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giovedì 26 dicembre 2024

Metodologia 57. 3. La povertà di linguaggio prelude alla violenza.

Metodologia 57. 3. La povertà di linguaggio prelude alla violenza.

 

Pasolini, Galimberti, Pirani e Auden citato da Sermonti. Menandro (il duvskolo~ tira le pietre invece di parlare) e Teofrasto. Di nuovo Pasolini: il genocidio culturale. L’ottimismo anomalo di Euripide nelle Supplici  (del 422) dovuto ai doni divini: in primis l’intelligenza e la lingua, messaggera delle parole. Luperini: la capacità di linguaggio. Marco Lodoli e il bullismo (“carognismo”) nella scuola.

 La letteratura è un serbatoio di parole, a loro volta messaggere di idèe. Queste non di rado sono paradossali. Alcuni paradossi: la malattia riguarda solo gli stupidi e i viziosi (il vecchio Bolkonskij), l’inumanità della malattia (Settembrini e Hans Castorp), la malattia “altamente umana” e l’elogio della bastonatura (Naphta).

 

P. P. Pasolini aveva capito che la povertà del linguaggio è una forma di impotenza che prelude alla violenza: "Quando vedo intorno a me i giovani che stanno perdendo gli antichi valori popolari e assorbono i nuovi modelli imposti dal capitalismo, rischiando così una forma di disumanità, una forma di atroce afasia, una brutale assenza di capacità critiche, una faziosa passività, ricordo che queste erano le forme tipiche delle SS: e vedo così stendersi sulle nostre città l'ombra orrenda della croce uncinata"[1].

 

“Nel deserto della comunicazione emotiva che da piccoli non ci è arrivata, da adolescenti non abbiamo incontrato e da adulti ci hanno insegnato a controllare, fa la sua comparsa il gesto, soprattutto quello violento, che prende il posto di tutte le parole che non abbiamo scambiato né con gli altri per istintiva diffidenza, né con noi stessi per afasia emotiva”[2]. 

 

“Oggi, mentre il discorso pubblico, politicamente corretto, propone una lingua insignificante, insieme banale e incomprensibile, quello corrente, che i parlanti usano, è largamente influenzato dal linguaggio televisivo, “ridicolo, orrendo, miserabile e scadentissimo”, secondo la definizione di Sermonti…Ben a proposito è stato ricordato, sempre da Sermonti, un aforisma di Auden: “Quando la lingua si corrompe, la gente perde fiducia in quello che sente, e questo genera violenza”[3].

 

In effetti Cnemone,  il Duskolo~[4] di Menandro, invece di parlare, tira pietre e zolle (v. 83) a chi gli si avvicina; e la Scortesia[5] di  Teofrasto è ajphvneia oJmiliva~ ejn lovgoi~, rozzezza di relazione attraverso le parole. 

 

Il discorso più generale di Pasolini è quello dello sviluppo senza progresso:" E' in corso nel nostro paese…una sostituzione di valori e di modelli, sulla quale hanno avuto grande peso i mezzi di comunicazione di massa e in primo luogo la televisione. Con questo non sostengo affatto che tali mezzi siano in sé negativi: sono anzi d'accordo che potrebbero costituire un grande strumento di progresso culturale; ma finora sono stati, così come li hanno usati, un mezzo di spaventoso regresso, di sviluppo appunto senza progresso, di genocidio culturale per due terzi almeno degli italiani"[6].

 

Il genocidio culturale parte sempre dall’impoverimento e imbarbarimento della lingua. La fiducia nel progresso della vita è fiducia nella lingua.

Euripide in uno dei suoi rarissimi momenti di fiducia nella vita, nelle Supplici scritte nel 422, quando si stava preparando la pur malsicura pace di Nicia, fa dire a Teseo parole di un ottimismo non solo pedagogico[7], ma più generale e ampio, relativo alla vita umana che ha ricevuto dagli dèi grandi benefici.  Segue l’elenco di questi: i primi sono l’intelligenza e la lingua indispensabile per esprimerla. Vediamo la successione leggendo alcune parole del tragediografo  : “ e[lexe gavr ti~ wJ~ ta; ceivrona-pleivw brotoi'sivn ejsti tw'n ajmeinovnwn.- ejgw; de; touvtoi~ ajntivan gnwvmhn e[cw,-pleivw ta; crhsta; tw'n kakw'n ei\nai brotoi'~.-eij mh; ga;r h\n tovd  j , oujk a]n h\men ejn favei” (Supplici, vv. 196-200), un tale[8] infatti disse che il male supera il bene per i mortali. Io invece ho il parere contrario a questi: che sono più numerosi i beni dei mali per gli uomini. Se non fosse così infatti non vivremmo nella luce.

Il "Pericle in vesti eroiche” procede lodando chi tra gli dèi ha dato ordine alla vita umana, un tempo bestiale e confusa, prima infondendo nell’uomo l’intelligenza, poi aggiungendo la lingua, messaggera delle parole (prw'ton me;n ejnqei;~ suvnesin, ei\ta d  j a[ggelon -glw'ssan lovgwn douv~), in modo che distinguesse le voci, quindi il nutrimento dei frutti della terra, e la pioggia del cielo per farli crescere, e ha procurato difese dal freddo e dal caldo, ha insegnato a navigare per i mari e a scambiare i prodotti di cui è povera la terra.

