lunedì 30 dicembre 2024

Metodologia 62. 6. La bellezza spaventa.


 

 Petrarca. Leopardi. Dostoevskij: la bellezza è circondata da enigmi. La bellezza è dono di pochi: Ovidio: forma dei munus. Paride nell’Iliade. Hillman, Apuleio e la bellezza di Psiche. Rapporto bellezza-genio. Leopardi e il potere supremo della bellezza (Ultimo canto di Saffo). O. Wilde. La  bellezza però è cosa effimera. Di nuovo Il ritratto di Dorian Gray. Il coro della Fedra di Seneca ammonisce Ippolito: “tempus te tacitum subruet”. Tolstoj: Natascia non si degna di essere intelligente. Pavese nega la forza erotizzante dell’ingegno.  Steiner: il livellamento e l’annacquamento sono criminali.

 

 La bellezza però, come l'amore, fa anche paura, e per questo motivo si tende a negare il suo valore. La bellezza di Laura spaventa Petrarca: "Quante volte diss'io/allor pien di spavento/"Costei per fermo nacque in paradiso!" ( Rime , CXXVI, 53-55). 

" E' proprio dell'impressione che fa la bellezza...su quelli d'altro sesso che la veggono o l'ascoltano o l'avvicinano, lo spaventare, e questo si è quasi il principale e il più sensibile effetto ch'ella produce a prima giunta, o quello che più si distingue e si nota e risalta"[1].

Questo a parer mio succede finché siamo privi di esperienza. Dopo essere stato accettato dalla bellezza di Helena quella di Ifigenia non mi spaventò.

   

Dimitri Karamazov interpreta lo struggente desiderio amoroso come una tempesta nel sangue:"Sono tempeste, perché la lussuria è una tempesta più di ogni altra". Tali bufere sono scatenate dalla bellezza:"La bellezza è una cosa terribile, una cosa spaventosa. E' terribile perché è indefinibile, e non si può definirla perché Dio l'ha circondata di enigmi"[2].

 

Forma dei munus  ricorda Ovidio, ma, chiarisce:"pars vestrum tali munere magna caret "[3] una gran parte di voi  manca di questo dono.  Ecco perché molti temono o ignorano o addirittura odiano la bellezza.

 

La bellezza è dono degli dèi dunque. Lo fa notare già Paride a Ettore nel terzo canto dell'Iliade quando il fratello gli rinfaccia  di essere un donnaiolo (gunaimanev", v. 39) e seduttore (hjperopeutav) di aspetto splendido (ei\do" a[riste) ma senza valore né forza nel cuore (45), capace di portare via donne di uomini bellicosi ma non di affrontarli.

Allora l'amante di Elena gli  risponde:"  non rinfacciarmi i doni amabili dell'aurea Afrodite (mhv moi dw'r j ejrata; provfere crusevh"  jAfrodivth"", 64): nemmeno per te sono spregevoli i magnifici doni degli dèi (qew'n ejrikudeva dw'ra, v. 65) che del resto nessuno può scegliersi.

 

 J. Hillman nota che Psiche "nella favola di Apuleio[4]" fu scelta tra molte per la sua bellezza e che "Afrodite, la Bella, l'anima dell'universo (psyche tou kosmou o anima mundi) - … come dice Plotino[5] (Enneadi , III, 5, 3-4), genera il mondo percettibile -, e insieme l'anima di ciascuno di noi". Quindi il filosofo psicanalista di matrice junghiana pone una  domanda retorica e la commenta: "Come è possibile che la bellezza, che ha svolto un ruolo così centrale e così evidente nella storia dell'anima e del suo pensiero, sia assente dalla psicologia moderna? Pensate: ottant'anni di psicologia del profondo senza un pensiero dedicato alla bellezza!"[6].

