NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica

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martedì 12 novembre 2024

Il dicembre del 1969.


La morte della vedova Pinelli, signora Licia, mi riporta al dicembre del 1969, i miei venticinque anni compiuti da un mese quando cominciavo a insegnare nella scuola media di Carmignano di Brenta, un paese in provincia di Padova, situato tra Cittadella e Vicenza.

Ero arrivato alla fine di ottobre ed ero stato accolto con sospetto dal preside perché venivo dalla rossa Bologna, famigerata per questo motivo nel veneto profondo e reputata per giunta una città libera, perfino libertina.

Dovetti assumere atteggiamenti difensivi, alternati con altri aggressivi per non lasciarmi intimidire e arretrare. Seguivo il  racconto della strage guardando la televisione dopo le ore di studio per preparare le lezioni quando tornavo da scuola nel motel di Cittadella dove ero alloggiato, certo non allegramente. Mi accorsi che non tornavano i conti quando dissero quasi subito che la bomba era stata messa nella banca dagli anarchici, in particolare da un certo Valpreda, un ballerino non giovane né  bello, né famoso.

Dopo un paio di giorni dissi a scuola che secondo me Valpreda era un capro espiatorio.

Quando si seppe della morte di Pinelli aggiunsi che probabilmente c’era stata una defenestrazione. Parlai presto perfino di strage di Stato, di una parte inquinata dello Stato.

Poco prima delle vacanze il preside mi chiamò dicendo che avevo perso il posto e in gennaio non potevo tornare. Gli tenni testa rispondendo che la mia nomina a tempo indeterminato veniva dal provveditorato agli studi di Padova e che me ne sarei andato anche volentieri se ne avessi ricevuta un’altra da quello di Bologna.

Allora la libertà di insegnamento era abbastanza tutelata e potei capire che quel dirigente bluffava. Per quanto riguarda Valpreda, anni dopo la storia mi ha dato ragione: alla fine ha avuto giustizia. Anche io ho avuto giustizia: sono tornato a Bologna dove volevo quando è arrivato il momento giusto. Sono rimasto 5 anni scolastici a Carmignano che mi ha lasciato buoni ricordi. Ho conosciuto tante care persone a partire dalla vicepreside Antonia una delle migliori amiche educatrici che abbia mai avuto. La migliore anzi. Ora è un’amica celeste.

Invece Pinelli, la sua signora e le loro figlie non hanno avuto giustizia.

Nel quotidiano “la Repubblica” di oggi si legge una

Intervista a Claudia Pinelli.

L’intervistatrce Zita Dazzi le domanda: sua madre Licia Pinelli

“Si sentiva sconfitta per non avere avuto giustizia?”

La figlia risponde:

“Ci diceva “Uno Stato che non vuole conoscere la verità è uno Stato che non esiste. Io non mi sento sconfitta perché non ho avuto giustizia nelle aule di tribunale. La giustizia sta nel fatto che tutti sappiano la verità”.

Sono contento di avere avuto sempre il coraggio di dire quello che pensavo fosse la verità e spesso, quasi semore, lo era. L’ho detto anche correndo dei rischi e sono contento pure del fatto che me la sono cavata.

Concludo con alcune citazioni, poche.

Il discorso della verità che è bella deve essere  semplice, perciò non bisogna complicarlo: “veritatis simplex oratio est, ideoque illam implicari non oportet" (Seneca Ep. 49, 12).

Gli imbroglioni invece tendono a cavillare e sottilizzare sul fumo (cfr. Aristofane, Nuvole, 320), a pescare nel torbido (cfr. Aristofane, Cavalieri, 307 e 867[1]) .

Nelle Fenicie di Euripide,  il personaggio Polinice evidenzia la parentela della verità con la semplicità e con con la giustizia:"aJplou'" oJ mu'qo" th'" ajlhqeiva" e[fu,-kouj poikivlwn dei' ta[ndic' eJrmhneuavtwn" (vv. 469-470), il discorso della verità è semplice, e quanto è conforme a giustizia non ha bisogno di interpretazioni ricamate. Invece l' a[diko" lovgo" , il discorso ingiusto, siccome è malato dentro, ha bisogno di espedienti scaltri:"nosw'n ejn auJtw'/ farmavkwn dei'tai sofw'n" (v. 472).

Favrmaka kakav sono state le menzogne sul conto di Pinelli e  di Valpreda, farmakoiv nel senso di vittime  espiatorie sono state Valpreda e più dolorosamente Pinelli con la sua famiglia.

 

Bologna 12 novembre 2024 ore 20, 08 giovanni ghiselli

p. s.

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[1] Nei Cavalieri  (424 a. C) di Aristofane Cleone-Paflagone è chiamato “borborotavraxi” (v. 307), il mescola-fango; egli si comporta come i pescatori di anguille, i quali le acchiappano, solo se mettono sottosopra il fango: “kai; su; lambavnei", h]n th;n povlin taravtth/" (v. 867), anche tu arraffi, se scompigli la città,  gli fa il salsicciaio.

 

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