare gli altari con il sangue dei prigionieri e consultare gli dèi con viscere umane.ò
Intanto era scoppiata la rivolta di Budicca.
In Britannia i Romani erano in difficoltà. I ribelli avevano preso e incendiato Camulodūnum, Colchester. Svetonio Paolino si portò a Londinium che non aveva il titolo di colonia, sed copiā negotiatorum et commeatuum maxime celebre (XIV, 32), molto popolosa per il gran numero di mercanti e la quantità di derrate. Paolino decise di non difendere Londinium per la scarsità delle sue truppe: unius oppidi damno, servare universa statuit (14, 33), stabilì di dssalvare tutto il resto con il sacrificio si una sola città. I ribelli trucidarono tutti i cittadini romani e gli alleati che vi rimasero . Identica sorte ebbe il municipio di Verulanium (St. Albans). I barbari non facevano prigionieri. Uccisero settantamila persone. Poi c’è la battaglia dove i barbari portavano le donne, testes victoriae, fatte salire sui carri collocati in cerchio al limite del campo.
Budicca testabatur solitum quidem Britannis feminarum ductu bellare (XIV, 35), lei però li guidava non come regina verum ut una e vulgo per recuperare non tanto le ricchezze e il potere quanto la libertà.
Poi diceva: “Eo provectas Romanorum cupidines ut non corpora, ne senectam quidem aut virginitatem impollutam relinquant ”.
In quella battaglia dunque si doveva vincere o morire: vincendum illa acie vel cadendum esse. Id mulieri destinatum: viverent viri et servirent, questo era stato deciso da una donna: gli uomini vivessero da schiavi, se volevano.
Svetonio parla ai suoi e sottolinea il fatto che in quell’esercito c’erano più donne che maschi coraggiosi. I vecchi soldati si entusiasmarono. I Romani vinsero et miles ne mulierum quidem neci temperabat (XIV, 37), i soldati non risparmiavano nemmeno le donne. Uccisero 80 mila Britanni. Budicca vitam veneno finivit.
Fine Budicca
p. s.
Budicca e e le sue figlie (Boadicea and Her Daughters) è una statua realizzata da Thomas Thornycroft dal 1856 al 1883 e collocata a Londra, sul Victoria Embankment, all'estremità occidentale del Ponte di Westminster.
Bologna primo novembre 2024 ore 18, 17 giovanni ghiselli.
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