Martedì 8 novembre presenterò
la Medea di Euripide alla Primo Levi.
La tradurrò e commenterò. Intanto pubblico qui
la traduzione mia –con pregi e difetti- dei versi 1-521. Seguirà il resto
Prologo 1-95
Nutrice
Oh se lo scafo di Argo non fosse passato a volo
attraverso
le cupe Simplegadi fino alla terra dei Colchi,
e nelle valli boscose del Pelio non fosse caduto mai
il pino reciso, e non avesse attrezzato di remi le
mani
degli eroi eccellenti che andarono a cercare il vello
tutto d'oro per Pelia. Infatti la signora mia,
Medea, non avrebbe navigato verso le torri della terra
di Iolco
sconvolta nel cuore dal desiderio di Giasone;
né, dopo avere convinto le figlie di Pelia ad
ammazzare
il padre, sarebbe venuta ad abitare questa terra corinzia
con il marito e i figli, cercando di riuscire gradita
ai cittadini dei quali giunse alla terra in esilio
e, pur rimanendo se stessa, di convenire in tutto a
Giasone; 13
e questa appunto è la più grande salvezza:
quando la donna non sia in disaccordo con l'uomo.
15
23 novembre
Ma ora tutto è odioso e
stanno male gli affetti intimi.
Infatti, dopo avere tradito
i figli suoi e la signora mia,
Giasone si stende nel letto
per nozze regali 18
sposando la figlia di
Creonte che comanda su questa terra.
E Medea, l'infelice donna
oltraggiata,
rinfaccia con grida i giuramenti, reclama il
sommo impegno
della mano destra, e chiama gli dèi a
testimoni
di quale contraccambio ella
riceva da Giasone. 23
E giace senza cibo,
abbandonato il corpo alle sofferenze,
struggendo tutto il tempo in
lacrime 25
da quando si è accorta di
ricevere torto dal marito, 26
senza sollevare lo sguardo
né staccare il volto
da terra; e, come rupe, o marina
onda, ascolta gli amici
consigliata,
tranne quando, girato il
bianchissimo collo,
rivolta a se stessa,
rimpiange il padre suo
e la terra e la casa che
tradì nel venir via
con un uomo che ora la tiene
in dispregio. 33
Ha compreso la sventurata,
sotto il colpo della sciagura,
quale bene significhi non essere privi della
patria terra.
Poi odia i figli né si
rallegra a vederli.
Temo di lei che progetti
qualcosa di inaudito;
<infatti violento è il
suo animo, e non tollererà di subire
l'oltraggio: io la conosco,
e ho paura di lei
che affilata spinga la spada nel fegato,
salita in silenzio alla casa dove è steso il letto,
o pure che ammazzi il tiranno e quello che ha preso
moglie
e quindi si tiri addosso una sventura più grande>.
Siccome è tremenda: nessuno certo che abbia stretto
odio con lei,
intonerà facilmente il canto della vittoria. 45
Ma ecco i figli che hanno smesso di fare le corse
e vengono qua, per nulla pensosi dei mali
della madre: poiché un animo giovane non ha preso
l'uso di soffrire. 48
Pedagogo
Vecchio bene della casa della padrona mia,
perché stai sulla porta a vivere questa 50
desolazione, lamentandoti delle sventure soltanto con
te stessa?
Come mai Medea vuole rimanere sola, divisa da te?
Nutrice
O vecchio accompagnatore dei figli di Giasone,
per i servi buoni sono una sciagura le brutte cadute
dei padroni e ne attaccano gli animi.
Io infatti sono giunta a tal punto di sofferenza,
che mi ha invaso il desiderio di dire alla terra
e al cielo, giunta qui, i casi della signora.
Pedagogo
Non ancora dunque l'infelice cessa di lamentarsi?
Nutrice
Ti invidio! La sciagura è all'inizio e non ancora al
colmo.
Pedagogo
O demente, se si deve dire questo dei signori:
poiché nulla sa dei mali più recenti.
Nutrice
Che c'è, o vecchio? non negarmi un chiarimento.
Pedagogo
Niente: mi sono pentito anche delle parole dette
prima.
