La necessità di ripristinare la potenza della parola contro l’entropia linguistica.
Parlare male fa male all’anima (Fedone). C’è un nesso tra la lingua e i costumi di una persona. Alessandro accusa Filota di detestare lingua e costumi macedoni. La distruzione della parola significa annientamento del pensiero (1984). L’ignoranza delle letterature classiche compromette la comprensione di quelle moderne (Palmisciano).
Bettini: The Great Gatsby e il Satyricon.
Il ragazzo deve sentire, come Tonio Kröger di T. Mann, quanto sia importante conseguire " la potenza dello spirito e della parola (der Macht des Geistes und Wortes), sorridente in trono sopra il mondo muto e inconsapevole"[1].
Tanto più è necessario ripristinare la potenza della parola oggi, in presenza di questa vera e propria entropia linguistica. Il parlare male, fa male all'anima. Lo afferma Socrate nel Fedone :" euj ga;r i[sqi…a[riste Krivtwn, to; mh; kalw'" levgein ouj movnon eij" aujto; tou'to plhmmelev"[2], ajlla; kai; kakovn ti ejmpoiei' tai'" yucai'"" (115 e), sappi bene…ottimo Critone che il non parlare bene non è solo una stonatura in sé, ma mette anche del male nelle anime.
Lo ha ricordato Ivano Dionigi nel convegno di Torino-Ivrea dell'ottobre 2003.
Il modo di parlare è un forte indizio non solo dello stato d’animo, ma anche del comportamento: Alessandro, quando inquisiva Filota accusato di congiura (330 a. C.), gli chiese di rispondere alle accuse nella lingua nazionale dei Macedoni, patrio sermone, e siccome l’indagato non lo fece, il re disse: “memineritis aeque illum a nostro more quam a sermone abhorrere”[3], ricordatevi che quello detesta i nostri costumi quanto la nostra lingua.
La distruzione della parola significa l’annientamento del pensiero: “Ah, è davvero una gran bella cosa, la distruzione delle parole. Naturalmente il grosso delle stragi è nei verbi e negli aggettivi, ma ci sono anche centinaia di sostantivi di cui si può fare benissimo piazza pulita…Non senti ancora la bellezza della distruzione delle parole. Non lo sai che la neolingua è l’unica lingua del mondo il cui vocabolario s’assottigli ogni anno?...Ogni anno ci saranno meno parole, e la possibilità di pensare delle proposizioni sarà sempre più ridotta…Tutta la letteratura del passato sarà completamente distrutta. Chaucer, Shakespeare, Milton, Byron…esisteranno solo in neolingua, non soltanto trasformati in qualcosa di diverso, ma sostanzialmente trasformati in qualcosa che contraddice quel che erano prima”[4].
Per inficiare il gusto e la comprensione dell’intera letteratura europea è sufficiente annichilire quella greco-latina: “Per molti secoli le letterature classiche sono state guardate come un modello di perfezione (e comunque un termine di confronto) dagli autori delle letterature europee moderne. Non avere avuto un contatto diretto con la letteratura antica costituisce un grave pregiudizio per una matura comprensione dei capolavori delle altre letterature, in chi vi si voglia dedicare professionalmente”[5].
E non solo in questi.
“Per esempio, può accadere che ci sia qualcuno il quale detesta, o semplicemente ignora, gli scrittori latini, mentre ama moltissimo Francis Scott-Fitzgerald perché è americano e moderno. Dopo di che scopre che The Great Gatsby, per esplicita ammissione del suo autore, a un certo momento si sarebbe dovuto intitolare Trimalchio in West Egg, o anche, semplicemente, Trimalchio[6]. Del resto anche Pasolini progettava di fare del suo Petrolio direttamente “ un Satyricon moderno”[7]: e non escluderei neppure che “Petrolio” giocasse proprio con il ricordo di “Petronio”[8].
L’annientamento del pensiero a sua volta annichilisce l’azione.
Queste nostre materie vanno vissute nel sole e calate nella prassi.
La barca dell'insegnamento ha detto Michael von Albrecht, nello stesso convegno menzionato sopra, ha bisogno tanto della teoria quanto della pratica, come di due remi, poiché con uno solo il natante gira su se stesso.
