La mattina del 20 giugno ero a Bologna nel mio studio dove facevo lezione su Menandro agli studenti di una mia ex classe che doveva affrontare l’esame di maturità e mi aveva chiesto aiuto.
Facevo lezione sulla Commedia Nuova con minore concentrazione del solito perché temevo la perdita di Ifigenia che non sentivo da un paio di giorni. Pensavo che la sua attenzione fosse stata distratta da un maschio.
Verso le 11 però, mentre stavo spiegando il Dyskolos con un’amarezza che mi spingeva a identificarmi con il vecchio misantropo, e sotto la finestra aperta il camion della spazzatura- detta “rusco” a Bologna- faceva un rumore assai molesto, Ifigenia telefonò.
“Ciao gianni”,
“Ciao amore, come stai? dove sei?”
“ Sono a Marina di Ravenna con un’amica. Dormiremo nella barca di Stefano”
“Stefano?”
“Sì, il compagno della mia amica Rosina. Sto bene però tu mi manchi”.
“Mi venne subito in mente una canzoncina o canzonaccia goliardica: “Rosina dammela, dammela, dammela, dammela; rosina dammela, dammela per amor!”. Non la Rosina di Rossini dunque.
In ogni modo risposi a tono.
“E tu manchi a me. Allora quando ci vediamo?”
“Presto, se vuoi anche prestissimo”
Allora non potei non ricordare: “io sono docile, son rispettosa, sono obbediente, dolce, amorosa; mi lascio reggere, mi fo guida”
Queste parole avrei volute cantargliele magari declinate e coniugate nella seconda persona, ma quella, come Rosina, cambiò tono dicendo:
“Ti ho telefonato solo per dirti che sono sul mare. Se verrai, di giorno potrai trovarmi dalla bagnina Luana, di notte sarò sul porto”.
Quel “solo” mi straziò e pure il porto di notte non evocò pensieri buoni. Magari è arrivato qualcuno che l’ha toccata nel punto debole, pensai anche.
Ero molto fragile allora. E il nostro rapporto evidentemente non funzionava. La sua sensibilità non si confaceva alla mia molto delicata invero, anche troppo, “anca masa” dicevano i colleghi veneti
Però da altre donne, Elena Augusta in primis, simili colpi non mi erano stati inferti. Vero è pure che queste amanti beneducate dopo un mese appena erano sparite, mentre dopo 9 mesi Ifigenia c’era ancora. In ogni caso quella mattina mi aveva addolorato e indispettito. Sicché troncai la telefonata.
“Ho capito-dissi-Ora scusami: sto facendo lezione. Magari ci risentiamo”.
In quel tempo quando ricevevo una parola che mi sembrava sgarbata, cercavo di contraccambiare il dispiacere che mi aveva arrecato. Senza riflettere punto. In casa mia usava così. Poi da altri esempi ho imparato a prendere tempo con maggiore intelligenza e civiltà.
Nel pomeriggio mi consolai non poco scalando l’erta salita del santuario del divo Luca con la bicicletta, esponendomi al sole e all’aria fortificante dell’estate piena, ammirando lo splendore delle cose e l’abbronzatura delle persone immerse nella luce di giugno. Le gambe delle ragazze costituivano il massimo oggetto della mia attenzione. Ammiravo quelle con polpacci da ciclista.
Dopo San Luca passai al colle Donato attraverso altre salite e alcune discese. Spesso nel mese di giugno salgo sui colli per vedere il sole occidente intorno alle nove. Quel giorno, al dio che si annidava tra gli alberi chiesi di ricordarmi a Ifigenia che forse stava mettendolo a letto anche lei. Il dio mi esaudì qualche ora più tardi.
A Pesaro da metà maggio alla fine di luglio il dio tramonta nel mare tra gli applausi dei pesaresi devoti al suo nume. Vado a vederlo tutte le sere dal molo del porto. Lo osservo e lo prego.
Verso le dieci andai a trovare un amico, compagno di università. Un ragazzo che aveva studiato in seminario poi ne era scappato perché gli piacevano troppo le donne. Queste però gli facevano anche paura. Più che a me. Dunque cercai di incoraggiare me e lui con un’apoteosi della femmina umana.
“La donna-peroravo- quando è bella e buona rappresenta nel visibile quello che è il Bene nell’intellegibile, al pari del Sole. Porta significazione di Dio più dei tramonti di giugno sui campi di grano dove i papaveri spruzzati dalla pioggia del temporale passato brillano come rubini; più dello stesso cielo sereno e fiammeggiante che nei meriggi estivi si specchia sulla bonaccia del mare assopito; più delle erbose
convalli che verdeggiano tra pallide rocce costellate di fiori perlacei, vellutati, inodori. La donna è più appassionante di tutto questo, è più fertile, più profumata, più vicina al creatore. La sua bellezza è feconda, è viva, è odorosa: parla, spesso sa anche pensare. Lo splendore di una femmina davvero umana dà luce alla nostra vita mortale, la indìa quando il desiderio di lei è appagato, magari anche soltanto dal raggio divino del suo sorriso”.
L’amico obiettò che avrebbe voluto una donna pura come Santa Maria Goretti e bella come Gloria Guida.
“Maria Goretti è una bambina martire da Corinaldo-precisai- ammazzata dodicenne da un bruto, una marchigiana anche lei.
Gloria Guida però mi sembra tutt’altro tipo. Devi conciliare i due esemplari contrastanti”
“Non ce la faccio se Dio non mi aiuta”, rispose.
Bologna 23 dicembre 2024 ore 19, 43 giovanni ghiselli.
p. s.
Ho rivisto in televisione la scena splendida del ballo che conclude Il Gattopardo di Visconti. L’avevo visto la prima volta da adolescente, ammirandolo ma capendoci poco.
Ieri osservando Alain Delon e Claudia Cardinale al culmine della loro bellezza ho pensato che nell’estate del 1971 a Debrecen Elena e io funzionavamo come quei due dieci anni prima. Ho guardato di nuovo, con occhi nuovi, la fotografia che ci ritrae accostati nel culmine delle nostre gioventù e ho trovato una similitudine con la felicità dei due attori.
Tuttavia noi emaniamo una gioia più autentica.
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