Concludo Nerone ricordando un bizzarro elogio di questo imperatore malfamato.
Encomium Neronis di Gerolamo Cardano medico filosofo matematico astrologo. Purtroppo non ho il testo latino. Composto tra il 1560 e il 1562.
Nerone fu denigrato da delinquenti: Tacito, empio adoratore di dèi, si ostinava a considerare delitto le offese subìte dai membri delle classi più elevate. Svetonio arrivò a corrompere la moglie dell’imperatore Antonino di cui era segretario. Per il Senato e gli Ottimati tutto il genere umano era motivo di scherno. Quanto all’uccisione dei parenti, talora esse vengono lodate (Virginio che uccise Virginia, l’Orazio che aveva ucciso la propria sorella). Bisogna mettere nel conto i luoghi e i tempi dei delitti. Nerone agì duramente con i colpevoli e mitemente e generosamente con i buoni. Nerone uccise i parenti per salvare se stesso e durante l’incendio di Roma portò aiuto. Quanto a essere stato auriga e citaredo, è la riprova di un carattere particolarmente umano. L’inclinazione ai piaceri è dovuta alla giovane età. Fece solo la guerra con l’ Armenia ma riuscì a non esasperarla e la mantenne in equilibrio. La sua morte poi fu estremamente dignitosa. Ebbe molti nemici, a cominciare da una madre rotta ad ogni inganno. Seneca, il suo maestro, era il più disonesto degli uomini. Nerone era pacifico: non volle accrescere l’impero con la violenza, come Traiano, o con l’inganno, come Tiberio. Scelse come comandante militare Corbulone, uno capace che trovò legioni impigrite in Siria, soldati lindi e avidi di guadagno -nitidi et qauestuosi- Tacito, Annales, XIII, 35).
L’esercito dunque era stato trascurato dagli imperatori precedenti. Nessun imperatore conseguì altrettanto successo sui Parti. E contro i Giudei scelse con saggezza Vespasiano. Dovere di un signore giusto è sollevare i miseri. Nerone è esecrato proprio per questo motivo. Veniva lodato quando si lasciava manipolare da usurai e potenti.
Nerone con le sue elargizioni al popolo danneggiava gli usurai. Questi reagirono con le maldicenze e Nerone li punì.
Nerone era generoso. Il denaro gli serviva solo per elargirlo. Spendeva, ma non per le guerre aggressive come Traiano.
Dichiarò libera la Grecia intera. Ecco perché Plutarco lo riabilitò in De sera numinis vindicta . Plutarco non osò dire di più in favore di Nerone, perché faceva parte degli Ottimati e conosceva Traiano.
Augusto, Caligola e Cladio giocavano d’azzardo, Nerone non lo faceva.
Si loda Augusto che giocava d’azzardo, si biasima Nerone che pizzicava le corde di una cetra. Tale è il punto di perversione cui sono giunti i giudizi degli uomini! Vergogniamoci almeno di fronte ai Maomettani che considerano gravissimo il peccato del gioco d’azzardo!
Ricostruì Roma in modo razionale, mentre prima era venuta su a casaccio.
Sotto il debole Claudio ripresero fiato gli Ottimati, ossia i tiranni. Nerone si trovò costretto a reprimerli per aiutare i poveri e gli infelici. Si era messo su una strada pericolosa per lui stesso, ma vantaggiosa per i poveri e gli onesti. Nerone avrebbe dovuto esautorare il senato. Ma non aveva la forza né gli amici.
Sarebbe stato giusto inserire nel corpus iuris di Giustiniano tutti gli atti di Nerone, come atti di clemenza. Non per niente Seneca gli dedicò il De clementia. Per esempio Nerone risparmiò Acilia, la madre di Lucano che era stata denunciata dal figlio.
