Mi alzai dunque la mattina seguente con la speranza di farcela. Un proposito ansioso del resto: lo stato della mia forma non era ottimo e quello della salute imperfetto. Del resto non volevo cedere a meno di un brutto malore. In questo caso sarei salito direttamente nel cielo. “Il prode- mi dissi- è sempre uomo egregio, di cedere inesperto”, dunque: ouj lhvxw.
Ce la feci dignitosamente ma non senza grande fatica. Ricordavo quando fino a due anni or sono sulle rampe di qualsiasi salita staccavo tutti i comites. Questa volta invece rimanevo indietro al comes superstite che ogni due chilometri mi aspettava trepido temendo di non vedermi arrivare mai più e dovere tornare indietro per darmi una sepoltura non priva di onore. Gli avevo chiesto di seppellirmi dove fossi caduto ucciso dalla fatica, nel caso, lui stesso con le sue mani. Avrei avuto gioia della sepoltura nella terra, senza urna.
Ogni volta che mi vedeva arrivare, Alessando tirava un sospiro di sollievo, quasi incredulo. Mi ricordò, umanamente, che due anni fa, andando a Sansepolcro da Pesaro in bicicletta attraverso Bocca Trabaria, lo avevo preceduto di otto minuti sul passo appenninico alto un migliaio di metri.
“Lo so, lo so-risposi- una volta corteggiavo tutte le donne attraenti e diverse mi rispondevano, e sognavoo perfino di vincere il Tour, ma ogni cosa a suo tempo”.
Ero felice di avercela fatta e di non essere morto. Alcuni dei nostri compagni di viaggio di un tempo avevano già compiuto l’ultimo giro-defuncta vita-.
Conclusa miracolosamente la salita, c’era da affrontare una discesa cupa e precipitosa di altrettanti trenta chilometri fino a Sparta. Si sentivano cani o lupi affamati ululare nell’ombra.
“facilis descensus Averno” , pensai tremando dal freddo e dalla paura. Poi mi rincuorai: “Tu ne cede malis sed contra audentior ito”
Poi giù per la lunga, tortuosa eppure ripida via all’ingiù, rabbrividendo.
Arrivati a Sparta trovammo un ostello, povero sì, però a me molto caro. Cenammo affamati su una piazza rallegrata da bambine e bambini che correvano e giocavano con lieto rumore.
Le bambine erano più intraprendenti. Pensai all’educazione delle antiche , robuste ragazze spartane: “solo noi-dicevano- mettiamo al mondo dei veri uomini”.
Ringrazia Dio, chiunque egli sia, di avermi salvato la vita e rivolsi un pensiero affettuoso a Fulvio, l’amico celeste.
Accompagnai l’amico terrestre Alessandro, lo ringraziai per l’aiuto filiale che mi aveva dato, poi tornai nella piazza a osservare le bambine intrepide, forti, imperiose e i bambini, i loro paredri contenti, contento anche io.
Bologna 9 novembre 2024 ore 16, 28 giovanni ghiselli
p. s.
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