Nutrice
No, ti supplico, non avere segreti per la tua compagna
di schiavitù:
poiché, se necessario, coprirò questi fatti con il
silenzio. 66
dicembrel
Pedagogo
Ho sentito dire da un tale, senza avere l'aria di
ascoltare,
avvicinatomi ai dadi, precisamente dove siedono 69
i più vecchi, presso la sacra fonte di Pirene,
ho udito che Creonte il signore di questa regione
intende
cacciare dalla terra corinzia questi bambini
con la madre.
Però se questa notizia sia vera
non so; vorrei
che non lo fosse.
Nutrice
E tollererà Giasone che i figli soffrano
questo, se pure è in disaccordo con la madre? 75
Pedagogo
Le antiche cedono alle nuove parentele, p. 370
e quello non è amico di questa nostra casa.
Nutrice
Siamo perduti allora, se un male nuovo
aggiungeremo all'antico, prima che questo sia
esaurito. 80
Pedagogo
Ma tu comunque, poiché non è opportuno che sappia
questo
la signora, stai calma e non dire una parola.
Nutrice
O figli, sentite com'è il padre verso di voi?
vada in malora magari no: infatti è il mio padrone;
nondimeno è provato che è davvero un infame verso i
suoi cari.
Pedagogo
Chi non lo è tra i mortali? Solo ora prendi coscienza
di questo,
che ciascuno ama se stesso più del prossimo---86
p. 370
<alcuni magari a ragione, ma altri anche per
lucro>,
se questi bambini qui per un letto il padre non li ha
cari?
Nutrice
Andate, ché sarà meglio, dentro la casa, o figli.
Tu, più che puoi, tieni isolate queste creature
e non lasciarle andare vicino alla madre furente.
Già infatti l'ho vista mentre fissava con furia
taurina
questi bambini, come se avesse in animo di fare
qualcosa; e non cesserà
dall'ira, lo so bene, prima di avere assalito
qualcuno.
Spero almeno lo faccia con i nemici, non con i suoi
cari. 95.
Canto anapestico che precede la Parodo (vv 96-130).
Medea (da dentro).
Ahi,
messa male, me disgraziata per le tribolazioni,
ahimé, ahimé, come potrei morire?
Nutrice
Ecco qui, cari bambini: la madre
agita il cuore, agita la collera.
Affrettatevi più rapidamente dentro la casa
non
approssimatevi al suo sguardo,
e non avvicinatevi a lei, ma guardatevi
dall'indole selvaggia e dalla natura odiosa
di una mente arrogante.
Andate ora, ritiratevi dentro al più presto. 105
E' chiaro: la nube di gemiti che comincia a levarsi
al più presto scoppierà con maggior furia: che cosa
mai farà
quell'anima fortemente viscerale e implacabile
ora che è morsa dai mali?
dicembrel
Medea
Ahi,
ho preso a soffrire, disgraziata, ho preso a soffrire
pene degne
di grandi lamenti: o maledetti
figli di madre odiosa, possiate morire
con il padre, e tutta la casa vada in malora. 114
Nutrice
Ahimé, ahimé, ahi sventurata.
In che cosa secondo te i figli hanno parte
della colpa del padre? Perché li odi? Ahimé,
figli, come sono angosciata per timore che abbiate a
soffrire qualcosa!
Terribili sono le volontà dei potenti e poiché di rado
119
come che sia, sottostanno, e spesso spadroneggiano,
difficilmente elaborano le ire.
Infatti essere abituati a vivere in condizione di
uguaglianza,
è meglio: a me
dunque sia concesso invecchiare,
fuori dalla grandezza,
in stato di sicurezza appunto. 124
In primo luogo infatti già dire il nome della misura
è un successo, farne uso poi è di gran lunga
la cosa migliore per i mortali; invece quello che
eccede
non significa nessuna occasione buona ai mortali,
anzi ripaga con più gravi sciagure
quando insorge l'ira di un dio contro una stirpe. 130
Parodo vv.
131-213
Coro
Ho sentito la voce, ho sentito le grida
dell'infelice donna della Colchide; e ancora non
si è mitigata; su, vecchia, parla.
Infatti ho sentito un gemito dentro
la casa a due porte, e non gioisco, o donna,
per i dolori della casa,
poiché mi è diventata cara. 138
Nutrice
Non c'è più la casa: questi affetti sono già dispersi.
Lui infatti lo tiene il letto dei padroni,
lei nella camera nuziale strugge la vita,
la signora, per nulla confortata nel cuore
dalle parole di nessuno degli amici.
