Il giorni seguente pedalammo, sempre tra i monti, da Sparta a Tripoli, capoluogo dell’Arcadia.
Qui mi resi conto di essermi ferito, con il sellino della bicicletta, là dove il tacere è bello. Già pedalando sentivo un dolore acuto, poi, mentre mi lavavo nel povero ostello e toccavo la parte vulnerata del corpo, mi resi conto che la ferita stava diventando una piaga: da vulnus degenerava a ulcus.
Cercai di fare parlare quella povera bocca muta che però non dava risposta. Rivelai la nuova difficoltà all’amico che si improvvisò medico consigliere e dopo la mia descrizione mi condusse in una farmacia dove mi diedero un antibiotico e una crema protettiva che si usa anche per i bambini.
Questo mi confortò e consolò. Mi curai le ferite, una destra una a sinistra dei testes, con quei farmaci buoni, e mi sentiì sollevato. La sera, come al solito andammo a cenare in una piazza allietata dai giochi e dalle rincorse dei bambini.
Quando vedevo una bambina rossa pensavo a quella di cui si incinse Päivi facendo l’amore con me. La mia unica figlia, mai nata del resto. Pensai che anche lei avrebbe avuto il diritto di venire al mondo e giocare e scalare le montagne con me. Ma non era destino. La Necessità dalle mani d’acciaio non aveva voluto. Non ne piansi. Ho imparato ad accettare il fato. Me lo ha insegnato la vita stessa e Seneca: ““Nihil indignetur sibi accidere sciatque illa ipsa quibus laedi videtur ad conservationem universi pertinere (…) placeat homini quidquid deo placuit ” (Ep. 74, 20).
La morte di quella bambina ha consentito alla madre di fare la psicologa, al padre di studiare molto più che se fosse nata e diventare un maestro di tanti giovani e non più giovani.
Del resto la decisione di sopprimere la creatura l’aveva presa la madre, senza chiedere il mio parere.
Non ho rimpianti né rimorsi. Allora non poteva che andare così. In seguito non ho mai più incontrato una donna quale madre plausibile anche perché ho cercato donne che mi facessero da figlie sostituendo la bella rossina mai nata, o lepida moretta, se prendeva da me. Ho sempre preferito le rosse e le brune alle bionde.
Nulla avviene per caso. I fatti interferiscono insieme. C’è una series causarum, una concatenazione di cause, eiJrmo;" aijtiw'n. Tutto è causato e accade necessariamente, nulla è casuale. Quello che appare eventum , elemento accidentale, è di fatto coniunctum, è una conseguenza che non deve sfuggire all’intelligenza ed è una nuova causa di altri eventi. Lo capisce la suvnesi" che è capacità di mettere insieme cose anche lontane.
"Miliardi di cause hanno agito in concomitanza per dar luogo a ciò che accadde. Di conseguenza, nulla fu causa isolata ed esclusiva dell'evento, ma l'evento dovette verificarsi". La mela cade per "la coincidenza delle condizioni per le quali si compie ogni evento vitale, organico, elementare. Il botanico che affermasse come la caduta della mela sia dovuta al dilatarsi del tessuto cellulare e cose del genere, avrebbe ragione quanto il bambino che, stando lì sotto, dicesse che la mela è caduta perché lui aveva voglia di mangiarla e aveva detto una preghiera propizia per l'evento. Così sarebbe altrettanto nel vero e nel falso chi dicesse che Napoleone mosse contro Mosca perché tale era la sua volontà (...) Ogni azione compiuta da costoro, e che ad essi sembra un atto di libero arbitrio, in senso storico è tutt'altro che arbitraria, ma viene a trovarsi in connessione con tutto il corso della storia ed è predestinata ab aeterno"(Tostoj, Guerra e pace, p. 912).
Kutuzov "sapeva che non bisogna cogliere la mela finché è verde. Cadrà da sé quando sarà matura, ma se la cogli verde, rovinerai la mela e l'albero e ti si allegheranno i denti"(p.1541).
Esaurito questo ripasso con il quale ora magari ho esaurito la tua pazienza, lettore, andai a dormire. La ferita bruciava ma ero disposto a soffrire tutte le pene dell’inferno pur di proseguire il viaggio fino al suo compimento fatale, fosse con l’arrivo a Patrasso o pure con la mia morte, defuncta vita.
Del resto penso con Fabrizio de André che “non c’è l’inferno nel mondo del buon Dio” e con Lucrezio che qui sulla terra diventa infernale la vita degli stolti:"Hic Acherusia fit stultorum denique vita " (III, 1023).
Bologna 9 novembre 2024 ore 16, 39 giovanni ghiselli.
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