NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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giovedì 19 dicembre 2024

Metodologia 25. Il pragmatismo e il vuoto di carità.


 

Giasone ("dra'/ ta; sumforwvtata ", Medea, v. 876, fa quello che è più utile ), come farà Charles Grandet.  I matrimoni di Tony Buddenbrook (e la “Civiltà di vergogna”). Viceversa: Kierkegaard e Svevo. Pasolini: l’interpretazione puramente pragmatica è priva di carità. San Paolo e la caritas. Il kevrdo" è un’ ossessione di alcuni personaggi della tragedia come l’utilitas per Poppea Sabina di Tacito. Secondo Leopardi è la ragione che,  mentre cerca l’utile, toglie le illusioni e “inferocisce le persone”.

 

 P. P. Pasolini parlava di vuoto di Carità[1] dell'Italia degli anni Settanta. Riferiamolo alla Medea di Euripide. Da questa tragedia,  com'è noto, lo stesso Pasolini  ha tratto un film[2] nel quale ha voluto mettere in evidenza "il confronto dell'universo arcaico, ieratico, clericale[3], con il mondo di Giasone, mondo invece razionale e pragmatico"[4]. Queste affermazioni, utilissime a capire il testo di Euripide, vanno però prima chiarite e autorizzate attraverso un confronto con alcune parole del dramma antico.

Il pragmatismo dell'uomo greco si manifesta chiaramente quando il seduttore dichiara a Medea di avere voluto cambiare donna, prendendo la principessa di Corinto, non perché odiasse la madre dei suoi figli, o perché ne volesse altri, ma per la cosa più importante: vivere bene, lui con la famiglia (o le famiglie) e senza restrizioni[5], sapendo con certezza che il povero tutti lo sfuggono, anche se amico. Egli insomma "dra'/ ta; sumforwvtata[6] " (v. 876) fa quello che è più utile, come riconosce con ironia la moglie abbandonata, quando finge di sottomettersi e di approvarlo, beffeggiandolo.

 

In maniera analoga a Giasone si comporta Carlo Grandet di Balzac, quando scrive a sua cugina Eugenia che lo aveva atteso per sette anni, amandolo, dopo che si erano giurati amore eterno:"L'amore, nel matrimonio, è una chimera. Oggi la mia esperienza mi dice che bisogna obbedire a tutte le leggi sociali e salvaguardare col matrimonio tutte le convenienze volute dal mondo (…) Oggi io posseggo ottantamila lire di rendita. Questo denaro mi consente di unirmi alla famiglia d'Aubrion, la cui ereditiera, una giovane di diciannove anni, mi porta col matrimonio il suo nome, un titolo, la carica di gentiluomo onorario di camera di sua Maestà, e una posizione fra le più brillanti. Vi confesserò, mia cara cugina, ch'io non amo affatto la signorina d'Aubrion; ma, unendomi a lei, assicuro ai miei figli una situazione sociale i cui vantaggi saranno in avvenire incalcolabili"[7].

 

Una pretesa non tanto diversa troviamo  nell'epopea borghese di I Buddenbrook di T. Mann dove Tony affronta diversi matrimoni per una presunta convenienza individuata dalla famiglia capeggiata dal fratello, il console Thomas Buddenbrook che "considerava legge suprema quella di salvare le apparenze"[8].

 

Siamo non solo nella cultura del profitto, ma altresì nella Civiltà di vergogna di cui parla E. R. Dodds.  In essa "il bene supremo  non sta nel godimento di una coscienza tranquilla, ma nel possesso della timhv, la pubblica stima "[9].

 Ebbene Tony si sentiva "Come un anello in una catena (…) Sì appunto come anello di quella catena lei aveva una grande importanza e responsabilità: era chiamata a collaborare con fatti e risoluzioni alla storia della famiglia"[10].

Questo pragmatismo coniugato con il “salvare la faccia” crea dolori e vittime nel matrimonio e non solo.

 

Viceversa Kierkegaard afferma:" sincerità, apertura di cuore, rivelarsi, intendersi, ecco il principio vitale del matrimonio, senza le quali cose esso è contrario alle regole della bellezza e, propriamente, amorale, perché così si separa ciò che l'amore congiunge, il sensuale e lo spirituale (...) L'intesa, ecco dunque il principio vitale del matrimonio"[11].

