Nel quinto episodio della tragedia di Euripide, Medea combattuta tra la compassione materna e l'odio per l'amore tradito da Giasone, e anche straziata dalla sofferenza per l'amor proprio offeso, si domanda:"Kaivtoi tiv pavscw; bouvlomai gevlwt j ojflei'n-ejcqrou;" meqei'sa ajzhmivou";-tolmhtevon tavd j j" ( Euripide, Medea, vv. 1049-1051), ma che cosa mi succede? voglio dare motivo di scherno ai miei nemici lasciandoli impuniti? Bisogna osare questo.
Anche nelle Argonautiche di Apollonio Rodio Medea è combattuta: tra la vergogna (aijdwv~, v. 652) che la trattiene e un desiderio ardito (qrasu;~ i{mero~, 3, 653) che la spinge
L’audacia delle donne. La transvalutazione lessicale
Tovlma secondo la visione tradizionale è una forma di sconsiderata temerarietà che porta a commettere azioni cattive.
Nelle Coefore di Eschilo, Elettra, per esecrare la madre assassina, ne mette in rilievo l'audacia illimitata e la apostrofa chiamandola appunto:"pavntolme ma'ter" (v. 430), madre che tutto osa.
il Coro delle donne che portano le libagioni sulla tomba di Agamennone durante il primo stasimo afferma, anticipando lo squillo del primo Stasimo dell'Antigone, che la terra nutre molte creature tremende, angosce di terrori (polla; me;n ga' trevfei-deina; deimavtwn a[ch, vv. 585-586), e gli abbracci marini sono pieni di mostri infesti ai mortali, e nel cielo divampano fiamme e tempeste furiose.
Quindi aggiunge: chi potrebbe descrivere la mente troppo audace dell'uomo e gli amori pronti ad ogni audacia delle donne temerarie nell'animo, associati alle sventure dei mortali? "ajll' uJpevrtolmon ajn-dro;" frovnhma tiv" levgoi - kai; gunaikw'n fresi;n tlhmovnwn -pantovlmou" e[rwta", a[-taisi < > sunnovmou" brotw'n; " ( Coefore, vv. 594-598, antistrofe I).
Poco dopo, nella strofe III, le portatrici di libagioni esprimono direttamente il loro rifiuto dell'audacia femminile, con riferimento all'ardire criminale di Clitennestra:"tivw d j ajqevrmanton eJstivan dovmwn,<gunaikeivan> t' a[tolmon aijcmavn." (vv. 629-630), tengo in pregio un focolare domestico che non brucia e un temperamento impulsivo di donna che non arriva all'audacia.
Nell'esodo, Oreste, dopo avere ucciso la madre, si giustifica illustrando la natura malvagia di Clitennestra la quale, se fosse nata murena o vipera, avrebbe fatto imputridire uno, solo toccandolo, senza bisogno di morderlo "tovlmh" e{kati kajkdivkou fronhvmato" " (Coefore, v. 996) per la sua audacia e il pensiero fuori dalla giustizia.
L'audacia di tante donne viene rilevata in un contesto comico da Palestrione, lo schiavo artefice del Miles gloriosus:" Neque eques neque pedes profectost quisquam tanta audacia-qui aeque faciat confidenter quicquam quam mulier facit" (vv. 454-455), davvero non c'è cavaliere né fante alcuno di così grande audacia, che faccia qualche cosa con tanta sfrontatezza quanto una donna.
Nelle Trachinie di Sofocle, Deianira esprime un desiderio:"kaka;" de; tovlma" mhvt j ejpistaivmhn ejgwv-mhvt' ejkmavqoimi, tav" te tolmwvsa" stugw' " (vv.582-583), audacie cattive non vorrei conoscerle, né averle imparate, le temerarie hanno il mio odio.
Si riferisce, come fatto eccezionale, da non ripetere, al chitone intriso del sangue di Nesso che avrebbe dovuto restituirle l'amore di Eracle, invece lo uccide. Questo presunto rimedio è l'extrema ratio per sottrarre il marito alla giovane e vincente rivale Iole con la quale la sposa matura deve condividere il letto in attesa di un abbraccio (vv. 539-540). Deianira esasperata ricorre a questo atto audace poiché ha paura:" vedo una gioventù che procede avanti, e una che tramonta: da quella l'occhio ama cogliere il fiore, da questa ritira il piede. Io temo dunque che Eracle sia chiamato sposo mio, ma l'uomo della più giovane” (vv. 547-551).