Medea
Ahi,
una fiamma del cielo mi passi attraverso
la testa; che vantaggio è per me vivere ancora? 145
Ahi ahi: vorrei trovare pace
nella morte
lasciando una vita odiosa.
Coro
Sentivi, o Zeus e terra e luce,
quale pianto fa risuonare
l'infelice sposa? 150
Quale brama puoi avere tu
dell'orribile letto, o demente?
affretterai il termine di morte?
non chiederlo pregando.
E se il tuo sposo onora nuovi letti,
non affilare l'ira perciò contro di lui:
Zeus ti aiuterà a ottenere giustizia per questo.
Non struggerti troppo rimpiangendo il tuo ex compagno
di letto.
Medea
O grande Temide e potente Artemide
vedete quello che soffro, sebbene avessi legato con
solenni
giuramenti
quell'esecrabile
sposo? che io vorrei vedere un giorno
con la sposa annientati in questa stessa casa,
loro che ardiscono infliggermi torti per primi. 165.
O padre, o città, da cui venni via
con vergogna ammazzando mio fratello 167.
Nutrice
Sentite quali parole dice, e invoca con grida
Temide, le rivolge preghiere, e Zeus che è ritenuto
dai mortali custode dei giuramenti? 170
Non è possibile che la signora contenga
la rabbia in un piccolo sussulto.
Coro
Come potrebbe venire alla nostra
presenza e accogliere suono
di parole articolate,
se in qualche modo deponesse l'ira
opprimente e l'ostinazione dell'animo?
Almeno la mia premura
non faccia difetto agli amici.
Su va' e conducila qui fuori
dalla casa: con voce umana dille che anche qui c'è
amicizia, 181
affrettandoti, prima che faccia qualcosa di male
a quelli di dentro: infatti questo dolore si scaglia
con grande impeto.
Nutrice
Lo farò; ma temo di non persuadere
la mia signora;
comunque aggiungerò questo faticoso favore.
Certo è che ella lancia sui servi sguardi bestiali
di leonessa appena sgravata, quando uno
per farle un discorso le si avvicina.
E stolti chiamando e per niente saggi 190
i mortali di un tempo non sbaglieresti,
loro che per le feste e per i banchetti e davanti alle
cene
trovarono i canti, un ascoltare gradito alla vita;
mentre nessuno
trovò il modo di fare cessare
con la poesia e con i canti dai molti toni
gli odiosi affanni dei mortali, per cui morti
e orribili casi fanno cadere le stirpi. 197
Eppure questo sì sarebbe un guadagno: guarire
con le melodie i mortali; ma dove ci sono lauti
banchetti
imbanditi, perché elevano invano la voce? 201
Infatti l'abbondanza che c'è della mensa
contiene gioia da sé per i mortali. 203.
Coro
Un urlo sentivo
risuonare penoso di lunghi lamenti, 205
lei lancia stridule grida dolorose di angoscia
contro il traditore nel letto, lo sposo infame;
la vittima dell'ingiustizia chiama a testimone
la figlia di Zeus custode dei giuramenti, Temide, che
la fece andare
nell'Ellade sull'altra sponda
attraverso il mare notturno, sul salso
stretto del Ponto infinito.
213.
Primo episodio (vv. 214-409)
Medea
Donne di Corinto, sono venuta fuori dal palazzo
perché non abbiate da rimproverarmi qualche cosa: so
infatti che molti mortali
diventano altezzosi, gli uni lontani dagli sguardi,
altri invece all'esterno; altri ancora per il muoversi
riservato
si procurarono cattiva fama di indifferenza.
Giustizia infatti non sta negli occhi dei mortali,
se qualunque individuo, prima di avere conosciuto gli
affetti di un uomo con chiarezza,
lo odia appena lo ha visto, senza averne ricevuto
offesa alcuna.
D'altra parte lo straniero deve adeguarsi per forza
alla città: 222
nemmeno approvo il cittadino che, divenuto arrogante,
è duro verso i concittadini per ignoranza.
Questa faccenda inaspettata piombatami addosso
mi ha rovinato la vita; sono distrutta e, buttata via
la gioia di vivere, desidero morire, amiche.
Quello nel quale per me c'era tutto, lo so bene,
si è rivelato il peggiore degli uomini, il mio sposo.
