Quanto allo fqovno", Tacito attribuisce più di una volta l'
invidia ai suoi Cesari: Tiberio temeva dai migliori un pericolo per sè, dai
peggiori disonore per lo stato (ex
optimis periculum sibi, a pessimis dedĕcus publicum metuebat , Annales , I, 80), e Domiziano invidiava
e odiava Agricola per i suoi successi in Britannia:"Id sibi maxime formidolosum, privati hominis nomen supra principem
attolli " ( Agricola[1] , 39), gli faceva paura soprattutto il fatto che il
nome di un suddito fosse messo al di sopra di quello del principe.
Quale deve essere la
posizione dell'intellettuale e dell'uomo libero in genere nei confronti del
tiranno?
Tacito dubita
se il favore o l'ostilità dei prìncipi dipenda dal fato, o se abbiano qualche
peso le nostre decisioni e sia possibile percorrere un cammino intermedio,
privo di servilismo e pericoli, tra una rovinosa opposizione e una
degradante sottomissione[2] :" an sit
aliquid in nostris consiliis liceatque
inter abruptam contumaciam et deforme obsequium pergere iter ambitione ac
periculis vacuum " (Annales IV, 20).
Una via di mezzo insomma tra il ruere in servitium (Annales , I, 7) o la libido adsentandi (Historiae
, I, 1) e l'ambitiosa mors (Agricola
, 42), la morte spettacolare degli oppositori estremi.
Comunque chi
scrive storia deve esprimersi sine ira et
studio (Annales , I, 1), senza
animosità e partigianeria, ovvero neque
amore quisquam et sine odio dicendus est (Historiae
, I, 1).
Il suocero di Tacito sapeva frenare l’indole di
Domiziano, praeceps in iram, con la
moderazione e la prudenza. Infatti Agricola “non contumacia neque inani iactatione libertatis famam fatumque
provocabat” (Agricola, 42), non
provocava la fama e il fato con l’arroganza né con una vuota ostentazione di
indipendenza. Dunque è possibile, lo sappiano chi ammirano inlicita gli atti di ribellione, posse etiam sub malis principibus magnos viros esse, e che l’obbedienza
e la moderazione, se ci sono operosità e vigore (si industria ac vigor adsint) possono arrivare a quel livello di lode dove
i più divennero famosi per abrupta,
attraverso vie dirupate, con una morte spettacolare ambitiosa morte, per niente utile allo stato, in nullum rei publicae usum (42).
“La via indicata da Tacito per servire bene la patria
sotto i tiranni ed evitare nello stesso tempo l’abrupta contumacia e il deforme
obsequium doveva apparire l’unica giusta a molti intellettuali di rilievo, convinti
ormai della necessità della monarchia, anche quando conservavano qualche
traccia del repubblicanesimo umanista (….) Come grandi esempi di vita operosa e
gloriosa sotto la tirannia sono richiamati Germanico e Seneca; il richiamo di
Seneca va notato, perché il filosofo si ritroverà poi altre volte accanto a
Tacito come ispiratore della medesima scelta morale e politica”[3].
Intellettuali e potere.
Antonio l’usurpatore del
ducato di Milano era talmente assetato di potere (dry
for sway) che si accorda e assoggetta al re di Napoli Alonso pur di impadronirsi
del ducato del fratello Prospero il quale rifugiatosi in un’isola remota con la
figlia Miranda le dice: “ Me, poor man,
my library was dukedom large enough ( La
tempesta, I, 2).Potere e cultura sono inconciliabili quanto lo sono potere e morale (cfr. Pasolini)
Tra intellettuali liberi e potere non sono possibili
rapporti di collaborazione secondo il Pasolini
degli Scritti corsari che infatti gli sono costati la vita:"
il potere e il mondo che, pur non essendo del potere, tiene rapporti pratici
col potere, ha escluso gli intellettuali liberi" (p. 113).
I poteri più forti sono quello dei consumi imposto da
una concezione edonistica della vita, e quello del conformismo: “le cose si
sono aggravate dal ’68 in poi. Perché da una parte il conformismo, diciamo
così, ufficiale, nazionale, quello del “sistema”, è divenuto infinitamente più
conformistico dal momento che il potere è divenuto un potere consumistico,
quindi infinitamente più efficace-nell’imporre la propria volontà- che
qualsiasi altro potere al mondo. La persuasione a seguire una concezione
“edonistica” della vita (e quindi a essere dei bravi consumisti) ridicolizza
ogni precedente sforzo autoritario di persuasione: per esempio quello di
seguire una concezione religiosa o moralistica della vita” P. P. Pasolini, Lettere Luterane, p. 21..
“Il lettore non abituato a queste discussioni per
intendere il rapporto società-cultura, immagini una specie di banchetto, in cui
la borghesia mangia a quattro palmenti, invitando al suo tavolo i cuochi (gli
intellettuali) e gettando qualche osso ai cani ed ai mendicanti (i proletari);
quell’osso sarebbe poi, per dare un esempio, l’anticomunismo ed il
clericalismo. Finché durerà questo banchetto, i proletari dovranno
accontentarsi dei rimasugli delle pietanze, e gli intellettuali, per mangiare
le loro pietanze, dovranno essere i cuochi dei capitalisti. L’esempio è un po’
strambo, ma dà all’incirca l’idea di come stanno le cose”[4].
