Nerone possedeva l’ecumene, come diceva lui, ma gli piaceva soprattutto suonare la cetra e interpretare tragedie.
Inter cetera cantavit Canăcem parturientem (ebbe dal fratello Macareo un figlio che fu gettato in pasto ai cani dal nonno, Eolo), Orestem matricidam, Oedipoden excaecatum, Herculem insanum (Svetonio, 21).
Sono tutte prefigurazioni della sua vita.
Un soldato di guardia, un tirunculus miles, una recluta, come lo vide incatenato nel ruolo di Ercole pazzo, accorse ferendae opis gratia, per dargli aiuto.
Erano tragedie da concerto, quasi dei monologhi.
Nerone parlava molto raramente ai soldati o al popolo, poiché voleva risparmiare la voce per le esibizioni artistiche.
Odiava i senatori al punto che si compiaceva molto di quanto gli diceva il compagno di dissolutezze Vatinio: “misw' se, Kai'sar, o{ti sugklhtiko;~ ei\” (63, 15), poiché hai rango senatorio.
L’imperatore che era salito al trono con propositi diarchici era diventato ostile alla libertas senatoria. Infatti aveva assunto ideali ellenistici ispirandosi ad Alessandro Magno
Nerone puniva quanti non lo ascoltavano recitare. Alcuni fingevano di svenire per essere portati fuori dal teatro.
Diceva che solo i Greci sapevano ascoltare e solo loro erano degni della sua arte solos scire audire Greco, solosques se et studiis suis dignos esse ait (Svetonio, 22).
Tacito mette in rilievo il fatto che i provinciali italici non potevano sopportare quelle follie.
Raccontano che Vespasiano si era addormentato durante una recita e fu salvato dalle preghiere dei migliori cittadini: “mox imminentem perniciem maiore fato effugisse” (Tacito Annales, XVI, 5).
Con Vespasiano inizierà “un’epoca nuova, classicheggiante anche nelle sue manifestazioni artistiche (l’avanzato quarto stile pompeiano); un mondo composto e ordinato nel segno della nuova borghesia” [1].
Nerone cercò di tagliare l’istmo di Corinto, nonostante la gente ne avesse paura poiché quando i primi operai toccarono la terra questa cominciò a bagnarsi di sangue. Ma fu l’imperatore a dare l’esempio scavando (fine settembre 67 d. C.).
Voleva fare dell’isola di Pelope, l’isola di Nerone, una sorta di Neroneneso.
E’ la parte della Grecia che amo di più e ho girato almeno 5 volte in bicicletta. Ghisellineso o Giannineso?
Furono ingaggiati ingegneri egiziani e seimila Giudei, prigionieri di guerra fatti da Vespasiano.
Il progetto fu interrotto nel 68 e ripreso alla fine del 1800 a partire proprio da dove erano iniziati i lavori, dall’estremità occidentale (porto Lecheo, sotto l’Acrocorinto).
Decedēns deinde, provinciam universam libertate donavit (Svetonio, 24), partendo diede la libertà a tutta la provincia. Il 28 novembre del 67 Nerone esentò i Greci dai tributi. Quindi indisse l’assemblea di tutte le città greche, tranne Sparta che egli disprezza per l’ incompetenza artistica.
I Greci ottengono la cavri~, il favore imperiale. I Greci non dimenticheranno Nerone, tanto più che Vespasiano sopprimerà l’immunità fiscale.
Leopardi: Ciro e Alessandro (Nerone).
Leopardi mette in rilievo il diverso trattamento che Ciro riservava ai Persiani rispetto agli altri sudditi del suo impero: “nella Ciropedia…Senofonte vuol dare certamente il modello del buon re, piuttosto che un’esatta storia di Ciro. E nondimeno, questo buon re, dopo conquistato l’impero assirio, diventa modello della più fina, fredda e cupa tirannide. Ma bisogna notare che questo è verso gli Assiri, laddove verso i suoi Persiani, Senofonte lo fa sempre umanissimo e liberalissimo. Ma egli stima che sia tanto da buon re opprimere lo straniero, e l’assicurarsi in tutti i modi della sua soggezione, come il conservare una giusta libertà a’ nazionali. Senza la qual distinzione e osservazione, si potrebbe quasi confondere Senofonte con Machiavello, e prendere un grosso abbaglio intorno alla sua vera intenzione, e all’idea che egli ebbe del buon Principe”[2].
Ciropedia, o L'educazione di Ciro ( Κύρου παιδεία), è un'opera in 8 libri di Senofonte, riguardante l'educazione di Ciro il Grande, fondatore dell'Impero achemenide.
Il contrario di Ciro il Vecchio, faranno Alessandro Magno e i suoi emuli, come Nerone.
“Nel qual proposito osserverò che la regola e il metodo di Ciro (o di Senofonte) di preferire in tutto e per tutto i Persiani ai nuovi sudditi, e dichiarare per tutti i versi, quella nazion dominante, e queste soggette, e dipendenti, non fu seguìto da Alessandro, il quale anche a costo d’inimicarsi i Macedoni, pare che tra’ suoi sudditi di qualunque nazione volesse stabilire una perfetta uguaglianza, e quasi preferir fino i conquistati adottando le vesti e le usanze loro”[3].
Durante i giochi Istmici del 196 Tito Quinzio Flaminino aveva proclamato la libertà della Grecia che sarebbe rimasta senza guarnigioni, esente da tributi e con le proprie leggi. I Greci presenti, per l'eccesso della gioia ("dia; th;n uJperbolh;n th'" cara'"", Polibio, 29, 11), nel ringraziare Tito per poco non lo uccisero.
Anche Plutarco racconta questo episodio, seguendo Polibio, e aggiungendo altri particolari e la considerazione che a Corinto è capitato di vedere due volte lo stesso beneficio in favore dei Greci: prima da Tito, poi da Nerone che lo fece nel 67 d. C., anch'egli nel corso dei Giochi Istmici, ma non per mezzo di un araldo, bensì personalmente parlando al popolo su un palco nell'agorà ("Nevrwn d j j aujto;" ejpi; th'" ajgora'" ajpo; bhvmato" ejn tw'/ plhvqei dhmhgorhvsa"", (Vita di Tito Flaminino , 12, 13).
In questo modo viene rivalutato Nerone il quale non aveva compiuto solo un gesto da filelleno o "una stravaganza letteraria", ma concretamente aveva esentato i Greci dai tributi che dovevano a Roma. Un beneficio che però nel 73 Vespasiano ritolse dicendo che i Greci avevano disimparato la libertà. Così la Grecia tornò a essere una provincia senatoria con il nome di Achaia .
Nerone l’aveva sostituita con la Sardegna.
Perciò nei successivi anni 70 i sudditi orientali dell'impero aspettavano il ritorno di Nerone come Messia e vendicatore contro l'oppressione di Roma.
E il greco, sacerdote delfico Plutarco, nel De sera numinis vindicta (567 F), immagina che l'anima di Nerone, già condannata a vivere nel corpo di una vipera, passi alla vita di un cigno, poiché aveva fatto qualche cosa di buono liberando i Greci, la stirpe più insigne e cara agli dèi.
Bologna 2 novembre 2024 ore 11, 41 giovanni ghiselli
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