229
Fra tutti gli esseri, quanti sono
vivi e hanno raziocinio,
noi donne siamo la creatura più tribolata:
noi che innanzitutto dobbiamo
comprare un marito
con gran dispendio di ricchezze,
e prenderlo come padrone
del corpo, e questo è un male ancora più
doloroso del male. 234
E in questo sta la gara massima,
prenderlo cattivo
o buono. Infatti non danno buona fama le
separazioni
alle donne, e non è possibile ripudiare
lo sposo.
Quella poi giunta tra nuovi costumi e leggi,
bisogna che sia un'indovina, se
non ha appreso da casa
con quale atteggiamento tratterà nel modo più appropriato il marito. 240
E se con noi che ci affatichiamo
in questo con successo,
il coniuge convive, sopportando
il giogo non per forza,
la vita è invidiabile; se no, bisogna morire.
Un uomo poi , quando gli pesa stare insieme a
quelli di casa,
uscito fuori, depone la noia dal cuore 245
(volgendosi a un amico o a un
coetaneo);
per noi al contrario è necessario mirare su
una sola persona.
Dicono di noi che viviamo una
vita senza pericoli
in casa, mentre loro combattono con la lancia,
pensando male: poiché io tre volte accanto a
uno scudo
preferirei stare che partorire una volta sola “.
251
Però non vale proprio lo
stesso discorso per te e per me;
tu hai questa
tua città e la casa paterna
e comodità di vita e compagnia di amici,
io, poiché sono isolata e
senza città, devo subire oltraggi
da un uomo, dopo essere
stata rapita da una terra barbara, 256
senza avere la madre, né un
fratello, né un congiunto
per trovare un ancoraggio
fuori da questa sventura.
Tanto dunque io vorrò
ottenere da te,
se trovo una qualche via e
mezzo
per far pagare allo sposo il
fio di questi mali
(e a chi gli ha dato la
figlia e a quella che ha sposato),
ti prego di tacere. La donna
infatti per il resto è piena di paura
e vile davanti a un atto di
forza e a guardare un'arma;
ma quando sia offesa nel
letto,
non c'è non c'è altro cuore
più sanguinario. 266
Coro
Lo farò.
Giustamente infatti punirai lo sposo,
Medea. E non mi meraviglio che tu deplori la sorte.
Ma ora vedo Creonte, il signore di questa terra,
che avanza, messaggero di nuove decisioni.
Creonte
A te che sei torva e infuriata con lo sposo,
Medea, ho detto che devi andare fuori da questa terra
esule, dopo avere preso con te i due figli,
e di non indugiare neanche un poco: poiché io sono
l'arbitro di questa
sentenza, e non
tornerò indietro nella reggia
prima di averti cacciata fuori dai confini della
regione.277
Medea
Ahimé disgraziata, completamente distrutta vado in
rovina;
i nemici infatti allentano ogni gomena,
e non c'è un approdo accessibile fuori dalla sciagura.
Pur oppressa dalla sventura, in ogni modo ti farò una
domanda:
perché mi mandi via da questa terra, Creonte? 281
Creonte
Ho paura di te, non c'è nessun bisogno di parlare
copertamente,
che tu faccia a mia figlia un immedicabile male.
Molte indicazioni contribuiscono a questo timore:
tu sei per natura sapiente ed esperta di molti
malefici,
e per giunta sei in pena perché privata del letto
dell'uomo. 286.
Poi sento dire che tu minacci, a quanto mi
riferiscono,
di fare qualcosa di male a chi ha dato , a chi ha
preso la sposa
e alla sposata. Pertanto io prima di subire questi
danni mi metterò in guardia.
E' meglio per me ora divenire odioso a te, donna,
che piangere dopo avere agito fiaccamente.
Medea
Ahi ahi.
Non ora per la prima volta ma spesso, Creonte, 292
la reputazione mi ha danneggiato e procurato grandi
mali.
Ogni uomo dotato di buon
senso non deve mai
rendere i figli sapienti oltre misura con l'istruzione;
a parte infatti l'altra
taccia che hanno di inoperosità 296
si procurano invidia
malevola da parte dei concittadini. 297
Infatti se presenti nuove
trovate ingegnose a gente rozza,
avrai la reputazione di
essere inutile e non sapiente;
nel caso poi che tu sia ritenuto
superiore a quelli che hanno fama
di sapere qualche cosa di
sofisticato nella polis, apparirai molesto.