Analoga riflessione (sempre a proposito del matrimonio) si trova in Svevo:"Se il giovine ama la ragazza, l'affare è certamente buono; se non l'ama, pessimo"[12]. 

Nelle scuole si dovrebbe insegnare qualche cosa sul rapporto tra uomo e donna.

“in fondo, è una cosa importante quanto la geografia del nostro paese, o le regole fondamentali della conversazione. Influisce sulla serenità di una persona tanto quanto l’educazione o una sicura padronanza dell’ortografia. E non ha nulla di frivolo…voglio dire, al momento giusto, persone intelligenti e preparate-poeti, medici- dovrebbero parlare ai giovani delle gioie della convivenza…non di “vita sessuale”, ma di gioia, pazienza, modestia, appagamento”[13].

 

Sentiamo ancora Pasolini:"L'interpretazione puramente pragmatica (senza Carità) delle azioni umane deriva dunque in conclusione da questa assenza di cultura: o perlomeno da questa cultura puramente formale e pratica"[14].

In un altro scritto Pasolini associa l’assenza di cultura alla droga: “Perché ci si droga? Non lo capisco, ma in qualche modo lo spiego. Ci si droga per mancanza di cultura…E’ chiaro che chi si droga lo fa per riempire un vuoto, un’assenza di qualcosa, che dà smarrimento, angoscia. E’ un sostituto della magia. I primitivi sono sempre di fronte a questo vuoto terribile, nel loro interno”[15]

L’incolto, come il primitivo, è terrorizzato dall’idea della perdita dell’ identità gregaria che ha assunto. 

 

 

La caritas secondo l'apostolo Paolo è il valore massimo:"Si linguis hominum loquar et angelorum, caritatem autem non habeam, factus sum velut aes sonans aut cymbalum tinniens" [16], se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, però non avessi la carità, diverrei un rame risonante o un cembalo che squilla.

"Nunc autem manet fides, spes, caritas, tria haec; maior autem ex his est caritas"[17] ora dopo tutto restano fede, speranza e carità, questi tre pilastri, ma la più grande è la carità.

 

Bisogna pure chiarire che la protagonista della tragedia di Euripide impiega, strumentalmente, questa cultura dell'utile che la rende infelice, quando adula Creonte per ottenere un giorno di permanenza a Corinto onde compiere la sua terribile vendetta:" credi che avrei blandito costui-chiede alla corifea-se non per guadagnarci qualcosa (eij mh; ti kerdaivnousan)  o per tramare?" ( Medea, vv. 368-369).

Eugenia Grandet invece non accetta le convenzioni dell'eterna borghesia e risponde al cugino arrampicatore sociale:"Sì, cugino, avete giudicato bene il mio spirito e i miei modi: non sono fatta per la società, non ne conosco né i calcoli né i costumi, e non saprei darvi i piaceri che voi volete trovarvi. Siate felice, secondo le convenzioni sociali alle quali avete sacrificato il nostro primo amore"[18].

 Tony Buddenbrook, la vestale della religione della famiglia borghese, invece accetta la logica del matrimonio-contratto e rinuncia all'amore senza del resto trarre alcun vantaggio da diverse nozze mal calcolate. Nell’ultima pagina del romanzo, diventata una cinquantenne benportante, dice queste parole di commento alla vita: “Dio mi perdoni, si comincia a dubitare della giustizia, della bontà…di tutto. La vita, voi sapete, frantuma tante cose nel nostro cuore, delude tante volte la nostra fede…Rivedersi?...Fosse vero!...”[19].

 Personaggio simile a Giasone è nel Filottete[20] di Sofocle, Odisseo, la consumata volpe, che suggerisce allo schietto figlio di Achille di agire con la frode (dovlw/, v. 101) e di parlare mentendo, se la menzogna porta salvezza e profitto:"o{tan ti dra'/" ej" kevrdo", oujk ojknei'n prevpei" (v. 111), quando fai qualche cosa per un guadagno non è conveniente esitare. Odisseo[21] in conclusione raccomanda a Neottolemo  di ricavare un utile dalle parole che dirà e da quelle che ascolterà via via:"devcou ta; sumfevronta tw'n ajei; lovgwn" (v. 131).     

