NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica

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mercoledì 25 dicembre 2024

Ifigenia 106 L’amore nel mare colore del vino.


 

Mercoledì 4 luglio Ifigenia in forma splendente venne a Pesaro per fare l’amore con me. Non nella casa delle zie le quali comunque la accolsero decentemente. Quel giorno parlammo senza fraintenderci delle nostre vite e delle letture fatte nel frattempo, poi giocammo, nuotammo, remammo e verso la sera facemmo l’amore nel mare che al tramonto assumeva il colore del vino. Questa era l’attività che ci riusciva meglio di ogni altra.

La bella ragazza era piena di luce: scintillava sulla sabbia, rifulgeva sopra e dentro l’acqua salata, e dopo il tramonto mandava lampi di gioia nella notte musicata dal trepido verso  dei grilli e ingentilita da uno spicchio sottile di luna. Alle otto di sera la spiaggia era quasi deserta: sulle cabine chiuse, sull’umida sabbia, sulle sdraie ripiegate, sui mosconi allontanati dall’acqua, si stendevano lunghe le ombre degli alberghi costruiti pazzamente a pochi metri dalla rena. Ifigenia aveva un costume di colore carneo che metteva in risalto l’abbronzatura e la compattezza liscissima della sua pelle.

Mezz’ora più tardi sulla spiaggia non c’era anima viva e la ragazza propose: “Vieni, andiamo a fare l’amore nell’acqua”.

L’invito mi piacque assai, però domandai: “Come si fa?”

“Si fa come fanno i pesci”.

Pensavo che poteva essere scomodo e difficoltoso un concubito subacqueo oltre che irregolare e proibito, però se non l’avessi fatto quella sera con la splendidissima giovane che me l’aveva chiesto forse non avrei avuto un’altra occasione di provare tale esperienza che poteva allargare la mia coscienza. Sicché entrammo nell’acqua che non era calda, anzi faceva accapponare la pelle.

“Hai la pelle d’ochina”, dissi per esorcizzare quel freddo con una canzonatura. Ridemmo, poi, per scaldarci, nuotammo fino agli scogli antistanti. Fare l’amore lì sopra non si poteva: era troppo scabroso.

Dove non toccavamo il fondo non era possibile, per mancanza di appoggio.

Allora tornammo verso la riva deserta. Il sole, tramontato dieci minuti prima dietro l’alta terrazza di un albergo sovrastante la spiaggia, era risorto a sinistra dell’edificio e aveva aggiunto un tocco di arancione al mare rimasto tuttavia cupo, denso e capace di tenere celata la nostra impudicizia che poteva spiacere a chi ci avesse visto dalla banchina o dagli alberghi. Ci fermammo dove l’acqua ci arrivava alle spalle: a metà strada tra  gli scogli scabri della scogliera irta di cozze e la rena asciutta.

Ci togliemmi i costumi sistemandoli intorno alle braccia. L’acqua ci dava carezze lascive: senza difficoltà pentrai nella giovane donna come un pesce boccheggiante, muto e senza pensiero.

Arrivato alla base del fianco occidentale dell’abergo follemente edificato in prossimità dell’acqua marina, il sole , sgonfio oramai di luce e calore, sembrava una palla rossiccia gettata via da un bambino idiota, che stanco di giocarci, per spregio l’aveva lanciata da una finestra 

 

 Bologna 25 dicembre 2024 ore 17, 26  giovanni ghiselli

 

 

 

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