 

“Il rilancio dell’insegnamento della letteratura…comporta altresì un interesse linguistico volto all’acquisizione-tanto nel discorso parlato quanto in quello scritto-di una capacità di linguaggio non soltanto corretto, ma anche astratto, culturale e problematico, volto alla formulazione di ipotesi logiche e all’argomentazione rigorosa e persuasiva”[9].

Marco Lodoli torna sull’argomento in seguito a episodi cosiddetti di bullismo, che “ sarebbe meglio chiamare carognismo”, nella scuola: “Sono vent’anni almeno che l’immaginario della nostra società si struttura attorno alla violenza, al denaro, al cinismo, alla brutalità, sono vent’anni almeno che gli insegnanti si trovano ad affrontare ragazzi ipernutriti da un cibo avariato che avvelena la mente, eccita a dismisura i desideri, accelera i tempi fino alla frenesia, cancella ogni pazienza ed esalta sempre e comunque una trasgressione senza scopi…Così umilia, perseguita, picchia il compagno più debole, ancora incastrato nella sua naturale fragilità, così calpesta il compagno handicappato, perché quella debolezza non trova alcuno spazio nel suo ordine di valori”[10].

 

Bisogna anche dire che la letteratura è ricca di personaggi, situazioni, caratteri. Insomma, se la lingua è messaggera delle parole, queste a loro volta annunciano le idèe, le quali non di rado sono piuttosto lontane dal pensare comune. Vediamo qualche esempio di questo pensiero paradossale.

Le malattie talora vengono considerate segno di colpa e di debolezza della volontà, o anche come qualcosa di inumano. Quando il principe Andrej Bolkonskij domanda al padre :"Come va la vostra salute?", il vecchio risponde:"Mio caro, solo gli stupidi e i viziosi si ammalano. Tu però mi conosci: dalla mattina alla sera sono occupato, sobrio, e quindi sano"[11].

“La malattiacambia talora, com’è detto, l’ingegno e il carattere, o per sempre o per momenti” (Leopardi, Zibaldone, 3202)

 “La malattia porta con sé minorazioni sensorie, deficienze, narcosi provvidenziali, misure di adattamento e di alleggerimento spirituali e morali della natura, che il sano ingenuamente dimentica di mettere in conto. L’esempio migliore era tutta quella marmaglia di malati di petto con la loro leggerezza, la loro stupidaggine, il loro leggero libertinaggio, e la mancanza di buona volontà per raggiungere la salute”[12].

La teoria della inumanità della malattia esposta dall’umanista Settembrini, convince Hans Castorp: “Giovanni Castorp trovò la cosa bellissima , interessante, e disse al signor Settembrini che la sua teoria plastica lo aveva completamente conquistato. Poiché, si dicesse pure quello che si voleva-e qualcosa si poteva pur dire; per esempio: che la malattia era uno stato vitale accentuato, ed aveva quindi in sé qualcosa di festivo, di solenne-si dicesse dunque pure quello che si voleva, fatto sta che la malattia significava una superaccentuazione dell’elemento corporeo; essa additava, per così dire, all’uomo il suo corpo e lo riconduceva, lo respingeva ad esso, pregiudicando la dignità umana fino al suo annientamento, appunto perché abbassava l’uomo fino a diventare soltanto corpo. La malattia era dunque inumana”.

Il gesuita naturalmente ribatte e confuta questa teoria: “Naphta replicò dicendo che la malattia era invece altamente umana; poiché essere uomo significa essere malato”[13]. 

Secondo paradosso di Naphta la bastonatura potrebbe anche  elevare lo spirito: “ Non destò invece sorpresa e tuttavia sbalordì per una certa aspra insolenza il sentire Naphta esprimersi in favore della bastonatura. Secondo lui era assurdo, in quel caso, farneticare sulla dignità umana, poiché la nostra dignità consiste nello spirito, non nella carne, e siccome l’anima ha purtroppo una grande tendenza a trarre tutta la sua gioia di vita dal corpo, così i dolori che si infliggono a questo sono un mezzo raccomandabilissimo per amareggiare all’altra il gusto del sensuale e contemporaneamente per distoglierla dalla carne e ricondurla allo spirito che, solo in tal modo, potrà riconquistare la sua supremazia. Santa Elisabetta era stata staffilata a sangue dal suo confessore Corrado di Marburgo; questo trattamento, come dice la leggenda, ‘inebriò la loro anima fino al terzo coro’ ”[14]. 

 

Bologna 26 dicembre 2024 ore 19, 58 giovanni ghiselli

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[1] Scritti corsari, p. 187.

[2] U.Galimberti, L’ospite inquietante, p. 49.

[3] Mario Pirani, La lingua italiana “penzata” e “leggislativa”, “la Repubblica”, 11 giugno 2007, p. 20.

[4] Commedia del 316 a. C.

[5] Aujqavdeia, XV dei Caratteri

[6] Scritti corsari, p. 286.

[7] Che vedremo più avanti, verso la fine (69).

[8] Probabilmente Euripide allude a un passo di Prodico di Ceo, o comunque di un sofista.

[9] R. Luperini, Insegnare la letteratura oggi , p. 100.

[10] M. Lodoli, Ma il bullismo in classe non è colpa della scuola, “la Repubblica” 17 novembre 2006, p. 22.

[11] L. Tolstoj, Guerra e pace, p. 146.

[12] T. Mann, La montagna incantata, II, p. 119.

[13] T. Mann, La montagna incantata, II, p. 134.

[14] T. Mann, La montagna incantata, II, p. 123.

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