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La congiura era fallita poiché circoscritta alla capitale.
Si decretarono onori al Sole che aveva un tempio nel Circo massimo dove si voleva preparare il delitto cui est vetus aedes apud circum in quo facinus parabatur qui occulta coniurationis, numine retexisset (Tacito, Annales, XV, 74), il sole con la sua luce divina aveva diradato le tenebre della congiura.
Il mese di aprile doveva chiamarsi Neronio.
Il console designato propose di innalzare un tempio a Nerone, ma l’imperatore rifiutò perché non si volgesse l’evento ad omen malum sui exitus, al cattivo augurio della propria morte infatti gli onori divini si attribuiscono agli imperatori morti.
Quindi raggirò Nerone un cartaginese mente turbida (XVI, 1) tal Cesello Basso. Diceva di aver sognato dove si trovava nascosto il tesoro che Didone aveva portato da Tiro. Lo aveva celato ne novus populus nimia pecunia lasciviret, non folleggiasse nell’opulenza aut reges Numidarum, et alias infensi, ostili anche per altre ragioni, cupidine auri ad bellum accenderentur. Nerone contava su quel tesoro e sperperava. Ma non si trovò nulla.
Poi si avvicinano i giochi quinquennali (65) e il Senato ut dedĕcus averteret (16, 4) per evitare lo scandalo, offre i premi a Nerone, ma l’imperatore pensava di meritarli con le sue forze. Dunque Nerone va sulla scena e declama un carme, poi il popolo gli chiede di mostrare tutto il suo talento, e Nerone canta con la cetra rispettando le regole. Alla fine piega il ginocchio e protende la mano verso la plebe aspettando la sentenza ficto pavore. La plebe che amava gli istrioni lo acclamava e osannava plausu composito, con applauso cadenzato (16, 4).
Gli Italici non romani non lo sopportavano.
C’era ancora una severa Italia che conservava gli antiqui mores e non lo reggeva. Questi si stancavano di applaudire con mani inesperte, creavano confusione tra gli esperti, e venivano frustati dai soldati “qui per cuneos stabant ne quod temporis momentum impări clamore aut silentio segni praeteriret ” (16, 5) stavano ritti nei settori del teatro a badare che non passasse un momento con un clamore non all’altezza o in un pigro silenzio. Alcuni cavalieri rimasero schiacciati dalla folla, altri costretti a rimanere seduti giorni e notti si ammalarono a morte. Se qualcuno aveva un’espressione annoiata, veniva ucciso. Vespasiano nato nella Sabina, rappresentante di quell’Italia sana, si lasciò vincere dal sonno e se la cavò per poco.
Venne salvato dalle preghiere dei cittadini migliori e dal suo destino-maiore fato- (XVI, 5) che gli preparava qualcosa di grande
Aveva il vantaggio di non appartenere a una grande famiglia aristocratica. E’ una costante del neronismo allontanare dal potere le grandi dinastie senatoriali.
Finiti i giochi quinquennali del 65, Poppaea mortem obiit, fortuītā marito iracundiā, a quo gravidă ictu calcis adflicta est” (16, 6), uccisa dall’ira accidentale del marito.
Quindi Nerone sposò l’eunuco Sporo e uno dei suoi intimi osò dirgli: Magari anche tuo padre avesse convissuto con una consorte del genere! (62, 27).
Tacito esclude che Nerone abbia ammazzato Poppea poiché era liberorum cupiens et amori uxoris obnoxius (16, 6), soggetto all’amore della moglie.
Il corpo di Poppea non venne cremato igni abolĭtum , ut romanus mos, ma imbalsamato, differtum odoribus, “pieno zeppo” da disfarcio.
Nerone lodò dai rostri la sua bellezza.
La morte di Poppea ufficialmente fu compianta (palam tristem) ma fu laeta per quanti ne ricordavano l’impudicizia e la saevitia (16, 7).
Vennero poi perseguiti diversi nobili.
Cassio Longino fu esiliato in Sardegna poiché teneva tra le immagini dei suoi avi quella del cesaricida Cassio con l’iscrizione duci partium (16, 7), al capo delle parti.
Plutarco ricorda che Cassio dopo Filippi (42) si uccise con lo stesso pugnale con cui aveva colpito Cesare.
Cesare aveva detto di non temere Antonio e Dolabella tou;~ pacei'~ kai; komhvta~ ma'llon de tou;~ wjcrou;~ kai leptou;~ ejkeivnou~, Kavssion levgwn kai; Brou'ton (Vita di Cesare, 62, 10) robusti e chiomati ma piuttosto quelli pallidi e smilzi intendendo caaaio e Bruto.
Per il pallore della gente sospetta cfr. Le Nuvole di Aristofane sulla scuola di Socrate.
E Shakespeare: “Let me have men about me that are fat;
Sleek-headed men, dalla testa ben pettinata-
and such as sleep a nights, Yond Cassius has a lean (magro) and hungry look;
He thinks too much; such men are dangerous” (Giulio Cesare, I, 2).
Inoltre: “he loves no plays,/As thou dost, Antony; he hears no music, non ama gli spettacoli e non ascolta la musica.
La musica, almeno quella senza parole, sarebbe impolitica.
Nerone discende da Antonio e pure da Ottaviano-Augusto.
Nerone era figlio di Agrippina, figlia di Germanico, figlio di Antonia nata da Marco Antonio e da Ottavia, sorella di Augusto: aveva preso molto dall’ avo Antonio che Plutarco indica come esempio negativo.
Entrambi, avo e nipote, raddoppiarono un regalo quando fu fatto notare (a Nerone da Agrippina) l’enormità della somma donata (Cassio Dione 62, 5, 4 e Plutarco, Vita di Antonio, 4, 7-9).
Antonio era amato dai suoi soldati poiché amava gozzovigliare con loro. Fondamentale per lui era la figura di Ercole. Tendeva a indossare abiti che ricordavano Ercole e anche la barba a tutto viso. Il suo comportamento, cameratesco, generoso, passionale, era visto come Erculeo.
Antonio ed Ercole godevano di una popolarità che Ottaviano/Augusto e Apollo non avrebbero mai raggiunto.
Il loro comune discendente, Nerone, univa in sé i due opposti. Non a caso le due divinità con cui si identificava erano, come abbiamo visto, Apollo/Sole ed Ercole.
Nella tragedia Antonio e Cleopatra di Shakespeare si sente una musica in aria, o sotto terra, davanti al palazzo di Cleopatra; un soldato chiede: “It signs well, does it not?” E un altro “No”. Allora “What should this mean?” E il pessimista: “’Tis the god Hercules, whom Antony loved, Now leaves him” (Shakespeare, Antonio e Cleopatra, 4, 3). Sentiamo T. S. Eliot: “the God Hercules/Had left him, that had loved him well” (Burbank with a Baedeker, Bleistein with a cigar (1920).
Antonio, al pari di Alessandro, si vantava di discendere da Eracle e di essere parente di Dioniso poiché ne imitava il modo di vita (Plutarco, Vita di Antonio, 60, 4-5).
Lo spettacolare arrivo di Cleopatra a Tarso per il suo primo incontro con Antonio prefigurava il banchetto di Tigellino.
Cicerone nell Seconda Filippica (43 a. C.) attribuisce ad Antonio atteggiamenti che ritroveremo in Nerone. Altrettanto Plutarco. Da adolescente si era prostituito per diventare la “moglie” di Curione il giovane.
Bologna 6 novembre 2024 ore 11, 29 giovanni ghiselli
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