Il Coro di donne di Trachis (in Tessaglia) si augura di veder giungere Eracle panivvvvmero" (v. 660) pieno di desiderio grazie all'unzione ricevuta. Ma le audacie cattive non pagano.
Il significato negativo di tovlma si trova anche nel Primo Stasimo dell'Antigone:" a[poli" o{tw/ to; mh; kalo;n-xuvnesti tovlma" cavrin" (vv. 370-371), bandito dalla città è quello con il quale /coesiste il brutto morale, per la sfrontatezza. Tale tovlma non trattiene l'uomo al di qua del limite, che deve rimanere insuperato per quel senso della misura che è caratteristico dei Greci.
Nel commento di Heidegger tovlma è "il rischio" nel quale "sta costantemente il violentante, il creatore, il quale avanza nell'inespresso e irrompe nel non pensato, e che a forza ottiene il non-accaduto e fa apparire il non-veduto. Nell'arrischiarsi a dominare l'essere, deve altresì abbandonarsi al flusso del non-essente, mh; kalovn, alla distruzione, all'instabilità, all'indocilità, al disordine"[1].
Nell' Edipo re (v. 125) tovlma è l'audacia del predone che uccise Laio.
Medea sta conducendo una lotta intestina, all'interno della sua famiglia oltretutto, una guerra più che civile, e in tali conflitti molti valori si capovolgono: lo afferma Tucidide a proposito della guerra civile (stavsi") di Corcira[2] quando ci fu una tranvalutazione generale e le stesse parole cambiarono il loro significato originario:"Kai; th;n eijwqui'an ajxivwsin tw' ojnomavtwn ej" ta; e[rga ajnthvllaxan th'/ dikaiwvsei. Tovlma me;n ga;r ajlovgisto" ajndreiva filevtairo" ejnomivsqh" (III, 82, 4), e cambiarono arbitrariamente l'usuale valore delle parole in rapporto ai fatti. Infatti l'audacia irrazionale fu considerata coraggio devoto ai compagni di partito.
"Un'audacia " ajlovgisto"" prende il nome di coraggio, la prudenza si chiama pigrizia, la moderazione viltà, il legame di setta viene prima di quello di sangue, e il giuramento non viene prestato in nome delle leggi divine, bensì per violare le umane. Sinistro carnevale, mondo a rovescio, in cui è necessario lottare con ogni mezzo per superarsi e in cui nessuna neutralità è ammessa. Così appare, a Corcira, per la prima volta tra gli Elleni, la più feroce di tutte le guerre (Tucidide, III, 82-84)” [3].
Medea però non ha compagni né partito, ed è rimasta sola con la sua filautiva (amor proprio) da difendere. Comunque in una donna l'audacia ben difficilmente viene considerata una virtù: si pensi alla famigerata Sempronia sallustiana:"quae multa saepe virilis audaciae facinora commiserat " (Bellum Catilinae, 25) che spesso aveva perpetrato misfatti di audacia virile.
Nella stessa monografia di Sallustio, Catone, parlando in senato dopo e contro Cesare, il quale aveva chiesto di punire i congiurati "solo" confiscando i loro beni e tenendoli prigionieri in catene nei municipi, denuncia questo cambiamento del valore delle parole:"iam pridem equidem nos vera vocabula rerum amisimus: quia bona aliena largiri liberalitas, malarum rerum audacia fortitudo vocatur, eo res publica in extremo sita est " (52, 11), già da tempo veramente abbiamo perduto la corrispondenza tra il valore reale dei nomi e le cose: poiché essere prodighi dei beni altrui si chiama liberalità, l'audacia nel male coraggio, perciò la repubblica è ridotta allo stremo.
Questa audacia attribuita a Catilina e ai suoi seguaci è una forma di estremismo. Nella prima Catilinaria Cicerone attacca il nemico attribuendogli piani e intenti eversivi:"quem ad finem sese effrenata iactabit audacia? " (I, 1, 1), fino a quale estremo si lancerà l'estremismo scatenato?
Bologna 30 ottobre 2022 ore 11, 14
giovanni ghisell
p. s.
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[1] Introduzione alla metafisica , p. 168.
[2] 427-425 a. C.
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