Metodologia 57. 1. Il parere di Ovidio: prima viene la cupido poi, se questa c’è, seguiranno i verba:"fac tantum cupias, sponte disertus eris" (Ars amatoria, I, 608).
L'opinione che la parola venga prima di tutto non è assurda; sentiamo comunque un parere diverso.
Secondo Ovidio, ancora prima dei verba viene la cupido: il maestro di erotismo consiglia al corteggiatore l'audacia e la facondia che sarà nutrita dalla forza del desiderio: è il "rem tene verba sequentur " di Catone trasferito in campo erotico:"fac tantum cupias, sponte disertus eris " (Ars amatoria, I, 608), pensa solo a desiderarla, e sarai facondo senza sforzo. Tereo che arde di passione per la cognata Filomela è reso eloquente dallo stesso ardore amoroso:"Facundum faciebat amor " (Metamorfosi , VI, 469). A dire il vero non è un esempio felice perché poi il barbaro re violenterà la sorella della moglie, la principessa ateniese, così brutalmente forzata[1].
La cupido di Ovidio è un elemento della ragione, come il pathos di Hegel[2], ed è produttiva tanto di persuasione quanto di successo erotico.
E’ vero per essere eloquenti non basta conoscere l’argomento: bisogna altresì provare per lo meno interesse e simpatia per la persona alla quale si parla. Sono stato particolarmente bravo a corteggiare le donne che mi sono piaciute di più: Elena più di tutte,
metodologia 57. 2. L’uomo è animale linguistico. Wilde. Steiner. Frasnedi.
Sostengo che il sicuro possesso dei verba potenzia l'azione, la quale del resto non può essere efficace se non è supportata da energie istintive .
La parola comunque è più duratura dell'azione: “Non c’è tipo di azione né forma di emozione che non condividiamo con gli animali inferiori. E’ soltanto attraverso il linguaggio che ci eleviamo sopra di loro o l’uno sull’altro; attraverso il linguaggio che è padre, non figlio del pensiero (It is only by language that we rise above them, or above each other-by language, which is the parent, and not the child, of thought”)[3].
"Da un punto di vista biosociale l'uomo è davvero un mammifero dalla vita breve, programmato per l'estinzione come ogni altra specie. Ma l'uomo è un animale linguistico, ed è questa singola caratteristica, più di ogni altra, a rendere sopportabile e feconda la nostra condizione effimera"[4].
Ancora: "Come essere irripetibile esisto anche nell'orizzonte del linguaggio. Sono un animale linguistico in quanto faccio mio lo strumento della lingua, secondo le modalità individuate dal Devoto con chiarezza suprema: o forzando la lingua, per costringerla a dire il mio mondo, o forzando il mio mondo, per costringerlo dentro gli strumenti che la lingua mi offre (1950[5]: 32, 43, 48)"[6].
Di conseguenza, quanti più strumenti verbali possiedo, tanto meno sono costretto a forzare il mio mondo, e tanto più sono capace di ascoltare: "L'intero processo dell'educazione linguistica ha per fine il radicarsi di questa coscienza, e, con essa, della consapevolezza che l'ascolto dell'altro non è mai un'operazione ovvia. Che ascoltare davvero, come leggere davvero, è sempre incessantemente tradurre"[7].
Bologna 26 dicembre 2024 ore 18, 30 giovanni ghiselli
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[1] Cfr. T. S. Eliot, The Waste Land , vv. 99-103 già citato in 16. 10.
[2] "Il pathos in tal senso è una potenza in se stessa legittima dell'animo, un contenuto essenziale della razionalità e della volontà libera", Estetica , Tomo I, p. 306
[3] O, Wilde, Il critico come artista, p. 54.
[4] G. Steiner, Errata. Una vita sotto esame , p. 105.
[5] Studi di stilistica. Firenze: Le Monnier.
[6] F. Frasnedi, op. cit., p. 112.
[7] F. Frasnedi, op. cit., p. 112.
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