Anche io stessa partecipo di
questa sorte:
poiché, per il fatto che
sono sapiente, ad alcuni riesco odiosa,
(per altri sono tranquilla,
per altri poi di carattere opposto,)
per altri ancora, ostile;
poi non sono troppo sapiente. 305
Tu allora hai paura di me: temi di subire qualcosa di
sgradevole?
Non mi va così bene, non temermi Creonte,
da potere far torto a uomini di potere.
Tu poi in
che cosa mi hai offesa? Hai dato in moglie la ragazza
a quello cui l'inclinazione ti spingeva. No, è il mio
sposo che
odio: tu anzi, credo, con equilibrio agivi così.
Ed ora io non invidio il tuo benessere;
celebrate le
nozze, siate felici; però lasciate che io abiti
in questa terra. E infatti pur oltraggiati
faremo silenzio, dato che siamo vinti dai più forti.
315.
Creonte
Dici parole miti da udire, ma dentro il cuore
ho terrore che mediti qualche malanno.
Tanto meno di prima mi fido di te;
infatti una donna collerica, proprio così come un
uomo,
è più facile tenerla a bada che una taciturna scaltra.
Su, vattene al più presto, non dire parole:
tanto così è stabilito e non hai mezzi per
rimanere da noi poiché mi sei ostile.
Medea
no, per le tue ginocchia e per la fanciulla che ora si
sposa.
Creonte.
sprechi le parole: infatti non potresti mai
persuadermi.
Medea.
Ma allora mi caccerai e non avrai nessun riguardo
delle preghiere?
Creonte.
Infatti tu non mi sei più cara della mia stirpe. 327
Medea
O patria, come ho forte ora il ricordo di te!
Creonte
Sì, a parte i figli, anche per me è di gran lunga la
cosa più cara,
Medea
Ahi, ahi, che grande male è l'amore per i mortali! 330
Creonte
Secondo come,
credo, anche si presentano le circostanze.
Medea
Zeus, non ti sfugga chi è causa di questi mali.
Creonte
Guizza via, insensata, e liberami da queste pene.
Medea
+Siamo noi a penare e di pene non abbiamo bisogno,+
Creonte
Sarai cacciata
subito a forza dalla mano dei servi.
Medea
No, questo almeno no, solo, ti prego, Creonte...
Creonte
Mi procurerai turbamento, a quanto sembra, donna.
Medea
Andremo in esilio: non ti ho supplicato per ottenere
questo da te.
Creonte
Perché allora vuoi costringermi e non ti allontani da
questa terra?
Medea
Lascia che io rimanga solo questo giorno
e concluda il pensiero di come andremo in esilio,
e del sostegno per i figli miei, poiché il padre
non si dà nessun pensiero di procurarne alle creature.
Abbi compassione di loro; anche tu infatti di certo
hai natura di padre 344
di figli: ed è naturale che tu abbia benevolenza per loro.
Infatti non di me mi do pensiero, se andremo in
esilio,
loro invece piango poiché sono vessati dalla sventura.
347.
Creonte
La mia volontà
non è per niente quella di un tirannno,
molte volte, per avere ritegno, ho causato rovina;
e anche ora vedo che commetto un errore, donna,
tuttavia otterrai questo. Ma ti avverto:
se la prossima fiaccola del dio vedrà te
e i bambini dentro i confini di questa terra,
morrai: questa parola è stata detta senza menzogna.
Ora, se devi rimanere, resta solo un giorno;
infatti non compirai alcuna di quelle azioni terribili
delle quali mi prende paura. (esce)
Coro
Ahi, ahi, infelice per le tue pene,
donna sventurata,
dove mai ti rivolgerai? A quale accoglienza ospitale
o casa o terra che ti salvi dai mali
< troverai> ?
Come il dio ti ha spinto verso
un insuperabile tempesta di mali, Medea!
Medea
E' andata male sotto ogni aspetto: chi lo negherà?
ma queste cose non andranno per niente così, non
credetelo in nessun modo.
Ci sono ancora cimenti per gli sposi novelli
e per gli imparentati non piccole pene. 367
Tu credi infatti che io avrei mai blandito costui
se non traendone qualche vantaggio o macchinando
qualcosa?
