Ancora la dissacrazione virgiliana di Huysmans, quindi la detrazione di Hegel, poi, contrastivamente, Eliot che considera il Mantovano quale classico supremo. Il vizio italico, e mafioso della raccomandazione (I Bucolica). Altri autori smontati da Huysmans (Ovidio, Orazio, Cicerone, Cesare, Tito Livio, Seneca, Svetonio). Pirandello e la stroncatura di Cicerone (“Nojoso più d’un principiante di violino!”.
Torniamo alla dissacrazione di Huysmans: Virgilio avrebbe per giunta compiuto "impudenti plagi[1] a spese di Omero, di Teocrito, di Ennio, di Lucrezio"; la metrica sarebbe stata "tolta in prestito alla perfezionata officina di Catullo". In conclusione: "quella miseria dell'epiteto omerico che torna ogni momento e non dice nulla, non evoca nulla; tutto quell'indigente vocabolario sordo e piatto, lo mettevano alla tortura".
Invero la lingua latina di Virgilio è chiarissima del tutto persipcua. Faccio un esempio.. all’esame di latino dovevo portare tutta l’Eneide. Ebbene, mi bastò preparami sulla metà dei versi poiché arrivato a quel punto mi accorsi che ero in grado di improvvisare il resto.
Viceversa i 12000 versi dell’Odissea per il primo esame di greco dovetti prepararmeli tutti dal primo all’ultimo e anche i 9500 di Euripide per il secondo esame.
Quando andai a insegnare didattica del greco nella SSISS trentacinque anni più tardi, mi accorsi che i nuovi laureati avevano dovuto presentare all’esame un numero di versi dieci volte minore, sicché si intendevano meno di lingua greca e latina.
Anche Hegel dà, nell’Estetica , un giudizio non positivo su Virgilio :
“ Per citare un altro paio di esempi, ricordiamo l'episodio tragico di Didone, che è di colore così moderno da spingere Tasso ad imitarlo, anzi a tradurlo in parte letteralmente, e da suscitare ancor oggi l'ammirazione dei francesi. E tuttavia che differenza con l'umana ingenuità, verità e spontaneità degli episodi di Circe e Calipso![2]
Lo stesso si può dire della discesa[3] di Ulisse nell'Ade. Questa oscura e crepuscolare dimora delle ombre appare in una nube tetra, in una mescolanza di fantasia e realtà, che ci incanta e stupisce. Omero non fa scendere il suo eroe in un mondo sotterraneo bello e pronto; ma Odisseo stesso scava una fossa, in cui versa il sangue dell'ariete che ha ucciso, poi invoca le ombre che sono costrette ad affollarsi intorno a lui ed egli chiama le une a bere il sangue vivificante, perché gli parlino e gli possano dare notizie, mentre scaccia con la spada le altre che si affollano intorno a lui assetate di vita. Tutto accade qui in modo vivo ad opera dell'eroe stesso, che non si comporta umilmente come Enea o Dante.
In Virgilio invece Enea discende ordinatamente agli Inferi, e le scale, Cerbero, Tantalo e tutto il resto acquistano l'aspetto di una casa ben tenuta, come in un freddo manuale di mitologia"[4].
Dopo questa smontatura di Virgilio si riprenda in mano Eliot che nel saggio Che cos'è un classico? [5] attribuisce al poeta di Enea la posizione centrale "del classico supremo; è lui il centro della civiltà europea, in una posizione che nessun altro poeta può condividere o usurpare"[6]. Ebbene, proprio per il fatto che questo grande classicista angloamericano può essere un maestro per noi che ci occupiamo di lettere antiche, i suoi giudizi non devono essere presentati come dogmatici e intoccabili, anzi, dato il loro peso, vanno messi a confronto con critiche di altro colore.
Possiamo commentare un elogio eliotiano di Virgilio con una critica nostra nei confronti di un mal costume tipicamente italico, il favoritismo, il clientelismo, la raccomandazione mafiosa[7], raccontato senza alcun biasimo dal poeta stesso che ne ha fruito e riempie di sperticati elogi il proprio padrino.
T. S. Eliot indica alcuni requisiti necessari all’alto grado della classicità: maturità della mente[8] assenza di provincialismo[9] , raffinatezza di costumi[10], e comprensività. Tutte qualità presenti in Virgilio. Vediamo dunque che cosa è secondo Eliot la “comprensività”: “entro i propri limiti formali, il classico deve esprimere il massimo possibile dell’intera gamma di sentimenti che costituiscono il carattere nazionale dei parlanti la sua lingua. Egli rappresenterà tali sentimenti come meglio non si potrebbe…[11]”.
Ebbene la prima Bucolica rappresenta al meglio il sentimento legato alla raccomandazione, una pratica tanto presente in Italia da essere emblematica del costume degli Italiani, un proprium et peculiare vitium [12] della nostra gente.
Sentiamo che cosa è un classico secondo Nietzsche
“Aesthetica
Per essere un CLASSICO, si deve:
avere tutte le doti e i desideri forti, apparentemente contraddittori; ma in modo che si intreccino sotto un solo giogo;
venire al tempo giusto, per portare all’ultima perfezione un genus di letteratura o arte politica (non dopo che ciò è già avvenuto);
rispecchiare nelle più intime profondità della propria anima uno stato complessivo (si tratti di un popolo o di una cultura), in un tempo in cui esso sussista ancora e non sia mai oscurato dall’imitazione di ciò che è straniero…essere uno spirito non reattivo, ma che concluda e guidi in avanti, uno spirito che dica sì in tutti i casi, anche col suo odio”[13].
