NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica

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domenica 29 dicembre 2024

Ifigenia 127. Doppio sogno con le visioni notturne di Helena Augusta e degli amici più cari.


 

La notte tra il 27 e il 28 luglio sognai: situazioni felici dei miei ventanni lontani, sognai. Ebbi due visioni notturne pullulate dal ricordo di due gite fatte nell’estate del 1971.

  La prima al Tibisco in luglio con Helena, Fulvio, Ezio, Alfredo e Claudio.

Giungemmo a Zahóny dove il fiume divideva l’Ungheria dall’Unione Sovietica. L’acqua era solcata da motoscafi con uomini armati. Volevo farmi bello con Helena e dissi: “andiamo a nuotare?”. Ezio approvò.

Per accentuare il rischio e l’eroismo dell’impresa dissi: “dai Ezio, attraversiamo il fiume: “vediamo se i Russi sono davvero cattivi come si dice e ci sparano addosso”.

Helena replicò con il suo stile di donna coraggiosa e incoraggiante: “Ma no, il Tibisco non è l’Ussuri! Da Budapest a Vladivostok vale e funziona il patto di Varsavia!”.

Dopo tale benedizione dalla domina mia santa protettrice avrei affrontato anche le cannonate. Sicché ci tuffammo dalla riva cespugliosa e sassosa. Quando fummo in mezzo alle rauche correnti però, il via vai dei motoscafi che perlustravano le sponde ci sbigottì. Temevamo urti terribili dalle prore dei battelli veloci mentre si nuotava con la testa appena affiorante dall’acqua. Mezza bravata l’avevamo già fatta e gli amici ci applaudirono. Quindi ci offrirono da bere in una csárda con violani zigani e le danze ungheresi di Brahms. Era l’Ungheria ritenuta la vera terra magiara, ma pure di maniera e un poco falsa, come piace a me.

Ripartimmo per Debrecen verso le nove. Nel sogno che sto raccontando Helena non c’era più. Non vedevo l’ora di arrivare per ritrovarla. Cantavo una canzoncina finlandese Kalliolle kukkulalle-rakennan mina maiani- tule tule tytto nuori- yakama se munkassani.

Queste parole avevo sentito  dal coro delle finniche e le ripetevo nel sonno senza sapere che cosa significassero, però mi sembrava un canto d’amore.

Arrivati a Debrecen intorno alle 11, mi precipitai sotto la finestra dove mi era apparsa tante volte Elena bella ma questa volta non c’era. Allora mi diedi a correre freneticamente su e giù per le scale dei due collegi, invano. Quindi decisi di andare a cercarla in tutti i locali di Debrecen. Prima però andai a fare una doccia. Tornato in camera, avvenne il miracolo: bussò lei e mi chiese di portarla a ballare al Művész. Questo era successo davvero.

 

 

Dopo questo sogno ne feci un altro, sempre fondato su un ricordo bello.

Eravamo seduti in un locale sul Balaton in una sera di agosto. Avevamo cenato e bevuto insieme, parlando bene delle nostre vite. Eravamo felici.

Volli dare un’altra prova di coraggio, di confermare il mio ruolo di vir, anzi di onorarlo mostrando segni di virtus.

“Vado a tuffarmi e  nuotare nel lago” dissi alzandomi.

Questa volta Elena cercò di trattenermi: “stai scherzando? Hai appena terminato di cenare: vuoi lasciarmi vedova qui in Ungheria?”

“No, anzi, tesoro: vado a iibattezzarmi nel Balaton per meritare il tuo amore: se non facessi il bagno dopo questa mangiata e bevuta rischierei il torpore che costituirebbe una profanazionr della tua immagine santa”.

Così andai a nuotare e al ritorno fui accolto come un eroe da Elena e dai nostri amici allertati da lei nel caso che l’acqua fredda mi avesse provocato malore.

Due storie dunque e un doppio sogno. Credo che se non avessi nell’anima tali ricordi sarei morto da un pezzo, morto pazzo dal dolore e la noia sofferti dai tanti imbecilli e farabutti incontrati . Ricordi belli e santi  come questi costituiscono  la migliore delle educazioni. Lo dice Alioscia alla fine dei Fratelli Karamazov e lo confermo con queste storie di Elena e mie.

Bologna  29  dicembre  2024 ore 9, 13 giovanni ghiselli

 

p. s

Le parole della canzoncina finlandese possono essere piene di errori. Se qualcuno me le correggerò sarò contento. Magari fosse Elena stessa! Chissà se è ancora viva o è morta come gran parte dei miei coetanei.

Anche Marisa è morta: ne ero innamorato nel 1858 a 13 anni e mezzo: eravamo i due più bravi della scuola Lucio Accio.

Io mi tengo su leggendo, scrivendo, parlando e pedalando. Lei era una ragazzina di razza un atleta dello studio e della scuola. Temo che sia inciampata nella corsa. E’ stata l’unica che mi ha fatto pensare alle nozze. Ma eravamo due bambini, poi ci siamo persi di vista.

 

 

 

 

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