Non gli avrei rivolto la parola né gli avrei toccato
le mani.
Quello anzi è giunto a tal punto di stoltezza
che, pur essendogli possibile annullare i miei disegni
gettandomi fuori dal paese, ha lasciato che io
rimanessi
questo giorno, nel quale renderò cadaveri tre dei miei
nemici, il padre e pure la figlia e lo sposo mio. 375
E avendo molte
vie di morte per quelli,
non so a quale per prima porre mano, amiche,
se appiccherò il fuoco alla casa nuziale,
oppure gli caccerò aguzza la spada attraverso il
fegato,
dopo essere entrata in silenzio nella casa dove è
disteso il letto. 380.
Ma c'è una difficoltà sola per me: se sarò presa
mentre passo le porte del palazzo e preparo il colpo,
morendo farò ridere i miei nemici. 383
La cosa migliore è
la via diretta, in cui siamo per natura
le più capaci, cioè toglierli di mezzo con i veleni.
E sia!
Insomma sono già morti: quale città mi riceverà? 386
quale ospite offrendomi una terra sicura e una casa
fidata
proteggerà la mia persona?
Non c'è. Allora fermandomi ancora un po’ di tempo,
se riluce per
me un baluardo sicuro, 390
con l'inganno e in silenzio perseguirò questa strage;
se invece una disgrazia irrimediabile mi caccia via,
allora io presa la spada, anche se devo morire,
li ammazzerò, e arriverò alla violenza dell'audacia.
Infatti per la signora che io venero 395
più di tutti e mi sono scelta come alleata,
Ecate , che abita nei penetrali del mio focolare,
nessuno di costoro rallegrandosi farà soffrire il mio
cuore.
Amare e penose io
renderò loro le nozze,
e amara la parentela e il mio esilio dal paese. 400
Su via, non risparmiare nulla di quello che sai,
Medea, nel progettare e nell'ordire:
procedi verso l’orrore: adesso è una prova di
ardimento. 403
Vedi quello che subisci? non devi dare motivo di derisione
ai discendenti
di Sisifo per queste nozze di Giasone,
tu che sei nata da nobile padre e discendi dal Sole.
E poi lo sai: oltretutto noi donne siamo
per natura assolutamente incapaci di nobili imprese,
ma le artefici più sapienti di tutti i mali. 409
Primo Stasimo
vv. 410-445
Prima strofe (vv. 410-420)
Verso l'alto scorrono le sorgenti dei sacri fiumi,
e giustizia e ogni diritto a rovescio si torcono.
Sono di uomini i consigli fraudolenti, e la fede
negli dèi non è più ferma.
La fama
cambierà la mia vita al punto che avrò gloria:
arriva onore alla razza delle donne;
non più una rinomanza infamante screditerà le donne.
Prima antistrofe (vv 421-430)
E le Muse degli antichi poeti smetteranno
di celebrare la mia infedeltà.
Infatti Febo signore del canto
non accordò nel
nostro spirito
suono ispirato di lira: poiché avrei intonato un inno
di risposta
alla razza dei maschi. Una lunga età ha
molte cose da dire sul nostro ruolo e quello degli
uomini. 430
Seconda strofe (vv. 431-438)
Tu hai navigato lontano dalle patrie case
con il cuore furente, attraversando le duplici rupi
del mare: e ora abiti
in terra straniera, dopo avere perduto
l'unione del letto senza marito
disgraziata, e profuga, sei
cacciata dal paese senza onore.
Seconda antistrofe (vv.439-445)
Se n'è andato il rispetto dei giuramenti, né più il
pudore
nell'Ellade
grande rimane, ma in aria è volato.
Né a te sventurata rimane la casa
del padre, per trovare un altro approdo
dalle pene, e
un'altra regina più forte
del tuo letto
sulla casa impera.
Secondo Episodio (vv. 446-626)
Giasone
Ho constatato non ora per la prima volta ma spesso
che un'ira violenta è un male irrimediabile.