La bellezza di Psiche nel romanzo di Apuleio è addirittura ineffabile:"at vero puellae iunioris tam praecipua, tam praeclara pulchritudo nec exprimi ac ne sufficienter quidem laudari sermonis humani penuria poterat" (Metamorfosi, 4, 28), ma la bellezza della ragazza più giovane, tanto eccezionale, tanto splendente, non si poteva esprimere né sufficientemente lodare per l'inadeguatezza della parola umana.

E’ forse per questa pochezza delle parole di fronte alla bellezza che la filologia gliene ha dedicate troppo poche.  

 

A proposito del rapporto tra bellezza e genio, virili imprese, virtù, Leopardi afferma la supremazia della prima nell'Ultimo canto di Saffo dove la poetessa constata che il potere è dei belli:"Alle sembianze il Padre,/alle amene sembianze eterno regno/diè nelle genti; e per virili imprese,/per dotta lira o canto,/virtù non luce in disadorno ammanto," (vv. 50-54). 

Credo che Leopardi sopravvalutasse il potere della bellezza a causa della propria deformità.

In definitiva, come scrive Simonide citato da Adimanto, fratello di Platone nella Repubblica platonica l'apparire violenta anche la verità:" to; dokei'n...kai; ta;n ajlavqeian bia'tai" ( 365c).

Nell’Oreste di Euripide il protagonista riconosce che l’apparenza prevale anche se è lontana dalla verità: “krei`sson de; to; dokei`n, ka]n ajlhqeiva~ ajph`/”(v. 236)

 

Anche Lord Henry elogiando Dorian Gray afferma che potere supremo è quello della bellezza :" Avete un viso meraviglioso, Gray. Non abbiatevene a male. E’ così. E la bellezza è una specie di genio-in verità più grande del genio, perché non ha bisogno di spiegazione. E' una delle cose grandi del mondo, come la luce solare, o la primavera, o il riflesso nell'acqua cupa di quella conchiglia d'argento che chiamiamo luna. Non è una cosa che si possa discutere. Ha un divino diritto alla regalità. Quelli che la possiedono sono prìncipi"[7].

 

O. Wilde, come Nietzsche, brandisce l’arma della bellezza contro il piattume dell’età borghese.

"E' cosa abbastanza strana, per quanto ben comprensibile, che la prima forma in cui lo spirito europeo si è ribellato all'età borghese sia stato l'estetismo. Non a caso ho nominato insieme Nietzsche e Wilde come ribelli, e propriamente ribelli in nome della bellezza"[8].  

Si possono aggiungere senz’altro Huysmans e D’Annunzio.

 

A favore del genio si può dire che è meno effimero della bellezza la cui caducità infatti è deplorata  dallo stesso esteta del romanzo Il ritratto di Dorian Gray:" Sì, gli dèi furono benigni con voi, Gray. Ma gli dèi, dopo breve tempo rivogliono i loro doni. Avete soltanto pochi anni per vivere veramente. Quando la vostra gioventù se ne sarà andata, avrete perduto anche la vostra bellezza, e vi renderete conto d'un tratto che non ci sono più vittorie per voi (...) Perché la vostra gioventù durerà un tempo così breve-così breve! Gli umili fiori di prato avvizziscono, ma rifioriranno ancora. Quest'altro giugno l'acacia sarà d'oro, come è ora (...) Ma noi non torniamo mai alla nostra giovinezza. L'onda di gioia che pulsa in noi a vent'anni, si fa tarda. Le membra non ci ubbidiscono più, i sensi si consumano. Diventiamo ripugnanti fantocci, perseguitati dal ricordo delle passioni di cui abbiamo avuto timore e delle squisite tentazioni alle quali non avemmo il coraggio di cedere. Gioventù! Gioventù! Non c'è nulla al mondo che valga la giovinezza!" ( p. 32).