“Il gusto classico: è la volontà di semplificazione, rafforzamento, di rendere visibile la felicità; la volontà di terribilità, il coraggio della nudità psicologica ( la semplificazione è conseguenza della volontà di rafforzare; il rendere visibile la felicità, e parimenti la nudità, è conseguenza della volontà di terribilità”[14].
Ovidio non è trattato meglio da Huysmans: le sue "cacate" esercitavano sullo schifiltoso anacoreta di Controcorrente un fascino "dei più modesti e sordi".
"Una sconfinata avversione provava per le grazie elefantesche di Orazio, per il balbettio di questo insopportabile centochili che fa lo smorfioso con lazzi di vecchio saltimbanco infarinato".
Cicerone, "il Cece" lo annoiava per "la greve compattezza del suo stile carnoso, ben nutrito ma degenerato in grasso, privo d'osso e di midolla…né molto più di Cicerone lo entusiasmava Cesare, famoso pel suo laconismo; perché l'eccesso contrario diventava in questo aridità da caporalmaggiore, secchezza da appunto, stitichezza incredibile e sconveniente". Sallustio, pur sopravvalutato dai "falsi letterati" era "meno sbiadito degli altri; Tito Livio, patetico e pomposo; Seneca, turgido e scialbo; Svetonio, linfatico ed embrionale"[15].
Su Cicerone e la retorica c'è pure questa stroncatura di Pirandello. Parla il cavalier Tito Lenzi che sapeva fare bei discorsi:"io odio la retorica, vecchia bugiarda fanfarona, civetta con gli occhiali…Cicerone però, diciamo la verità, eloquenza, eloquenza, ma…Dio ne scampi e liberi, caro signore! Nojoso più d'un principiante di violino!"[16].
Bologna 23 dicembre 2024 ore 10, 52 giovanni ghiselli
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[1] Si ricordi la "catena di plagi" (cap. 8) denunciata da Musil.
[2]Voglio fare allo studente-lettore un esempio di semplicità "verità e spontaneità" che ha sempre colpito i miei studenti-uditori . Nel V libro dell' Odissea dunque Odisseo che convive con Calipso nell'isola di Ogigia piange in continuazione sospirando il ritorno. Immaginate le chiacchiere che ci farebbe sopra un moderno, psicologo, romanziere o azzeccagarbugli di qualsiasi parrocchia. Omero usa quattro parole per indicare la causa più plausibile e vera in questo tristissimo caso, non infrequente, di frequentazione obbligatoria:"ejpei; oujkevti h{ndane nuvmfh" (v. 153), piangeva poiché la ninfa non gli piaceva più. Punto e basta.
[3] Sic! Odisseo non scende nell’Ade ma ne evoca le ombre. Ndr.
[4]G. W. F. Hegel, Estetica , pp. 1422-1423.
[5] Del 1944.
[6] Al convegno di Lamezia Terme (Scuola e cultura classica, 2 marzo 2004) l'ispettore Luciano Favini ha definito Eliot "ierofante di Virgilio".
[7] “Il rapporto clientelare si configura come un’organizzazione mafiosa che garantisce l’omertà, e il successo dei disonesti”. (L. Perelli, La corruzione politica nell’antica Roma, p. 31).
[8] Per la quale, lo abbiamo già ricordato (cap. 6), secondo Eliot, è necessaria “la consapevolezza della storia”
[9] “ E per provinciale intendo più di quanto trovo nelle definizioni dei vocabolari…Intendo una stortura dei valori (escluderne alcuni esagerandone altri), derivante non dall’aver poco viaggiato per il mondo, ma dall’applicare all’intera esperienza umana criteri normativi acquistati in un’area limitata; il che porta a scambiare il contingente con l’essenziale, l’effimero con il durevole” T. S. Eliot, Op. cit, p. 975..
[10] Mi sembra di percepire in Virgilio, più che in ogni altro poeta latino (perché al confronto di lui Catullo e Properzio sembrano tipacci, e Orazio un plebeo), una raffinatezza di costumi che deriva da una delicata sensibilità, specie se guardiamo a quella pietra di paragone dei costrumi che è il comportamento privato e pubblico fra i due sessi…ho sempre pensato che l’incontro di Enea con l’ombra di Didone, nel libro VI, sia non soltanto uno dei brani più commoventi, ma anche uno dei più civili che si possano incontrare in poesia…Il punto, direi, non è che Didone non perdona (benché sia importante che invece di ingiuriare Enea ella si limiti a ignorarlo-ed è forse il più espressivo rimprovero di tutta la storia della poesia); la cosa più importante è che Enea non perdona a se stesso, sebbene ed è significativo, si renda ben conto che tutto quanto ha fatto è stato per obbedire al destino…Ho scelto questo brano quale esempio di maniere civili…” Che cos’è un classico, in T. S. Eliot, Opere, p. 967..
[11] T. S. Eliot, Che cos’è un classico, in T. S. Eliot, Opere, p. 972.
[12] Cfr. la citazione di Tacito in 19.
[13] Frammenti postumi Autunno 1887, (116), 9, (166).
[14] Frammenti postumi Autunno 1887 (310) 11 (31).
[15] Huysmans, Controcorrente, (del 1884) p. 42 ss.
[16] Il fu Mattia Pascal (del 1904), p. 125.
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