Infatti mentre ti era possibile tenerti questa terra e
la casa
sopportando senza pesantezza le decisioni di quelli
più forti,
per dei discorsi sconsiderati, sarai cacciata da
questa terra. 450
Per me nessun problema: non smettere mai
di dire di Giasone che è il peggiore degli uomini;
ma quanto a ciò che è stato detto da te contro i
sovrani,
consideralo un guadagno pieno, se vieni punita con
l'esilio. 454
Io anzi, tutte le volte che i reali si adiravano
cercavo di trattenere le loro ire e volevo che tu
rimanessi;
ma tu non desistevi dalla follia, dicendo sempre
male dei signori: perciò sarai bandita da questa
terra. 458
Ma tuttavia, pur in seguito a questi fatti, non sono
venuto
rinunciando agli affetti , bensì preoccupandomi del tuo interesse, donna
affinché tu non sia bandita con i figli priva di
risorse,
né bisognosa di qualche cosa: molti sono i mali che
l'esilio
trascina con sé. Anche infatti se tu mi odi,
non potrei mai volerti male 464.
Medea
O scelleratissimo! questo infatti posso dirti
con la mia lingua, come insulto più grande per la tua
viltà,
sei venuto da me, sei proprio venuto ora che sei
diventato odiosissimo
<agli dèi e a me e a tutto il genere umano?>
Questo non è certo ardimento né coraggio,
guardare in faccia le persone dopo aver fatto loro del
male,
ma il più grande di tutti i mali presenti
nell'uomo: impudenza. Hai fatto bene a venire: 472
io infatti prendendoti a male parole sarò alleggerita
nell'anima e tu ascoltando ti affliggerai.
Inizierò a parlare prima dai primi fatti.
Io ti salvai, come sanno quanti tra gli Elleni
si imbarcarono sulla medesima nave Argo,
quando fosti mandato a domare i tori che spirano fuoco,
con i gioghi, e
a seminare il solco mortifero;
e il drago, che
avvolgendo il vello tutto d'oro 480
con le spire contorte, lo sorvegliava senza dormire,
lo uccisi io, e sollevai per te la luce della
salvezza.
Sempre io, dopo avere tradito il padre e la mia casa
giunsi a Iolco sotto il Pelio
con te, più appassionata che saggia.
Ho fatto ammazzare Pelia, nel modo più doloroso di
morire,
dalle sue figlie, e ho distrutto tutta la casa. 487
E dopo avere ricevuto questo da me, o il peggiore tra
gli uomini,
mi hai tradito, e ti sei procurato nuovi letti,
pur essendo nati dei figli; se infatti tu fossi ancora
senza figli,
sarebbe scusabile per te esserti innamorato di questo
letto. 491
Ma la fede dei giuramenti è scomparsa, e io non riesco
a capire
se tu credi che gli dèi di una volta non regnino più
o che nuove norme valgano ora per gli uomini,
poiché sai bene di non essere fedele al giuramento
verso di me. 495
Ahi mano destra, che tu molte volte stringevi,
e queste ginocchia, come invano siamo state toccate
da un uomo malvagio, e ci siamo ingannati nelle
speranze!
Via! Comunicherò in effetti con te come se fossi un
amico
-credendo di avere quale beneficio da te?
comunque (lo
farò), infatti interrogato apparirai più infame-;
ora dove posso rivolgermi? forse alla casa del padre
502
che ho tradito insieme con la patria per te, poi sono
venuta qua?
Oppure dalle disgraziate Peliadi? Proprio bene certo
accoglierebbero in casa me quelle di cui ho ammazzato
il padre! 505
Sta infatti così: ai cari di casa
sono diventata odiosa, quelli cui non dovevo fare
del male, per favorire te, li ho resi nemici.
Appunto in cambio di questi favori mi hai resa felice
agli occhi di molte tra le Greche; ed io la
disgraziata
ho uno sposo meraviglioso e fedele,
se andrò in esilio da questa terra cacciata via,
priva di amici, sola con i figli soli;
bella onta per lo sposo novello,
che vadano errando esuli e mendichi i figli ed io che
ti ho salvato. 515
O Zeus, perché dell'oro che sia falso
accordasti agli uomini indizi chiari,
mentre tra gli uomini non è impresso dalla nascita nel
corpo
nessun segno
con il quale bisogna riconoscere il malvagio? 519
Coro
E' un'ira
terribile e insanabile 520
quando i cari ingaggiano una contesa con i loro cari.
Cfr. bella plus
quam civilia del primo verso della Pharsalia di Lucano
Bologna 31 ottobre 2022 ore 10, 10
giovanni ghiselli
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