 

Nella Fedra di Seneca il secondo coro ricorda a Ippolito la precarietà della bellezza, un bene grande ma effimero:"Anceps forma bonum mortalibus,/exigui donum breve temporis,/ut velox celeri pede laberis!/Non sic prata novo vere decentia/aestatis calidae despoliat vapor…ut fulgor, teneris qui radiat genis,/momento rapitur, nullaque non dies/formosi spolium corporis abstulit./Res est forma fugax: qui sapiens bono/confidat fragili? Dum licet, utere./Tempus te tacitum subruet, horaque/semper praeterita deterior subit" (vv. 761-765 e 770-776), la bellezza è un bene bifronte per i mortali, breve dono di un tempo corto, come scivoli via con piede veloce! Non così l'afa della torrida estate spoglia i prati dai bei colori all'inizio della primavera…come il fulgore che splende nelle tenere guance viene rapito in un attimo, e non c'è giorno che non rapini qualcosa a un bel corpo. La bellezza è roba fugace: quale saggio potrebbe fidarsi di un bene fragile? Finché è possibile fanne uso. Il tempo ti demolirà in silenzio, e subentra sempre un'ora più brutta di quella passata.

 Più avanti il coro rincara la dose:"Raris forma viris (secula prospice!) impunita fuit" (vv. 820-821), per pochi eroi la bellezza rimase impunita (guarda il corso dei secoli!)   

 

Tolstoj in Guerra e pace sembra sganciare il fascino dall'intelligenza, almeno in una ragazza giovane: a Maria Bolkonski che ha domandato se Natascia sia intelligente, Pierre risponde:"Penso di no...non credo che si degni di essere intelligente...E' affascinante, nient'altro" (p. 825).

 

  Pavese nega la forza erotica dell'ingegno:" Non c'è idea più sciocca che credere di conquistare una donna offrendole lo spettacolo del proprio ingegno. L'ingegno non corrisponde in questo alla bellezza, per la semplice ragione che non provoca eccitamento sensuale; la bellezza sì"[9]. Probabilmente Pavese non sapeva avvalersi dell’ ingegno in campo erotico. Abbiamo già detto (53. 4) quanto ne fosse capace il non formosus Ulisse. 

 

Non dobbiamo avere paura di avviare i giovani verso le cose belle, rare e grandi. "E' questo il punto: indirizzare l'attenzione dello studente verso quello che, all'inizio, egli non può capire, ma la cui grandezza affascinante lo afferra. La semplificazione, il livellamento e l'annacquamento che prevalgono oggi nell'educazione, tranne i rarissimi casi privilegiati, sono criminali. Si tratta di disprezzo per le nostre capacità latenti. Le crociate contro il cosiddetto elitismo nascondono una condiscendenza volgare: verso tutti coloro che vengono a priori giudicati incapaci di miglioramento. Sia il pensiero…sia l'amore pretendono troppo da noi. Ci umiliano. Ma l'umiliazione, persino la disperazione davanti alla difficoltà-abbiamo studiato tutta la notte eppure l'equazione rimane irrisolta, la frase greca incompresa-possono trovare l'illuminazione all'alba"[10].

 

Bologna 30 dicembre 2024 ore 18, 52 giovanni ghiselli

p. s.

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[1] Leopardi, Zibaldone, 3443-3444.

[2]I fratelli Karamazov , p. 160.

[3]Ars amatoria, III, 103- 104.

[4] Nelle Metamorfosi di Apuleio (125ca-170 d. C.), un romanzo in 11 libri, la Storia di Psiche  occupa la parte centrale: da IV, 28 a VI, 24.

[5] 205-270

[6] L'anima del mondo e il pensiero del cuore , p. 79.

[7] Il ritratto di Dorian Gray (del 1891) , in O. Wilde, Opere , p. 31.

[8] T. Mann, La filosofia di Nietzsche , in Nobiltà dello spirito, p. 838.

[9] Il mestiere di vivere, 31 agosto 1940.

[10] G. Steiner, Errata. Una vita sotto esame, p. 57.

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