"Dove afferrarti, infinita natura? E voi, mammelle, dove? Voi fonti di ogni vita, da cui pendono il cielo e la terra, voi, cui tende questo arido petto, sgorgate, dissetate, e io devo languire invano?"[9]
si domanda Faust in crisi di identità: "Ho il titolo di Maestro, anzi di Dottore, e saran dieci anni che, con giri e rigiri, sto menando per il naso i miei scolari e vedo che non ci è dato saper nulla "[10].
51. Cogliere l’occasione che è “calva di dietro”. Pindaro. Isocrate. Sofocle. Cicerone. Shakespeare, Marlowe, Nietzsche.
La scuola classica deve insegnare pure a cogliere l'occasione, a individuare quello che è significativo in mezzo al turbinio di offerte insignificanti: il ragazzo impari a non fallire le opportunità favorevoli alla sua crescita. I nostri classici insistono su questo concetto.
L’intelligenza dell’occasione serve a capire la misura appropriata: “C’è una misura in tutto: e l’occasione è ottima a comprenderla” (Pindaro, Olimpica XIII, vv. 47-48).
Isocrate[11] nel manifesto della sua scuola, Contro i sofisti [12] afferma che difficile non è tanto acquisire la conoscenza dei procedimenti retorici, quanto non sbagliarsi sul momento opportuno per usarli:"tw'n kairw'n mh; diamartei'n"( 16).
Già Oreste nell'Elettra di Sofocle, dove si tratta di vita o di morte, conclude il suo primo discorso affermando che l'occasione è sovrana :"kairo;" gavr, o{sper ajndravsin-mevgisto" e[rgou pantov" ejst j ejpistavth"" (vv. 75-76), l'occasione infatti è appunto per gli uomini la più grande presidente di ogni agire.
Cicerone suggerisce di usare il vocabolo occasio per tradurre il greco eujkairiva che designa il tempus…actionis opportunum, il tempo opportuno di un'azione[13].
Nell’Antonio e Cleopatra Menas decide di non seguire più l’indebolita fortuna di Sesto Pompeo che ha perso l’occasione di sbarazzarsi dei suoi nemici: “Who seeks and will not take, when once ‘tis offer’d, -Shall never find it more” (II, 1), chi cerca e non prende qualcosa una volta che viene offerta, non la troverà mai più.
Né bisogna dimenticare che l'occasione "è calva di dietro"[14].
Marlowe risale forse a Fedro (V, 8) che ricorda come gli antichi foggiarono l’immagine del Tempo un uomo calvus, comosa fronte, nudo occipitio. Tale immagine (effigies) occasionem rerum significat brevem.
Infine Nietzsche: “Forse il genio non è affatto così raro: sono rare le cinquecento mani che gli sono necessarie per dominare il kairov~, “il momento opportuno”, per afferrare per i capelli il caso!”[15].
Bologna 25 dicembre 2024 ore 19, 45 giovanni ghiselli
[1]T. Mann, Tonio Kröger , in La morte a Venezia, Tristano, Tonio Kröger p. 229.
[2] Aggettivo formato da plhvn e mevlo~, contro il tono, contro il metro.
[3] Curzio Rufo, Historiae Alexandri Magni, 6, 9, 36.
[4] G. Orwell, 1984, p. 55 ss.
[5] R. Palmisciano, Per una riformulazione del curriculum di letteratura greca e latina nel ginnasio e nei licei, “AION” Phil. 2004, p. 250.
[6] Il fatto è noto. Cfr. p. e. F. Scott-Fitzgerald, The Great Gatsby, con una introduzione di Ch. Scribner III, Collier Books, New York 1980, p. XIII.
[7] P. P. Pasolini, Petrolio, Einaudi, Torino, 1992, p. 4.
[8] M. Bettini, I classici nell’età dell’indiscrezione, p. 150.
[9] Goethe, Faust, Parte prima, Notte, vv. 455- 456
[10] Goethe, Faust , Prima parte, Notte, vv. 360-364.
[11] 436-338 a. C.
[12] Del 390.
[13] De officiis, I, 142.
[14] C. Marlowe, L'ebreo di Malta, V, 2.
[15] Di là dal bene e dal male, p. 203.
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