Gli storiografi martiri
Callistene, nipote di
Aristotele e segretario della cancelleria (ejpistologravfo") di Alessandro Magno doveva comporre la versione ufficiale della
campagna di Oriente ma fu condannato a morte nel 327 a. C. perché rifiutava la proskuvnhsi~ ritenendola servile, e per la sua parrhsiva.
Sosteneva che la grandezza di Alessandro dipendeva dal proprio racconto
storico. Una volta Filota gli
domandò chi pensasse che venisse
maggiormente ammirato dalla città degli Ateniesi; egli rispose Armodio e
Aristogitone poiché avevano ammazzato uno dei due tiranni, Ipparco, “kai; turannivda o{ti katevlusan”[5] e per il fatto
che avevano abbattuto la tirannide.Altrettanto vennero messi a tacere dal regime
imperiale di Roma gli storiografi che facevano opposizione e divennero martiri:
Tito Labieno (soprannominato Rabienus per la sua rabbia contro i vincitori ) si
uccise per non sopravvivere alla sua opera, che Augusto fece bruciare,
siccome esaltava la libertas .
Cremuzio Cordo chiamava Cassio, il cesaricida "ultimo dei
Romani".
Cornelio Cosso Asinio Agrippa consulibus, Cremutius
Cordus postulatur novo ac tunc primum
audito crimine, quod editis annalibus laudatoque M. Bruto, C. Cassium Romanorum
ultimum dixisset", Tacito, Annales,
IV, 34, sotto il consolato di Cornelio Cosso e Asinio Agrippa (25 d. C.) viene
citato in giudizio Cremuzio Cordo per un delitto nuovo e sentito allora per la
prima volta: pubblicati degli annali con la celebrazione di M. Bruto, egli
aveva chiamato Cassio l'ultimo dei Romani.
Nel Giulio
Cesare di Shakespeare, Bruto saluta per sempre Cassio suicida con questa
parole: The last of all the Romans, fare
thee well! (V, 3, 99)
"Anche del
senatore Cremuzio Cordo furono bruciati i libri, per ordine di Seiano, il
celebre prefetto del pretorio di Tiberio; ed egli , accusato, s'era
lasciato morire di fame. (La sua autodifesa fu un'esaltazione della libertà di
pensiero storico) (...)
Sotto Nerone, il padovano Trasea Peto "la virtù in persona[6]", come lo definì Tacito , si uccise[7] accusato di lesa maestà: aveva scritto una
monografia su Catone Uticense. Questi storici capaci di eroismo sapevano
benissimo che le loro opere, seppur con varie gradazioni, non solo difendevano
l'antico regime, ma in realtà ponevano in questione lo stesso principato"[8].
Quando la persona del tiranno cambia, del resto ci
possono essere rivalutazioni o nuove condanne secondo l'interesse o la simpatia
del despota, e secondo la concezione orwelliana della storia come palinsesto:"La
Storia era un palinsesto grattato fino a non recare nessuna traccia della
scrittura antica e quindi riscritto di nuovo tante volte quante si sarebbe reso
necessario"[9].
Quando cambia un regime, o il despota, gli scrittori eliminati possono essere
riabilitati.
"Caligola fece tornare alla luce gli scritti
di Labieno e di Cremuzio:"è nel mio interesse" diceva "che
la storia sia conosciuta" (ut facta
quaeque posteris tradantur : Suet. Cal.
16, 1): un punto di vista che entra nella tendenza antitiberiana, e nella
ricerca della popularitas , con cui
Caligola, ai suoi inizi, si presentò come un monarca, a suo modo,
costituzionale"[10].
Bologna 28 ottobre 2022 ore 18, 26
giovanni ghiselli
p. s
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[1] Del 98 d. C.
[2] Si pensi a certi "intellettuali" cattolici che per servilismo verso i gestori dei businnes massimi dichiarano che il cristianesimo è la più materialista delle religioni poiché prevede la resurrezione dei corpi.
[3] La Penna,Aspetti del pensiero storico latino, p. 231 e 232.
[4] P. P. Pasolini, Un intervento rimandato (marzo 1949), in Pasolini Saggi sulla politica e sulla società, p. 83.
[5] Arriano, Anabasi di Alessandro, 4, 10, 3.
[6] "Nero virtutem ipsam excindere concupivit interfecto Thrasea Paeto", Annales , XVI, 21, Nerone volle uccidere la virtù in persona con l'ammazzare Trasea Peto.
[7] Nel 66 d. C.
[8]S. Mazzarino, Il pensiero storico classico , 3, p. 64.
[9]G. Orwell, 1984 .
[10]S. Mazzarino, Il
pensiero storico classico , 3, p. 64.
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