Finita la storia con Ifigenia, sono tornato più di una volta a osservare il fatiscente edificio, collegio forse di una razza estinta di mostri, per poterlo descrivere con precisione; tuttavia non ho trovato il coraggio di oltrepassare l’ultimo dei tre gradini sbrecciati. Mi sono affacciato all’interno, ho rievocato e ruminato i ricordi rimanendo sulla soglia, poi sono tornato a Pesaro oppure a Bologna.
Oggi penso che in quella occasione noi due dovevamo sentire un ineluttabile impulso erotico per avere il coraggio e lo stomaco di entrare tra quelle macerie, per stenderci nudi e inermi esponendoci a diversi rischi: dal soffitto malsicuro in bilico sulle nostre teste, al malvivente che poteva colpirci turpemente in tanti modi, alla perfida serpe sempre pronta a guizzare fuori dall’agguato per infilare i propri denti letali nelle nostre carni esposte a ogni danno.
Allora in certi momenti sentivo per la giovane donna che mi si era affidata un’attrazione che mi dilatava l’anima verso la sua persona, e se non leggevo ma stavo con lei, se non pensavo ma facevo l’amore con lei, se non interrogavo il mare o gli alberi o il cielo ma guardavo vivere Ifigenia, non mi sembrava di perdere tempo: il desiderio che sentivo escludeva noia, rimpianti, rimorsi. Un desiderio contraccambiato e soddisfatto: ora guardo una fotografia di quei giorni e vedo la ragazza con le labbra tese dalla volontà di piacermi e dirmi parole invitanti, con gli occhi aperti che lanciavano bagliori di intesa, con le belle membra pronte a scattare verso la gioia che ci chiamava a celebrare i nostri tripudi festosi. Erano gli ultimi giorni di una felicità già vicina all’abisso.
La sera del 24 agosto, quando tornai dal mese di Debecen e la incontrai alla stazione di Padova, la sua bocca era sfatta come un fico troppo maturo, gli occhi erano semichiusi e opachi come se una persona cattiva glieli avesse offuscati, le sue spalle cadenti si appoggiavano sulle mie come se un malvivente cui si era affidata le avesse spezzato il vincolo dell’armonia che tiene insieme le membra.
Da quella sera lo stare con lei in qualsiasi modo non giustificò più il mio trascurare lo studio, siccome studiare era attività più emozionante che frequentare quella povera creatura avvizzita, noiosa, fuorviata da se stessa, corrotta e incattivita da gente malvagia.
Bologna 26 dicembre 2024 ore 9, 52 giovanni ghiselli
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