Ifigenia è un nome circondato da un alone letterario, eppure profano; l’alone di Helena, la finlandese amata nel 1971, è non solo letterario ma pure sacro.
Mi accingo a procedere nel racconto della storia con la bella italiana. Cercherò di rendere interessante quanto di personale scrivo in modo che nei miei amori ciascun lettore possa riconoscere qualche cosa dei propri.
La sera del 30 giugno Ifigenia con una coppia di amici suoi e con il suo bambolotto più caro, chiamato Cicciobello, partì per Misano dove avrebbe passato il mese di luglio in una casetta presa in affitto e sulla spiaggia gremita.
Ricordo bene quella piccola casa perché c’ero stato un paio di volte, poi diverse altre volte mentre ero a Debrecen dove non cercavo l’amore come negli anni passati ma affaticavo il cervello chidendomi perché non mi scrivesse, oppure non arrivasse l’espresso promesso, falso dilemma, pensavo all’amante silente tra le pareti della sua stanza di notte, o nella cucina a bere il caffè dopo il riposo nel letto, speravo non agitato e scosso da chissà quale tanghero, mentre di giorno Ifigenia si inebriava di luce e calore come una nera puledra muovendo le sue splendide cosce lisce e abbronzate sulla riva affollata e nelle strade intasate.
A quella casetta prossima al mare indirizzavo la posta ogni giorno senza ricevere mai l’agognata risposta. Come succedeva con la mamma bella e bruna negli anni Cinquanta quando ero a Moena con la zia Giulia, e la madre mia si trovava a Pesaro dove spedivo lettere e cartoline senza ricevere mai nulla da lei. Accadrà di nuovo con Päivi dopo la mia visita in Finlandia nel settembre del 1974 e l’aborto mai comunicato. Helena Augusta invece mi scrisse e mi rese conto di quanto aveva deciso. Ecco perché è diventata la suprema, la sublime tra le donne amanti incontrate in questa vita mortale. Non mi ha mai ingannato.
A mano a mano che i giorni passavano e la posta promessa non arrivava, si ripeteva l’antico dolore del bambino che si sentiva abbandonato, sicché il silenzio ostinato riapriva la ferita, anzi l’ulcera mai guarita del tutto, e l’amore per Ifigenia diveniva ogni giorno più brutto, più impuro, infettando la piaga che generava dolore, risentimento, rancore. Sospettavo ma non volevo ancora saperlo con tutto me stesso che non rispondere significa non amare la persona che ti cerca e ti aspetta siccome c’è altro da fare, ci sono piaceri da ricevere e dare. Avrei dovuto approfittarne per fare altre esperienze anche io se fossi stato meno pazzo. C’era una tedesca di Berlino est che mi corteggiava assiduamente ma io la frequentavo solo da amico. Tra l’altro questa ragazza aveva un eloquio, pur in inglese, più ricco di contenuti interessanti, ossia politici, dello sciocchezzaio sentimentale, falso oltretutto, cui mi ero assuefatto negli ultimi mesi. Tali donne se ci piacciono per qualche motivo, prevalentemente carnale, dobbiamo prenderle come sono, senza soffrire se non sono colte né intelligenti né sante come la ragazza madre di Cristo o Maria Goretti da Corinaldo l’idolo dell’amico evaso dal seminario.
Le femmine non sante sono incarnazioni della carne. Volerle diverse da come sono è u[bri~, è dismisura mentale e morale. Al ritorno Ifigenia voleva continuare con me: se avessi avuto una relazione con la germanica, la bionda Silvia, avrei avuto l’anima in pace. Ma ero mezzo pazzo. E scemo del tutto: in quel mese caddi in balìa del mio côté deficiente evidenziato dalla zia Rina.Sono ancora pentito di non avere fatto l’amore con quella ragazzona che anche solo parlando mi insegnava tanto.
Del resto nei due anni seguenti con Ifigenia ho imparato molto altro sul male.
Bologna 25 dicembre 2024 ore 11, 19
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