 Luogo simile si trova nel Prologo nell'Elettra[22] quando Oreste dice al pedagogo:"dokw' mevn, oujde;n rJh'ma su;n kevrdei kakovn" (v, 61), penso che nessuna parola che porti guadagno sia male. "Sofocle provoca e scuote il suo pubblico nell'Elettra come nel Filottete, e lo induce a chiedersi se l'azione immorale possa essere giustificata da un bene, dalla giustizia, dalla salvezza collettiva, e perfino dalla parola di un dio. La risposta non arriva subito; solo più tardi si palesa che questa giustificazione non esiste"[23].

 

In fondo Giovenale attribuisce al Graeculus[24] proprio tale attitudine quando afferma che gli Elleni sono una razza di commedianti (natio comoeda est[25]) che si trova in vantaggio sugli italici autoctoni poiché quelli sono capaci di sostenere tutte le parti per convenienza.

Studiando la figura del tiranno nella tragedia si vede che il kevrdo" è una vera ossessione per il despota.

 

In questa categoria dell'utile non onesto può essere  inserita anche la Poppea Sabina di Tacito[26] la quale: "unde utilitas ostenderetur, illuc libidinem transferebat " (Annales, XIII, 45), volgeva la libidine là dove si mostrava l'utile. Si pensi alla maggior parte degli individui, femmine e maschi, che appaiono nelle trasmissioni televisive.

 

“E la ragione facendo naturalmente amici dell’utile proprio, e togliendo le illusioni che ci legano gli uni agli altri, scioglie assolutamente la società, e inferocisce le persone” (Leopardi, Zibaldone, 23).

 

Bologna 19 dicembre 2024 ore 10, 15 giovanni ghiselli

 

p. s.

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[1] Marzo 1974. Vuoto di Carità, vuoto di Cultura: un linguaggio senza origini. (Scritti corsari, p. 44).

[2] Medea, 1970.

[3] quello della barbara Medea.

[4]J. Duflot, Pier Paolo Pasolini. Il sogno del centauro, Roma 1983, in Naldini, Pasolini, una vita , p. 81.

[5] "ajll j wJ", to; men; mevgiston, oijkoi''men kalw'"-kai; mh; spanizoivmeqa" (vv. 559-560).

[6] Si può notare che il suvmforon, l'utile, il vantaggioso, è etimologicamente connesso a fwvr (lat. fur ), ladro. Chi guarda esclusivamente all'utile insomma non può essere onesto.

[7] H. d. Balzac, Eugenia Grandet (del 1833),  pp. 158-159.

[8] T. Mann, I Buddenbrook (del 1901), p. 201

[9] I greci e l'irrazionale   (del 1951), p. 31.

[10] I Buddenbrook, p. 101.

[11]Enten-Eller (Aut-Aut) , Validità estetica del matrimonio , trad. it. Adelphi, Milano, 1981,  p. 163 del Tomo Quarto.

[12] Una vita , p. 208.  

[13] Sàndor Màrai, La donna giusta, p. 136.

[14] Scritti corsari , p. 49.

[15] Saggi sulla politica e sulla società, I Meridiani, Mondatori, Milano 1999, p. 1168.

[16] Ep. Ad Conrinthios, I, 13, 1.

[17] Ad Corinthios, I, 13, 13.

[18] H. d. Balzac, Eugenia Grandet, p. 165.

[19] T. Mann, I Buddenbrook, p. 484.

[20] Del 409 a. C.

[21] Personaggio nel quale, secondo Luciano Canfora, gli spettatori potevano riconoscere l’abile e spregiudicato Teramene, soprannominato “coturno”, il calzare che si adatta ad entrambi i piedi, per la sua ambiguità politica. Filottete viene invece identificato con Alcibiade e Neottolemo con il più giovane stratego Trasillo.

[22] Composta nell'ultimo periodo dell'attività di Sofocle.

[23] Sofocle Filottete,  a cura di G. Avezzù e P. Pucci, p. 174.

[24] Satire, III, 78.

[25] Satire, III, 100.

[26] 55 ca.-120 ca d. C.

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