I suoi delitti presunti
Claudio, tiranno pazzo e cretino, fu ucciso da Agrippina, non da Nerone che anzi non ne era al corrente. Causa di ogni male fu Agrippina. Ella blandiva non opportunamente Britannico e ricattava Nerone. Augusto del resto uccise Cesarione, figlio di Cleopatra, senza che questo rappresentasse una minaccia per lui. Eppure Augusto venne divinizzato. Nerone difese se stesso e lo Stato uccidendo Britannico. L’assassinio di Ottavia è forse meno giustificabile, ma pure lei era un pericolo per lui-
L’uccisione di Agrippina fu ben fatta. “Non so se Nerone sia degno di maggior lode per averla uccisa o per averla sopportata tanto a lungo” (p. 69). Lei e le sue scalmane. Fu lecito a Oreste ammazzare la madre per le sollecitazioni ricevute da Apollo. Agrippina non era migliore di Clitennestra. Nerone non voleva e non poteva sposare sua madre che tendeva a eliminare tutte le altre donne. “Perciò fu necessario spegnere questo incendio così violento” (p. 75).
Agrippina era “spregevole per tutti i delitti commessi, disonore di tutto il sesso femminile, questo mostro di natura, capace solo di suscitare ribrezzo” (79). Fu paziente Nerone a sopportarla così a lungo. Del resto Seneca e Burro furono istigatori del matricidio.
Poppea era “la più bisbetica di tutte le femmine” (85) e fece arrabbiare Nerone che la colpì non senza ragione.
Seneca era uno pseudofilosofo, un traditore dei suoi anni giovanili, e perciò un eversore dell’impero, un istigatore di delitti, un retore maligno e stupido, un oratore incapace, dotato solo di freddure insipide, equivoco, bugiardo, subdolo, dissimulatore, adulatore infame” (p. 85) e così via.
Larva di demone inferocito, scarafaggio del regno e carie sempre distruttiva. Seneca era epicureo e negò l’immortalità dell’anima. Fu punito da Nerone giustamente. Tolomeo Filopatore uccise entrambi i genitori ed è più empio ammazzare il padre che “è l’agente principale della vita, come il seme, mentre la madre è come la terra; la pianta deve appunto più al seme che alla terra; inoltre perché il padre nutre il figlio, lo educa, lo istruisce più della madre” (p. 89). Comunque Augusto fece ammazzare un pronipote idiota e venne onorato come un dio.
Appendice in vista di una prossima ricerca sui Flavi. Se Dio vorrà.
Vespasiano imperatore dal 69 al 79 .
Tacito, Historiae, II, 5: “Vespasianus acer militiae anteire agmen, locum castris capere, noctu diuque consilio ac, si res posceret, manu hostibus obnīti, cibo fortuīto, veste habituque vix gregario milite discrĕpans; prorsus, si avaritia abesset, antiquis ducibus par”, un militare duro, procedeva in testa alla schiera, sceglieva la posizione dell’accampamento, di giorno e di notte teneva testa al nemico con l’ingegno e all’occorrenza con il braccio, mangiava quello che capitava, nel vestirsi e nel tenore di vita si distingueva appena da un soldato semplice; insomma, a parte l’avarizia, equivaleva ai comandanti antichi.
Plinio il Giovane è malevolo con Nerone: il popolo una volta osservava e applaudiva le esibizioni di un imperatore attore (scaenici imperatoris spectator et plausor), ma oggi (100d. C.) si rivolta contro i mimi e condanna quel gusto pervertito. Dunque la plebe può imparare dal suo sovrano ( Ex quo manifestum est principum disciplinam capere etiam vulgus, Panegirico, 46, 4-5). E’ evidente che la disciplina dei principi cattura anche il volgo.
Ma lo stile di Nerone gli sopravvisse: “noverat ille/luxuriam imperii veterem noctesque Neronis” scrive Giovenale (IV, 136-137) di un consigliere di Domiziano (81-96) che ricalcava le orme di Nerone.
Bologna 9 novembre 2024 ore 9, 06
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