lunedì 30 dicembre 2024

Ifigenia 138 La gita “scolastica” a Eger. La cantina. Bacchus Pannonius. I disegni di una bambina geniale.

 

Sabato 4 agosto andammo  tutti a Eger, famosa per avere respinto un assalto dei Turchi e per i suoi vini: l’ Egri bikavér , il sangue di toro di Eger, già noto a chi mi legge, e  l’ Egri leánika,  la fanciulla di Eger, una baccante probabilmente, due splendidi doni di Bacco alla Pannonia.

Dioniso e il toro, Dioniso e le fanciulle menadi invasate da lui.

 Deve esserci stato anche un Bacchus Pannonius oltre quello tebano e quello ateniese.

Entrammo in un borozó, una grande cantina:

 Non mi limitai a bere però; dialogai con Silvia, la giovane tedesca bionda e un poco opulenta che sapeva parlare e pure ascoltare. Quel giorno, facendo attenzione a tutto quanto udivo e vedevo, compresi che la maturità mentale consiste, tra l’altro, nel ridiventare com’eravamo quando si era bambini o bambine, prima delle diverse crisi di identità dell’adolescenza o dei vénti anni iniziali. L’età tragica della mia vita e di tanti altri umani.

Mentre osservavo e ascoltavo, mi accorsi che da qualche tempo  l’intelligenza, le esperienze e un demone buono mi stavano riconducendo alla mia antica natura infantile qual era prima che venisse contraffatta e aulterata dai luoghi comuni dell’epoca.

Ero diventato deforme in quanto ni ero reso difforme da me stesso per essere accettato da gente stupida e cattiva.

 

 Ci venne vicino una giovane donna con una bambina di quattro o cinque anni che disegnò il disco solare con i raggi e disse: “questa è la testa del fuoco ed è la faccia di Dio”. Mi tornò in mente Platone, il mito della caverna e il sole che è nel visibile quello che è  l’idea del Bene,  il massimo oggetto di scienza[1] nell’intellegibile

Quindi  ricordai quanto ha scritto Leopardi a proposito della filosofia che ci ha insegnato  “quello che da fanciulli ci era connaturale,  e che poi avevamo dimenticato e perduto” [2].

A tredici anni ero innamorato di Marisa una ragazzina coetanea senza sapere altro che mi piaceva e che era brava a scuola. E che se mi avesse contraccambiato sarei stato felice. Ma ci avevo arzigogolato sopra e sono stato inquietato da mille pensieri torbidi nei confronti di ogni donna che mi fosse piaciuta, problemi spesso fasulli ma capaci di ostacolare l’intesa, l’amore, perfino il piacere , veri problhvmata.

La bambina  ungherese  poi aveva disegnato il mare con un pesce enorme, una rete, tanti pesci piccoli, e aveva spiegato: “Questa è la balena che cattura i pesciolini con una ragnatela”.

“Il diritto del più forte-pensai-uccellacci e uccellini. I bambini intelligenti capiscono molte cose. Intuiscono la parentela di tutto con tutto, dell’intera natura con se stessa, siccome hanno dentro qualche cosa di sacro, e lo manifestano fino a quando non temono i giudizi mortificanti degli adulti mortificati ”.

Voglio dire che arrivato vicino ai 35 anni, dopo tante esperienze e letture, mi sentivo simile a quella creatura nel senso che avevo recuperato il coraggio infantile di esprimere quanto pensavo e sentivo: non temevo più i giudizi della gente meccanica, formata sui luoghi comuni, mimetica della pubblicità mimesi  a sua volta del maligno. E’ imitatio diaboli e andrebbe proibita. Elogiai la piccola alla madre, una bella signora bruna, con gli zigomi alti e gli occhi chiari, dal taglio magiaro vicino al finnico-momgolico. Mi disse il suo nome e mi chiese chi fossi. Mi presentai e risposi che ero un uomo contento e che mi piaceva l’ umanità: facevo un lavoro che mi interessava e impegnava molto, amavo una donna contraccambiato, godevo di una buona salute mentale e fisica, e volevo rendermi utile al prossimo mio, a partire dagli adolescenti che educavo a diventare ciascuno quello che era davvero, possibilmente bello e buono.

A Silvia, quando mi chiese dei chiarimenti su quanto aveva sentito, aggiunsi che stavo riprendendo coscienza dell’ottimismo mio, connaturato eppure smarrito durante la crisi postliceale, siccome in quel tempo sciaguratissimo avevo creduto nei bruti asserviti alla pubblicità e alle propagande più che in me stesso. Avevo passato un biennio di quasi disperazione, senza bicicletta né corsa, con studio fatto male e controvoglia per  riferire  nozioni a umbratici doctores  tutt’altro che educatori stimolanti, privo di amore, di amicizia, di tutto  tranne il cibo che mi deformava, incapace di vivere umanamente; poi   avevo reagito e cominciato a ritrovare quello che ero, a ridiventarlo riveduto e corretto,  e ce l’avevo fatta aiutato  dal  movimento del Sessantotto e dai collegi universitari di Bologna e di Debrecen grazie ai quali ero uscito dall’isolamento.

I dispensatoi di grazia salvifica erano stati i miei primi allievi, l’amicizia di Fulvio, l’Elena di Praga e  le tre grazie finlandesi  Helena, Kaisa, Päivi e alla fine dei conti  Ifigenia la bella che mi aspettava senza fornicare, speravo,  in Italia sul lido Adriano dove piuttosto osservava gli innumerevoli sorrisi della distesa marina e pensava a me, come io la pensavo.

 

Bologna  30 dicembre 2024 ore 19, 18 giovanni ghiselli

p. s.

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[1] Platone, Repubblica, 505a:"hJ tou' ajgaqou' ijdeva mevgiston mavqhma".

 

[2]   Zibaldone, 305.

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