Venerdì sei luglio andai a Misano per fare l’amore.
Come fui giunto sulla spiaggia la vidi adagiata sopra un lettino con la schiena sollevata sui gomiti e la faccia rivolta al tremolar della marina. La riconobbi tra tante dai capelli nerissimi che le cadevano sulle spalle rotonde , lisce abbronzate, e dalle gambe splendidamente tornite, slanciate eppure polpose. Fisicamente la Kore era dotata assai.
Mi venne in mente la mamma quando negli ultimi anni Quaranta, ancora bella, formosa, bruna bruna di capelli e di pelle sempre abbronzata, mi faceva la grazia di portarmi al mare con sé e mi sembrava una divinità che si degnava di accompagnare un mortale, un bambino privo di qualsiasi fascino, dato che a scuola non andavo ancora e non avevo incontrato i maestri che mi avrebbero elogiato per la mia intelligenza e sensibilità non ordinarie. Non era iniziato il mio riscatto attraverso la scuola. Né quello con la bicicletta sulle salite. L’unica cosa bella di me era la madre mia che miravo e ammiravo senza esserne contraccambiato.
Nell’estate del 1979 mi ero rifatto del mancato amore materno con una trentina abbondante di donne, alcune anche belle e fini. Bella era bella Ifigenia ma andava dirozzata ancora un po’ perché le si potesse attribuire finezza. Del resto all’epoca ero meno bello di lei e nemmeno io granché raffinato. Dovevamo lavorarci insieme per mesi, per anni, ma non avevamo tanto tempo davanti, era oramai limitato. Tempus breviatum est si legge nella Prima Lettera ai Corinzi di san Paolo (7, 29)
Proprio così: solo pochi altri giorni tanto intensi avevamo davanti.
Vero è che Helena in un mese mi aveva reso migliore ben più di altre compagne durate pur troppo a lungo quali inutili pesi .
Oggi so che la mamma non mi ha amato fino a quando non sono divenuto abbastanza intelligente e buono da comprendere e accettare la sua stranezza, di compatire il suo dolore, di consolarla dei suoi insuccessi. Mi amò quando finalmente le dissi che non era fallita siccome aveva generato me e mia sorella che eravamo contenti di vivere e le eravamo grati di averci messo in questo mondo pieno di bellezza e di gioia. “Tu non sei soltanto una mamma, sei la mammissima nostra” le dissi. E aggiunsi: “Non sarai emerita però prima dei miei 70 anni e dei tuoi 101”.
Non è giunta a quel traguardo, solo a quello dei 98, ma abbastanza a lungo per arrivare a capirmi e farmi capire.
Ora torniamo sul mare di Misano. Dopo le accoglienze più o meno liete non avevamo molto da dirci ma non sentivamo la noia poiché l’emozione reciproca era tenuta viva da una tensione erotica, un assillo ancora tanto acuto e pungente da stimolare il desiderio di fare l’amore appena possibile e il pensiero di trovare un talamo adatto senza andare nella casetta che condivideva con un paio di conoscenti.
La nuda estate ci avrebbe offerto un asilo, ma dovevamo trovarlo. Altro non ci interessava in quel momento. Ricordo questo stato d’animo e lo rivedo in una foto scattata quel giorno lontano: le labbra della ragazza sono tese, gli occhi vivaci e aperti nonostante il sole abbagliante, i muscoli delle braccia, dello stomaco, delle gambe pronti a scattare come quelli di una puledra o di una baccante che muove rapido il piede impaziente verso il pascolo, a balzi. Tempus breviatum erat, anche per lei.
Bologna 25 dicembre 2024 ore 19, 59 giovanni ghiselli.
p. s.
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