“Aristotele nella Costituzione degli Ateniesi fa derivare il processo di radicalizzazione della democrazia ateniese fino al tipo della dominazione di massa, dall’evoluzione di Atene a potenza marittima[1]…Platone è d’accordo con Aristotele e col vecchio Isocrate in questo atteggiamento negativo di fronte all’impero marittimo ateniese, come sul punto della costituzione mista[2]... Da Aristotele, inoltre, la formazione della potenza navale ateniese e la diminuzione dell’autorità dell’Areopago vengono poste in relazione scambievole e date come causa della degenerazione della democrazia[3].
Anche questa idea fa parte della critica, di stampo conservatore, allo stato pericleo, alla democrazia imperialistica e marinara, anzi è possibile rintracciarla anche in età più antica. Già nei Persiani di Eschilo (…) appare che il destino dei barbari sia stato definitivamente segnato solo con la battaglia terrestre di Platea[4]. Platone va più in là e ricusa di riconoscere importanza decisiva alla battaglia navale di Salamina, che era il gran titolo della gloria nazionale ateniese. Erano state le disfatte persiane a Maratona e a Platea, le battaglie salvatrici della libertà della Grecia[5]”[6].
Nei Persiani di Eschilo, l’ombra di Dario dice che sarà nella pianura dell’Asòpo a Platea che l’esercito guidato da Mardonio soffrirà il colmo dei mali kakw`n u{yist j (807).
Nelle Leggi di Platone, l’Ateniese cita Omero: nell’Iliade Odisseo insulta Agamennone quando il capo, essendo l’esercito in difficoltà, ordina di spingere le navi in mare (Iliade XIV, 82-102). Dunque Odisseo capiva che è un male la presenza in mare delle triremi (kako;n ejn qalavssh/ trihvrei~, 707a) in aggiunta agli opliti. Poi l’Ateniese sostiene che la salvezza dai Persiani iniziò a Maratona (490) e si concluse a Platea (479) e queste battaglie resero i Greci migliori, mentre le battaglie navali dell’Artemisio e di Salamina non li resero migliori (707c).
Nella Costituzione degli Ateniesi, Aristotele, ricorda che quando Pericle divenne leader popolare dopo avere sostenuto l’accusa contro Cimone, dhmotikwtevran e[ti sunevbh genevsqai th;n politeivan accadde che la costituzione divenne ancora più favorevole al popolo: infatti tolse alcune prerogative agli Areopagiti kai; mavlista prouvtreyen th;n povlin ejpi; th;n nautikh;n duvnamin e soprattutto spinse la città verso la potenza navale e da questo seguì che la massa fattasi intraprendente accentrò maggiormente il governo nelle proprie mani (27, 1)
Nella Costituzione degli Ateniesi pseudosenefontea il dialogante A biasima la democrazia come prepotenza del popolo, e sostiene che essa è la conseguenza dell’impero marittimo: la canaglia ha preso il potere e ha reso forte la città o{ti oJ dh'mo;~ ejstin oJ ejlauvnwn ta;~ nau'~ (1, 2), in quanto è il popolo che fa andare le navi.
Contro la navigazione si trovano altri argomenti nel secondo e nel terzo coro della Medea di Seneca. Il principale è che essa ha creato confusione mescolando le genti.
Non manca il motivo ecologico
I coreuti Corinzi danno questo avvertimento:"Quisquis audacis tetigit carinae/nobiles remos nemorisque sacri/Pelion densa spoliavit umbra,/ quisquis intravit scopulos vagantes/et tot emensus pelagi labores/barbara funem religavit ora/raptor externi rediturus auri,/exitu diro temerata ponti/iura piavit./Exigit poenas mare provocatum " ( Medea, vv. 607-616), tutti quelli che toccarono i remi famosi della nave audace, e spogliarono il Pelio dell'ombra densa della foresta sacra; chiunque passò tra gli scogli vaganti e, attraversati tanti travagli del mare, gettò l'ancora su una barbara spiaggia, per tornare impossessatosi dell'oro straniero, con morte orribile espiò le violate leggi del mare. Fa pagare il fio il mare provocato.
Si noti l’oltraggio all’ambiente. Anche nella Tebaide di Stazio la terra soffre il disboscamento dovuto alla costruzione di una pila colossale per il piccolo Ofelte: “ dat gemitum tellus”(VI, 107), ne piange la terra.
Pale, dea dei campi e Silvano signore dell’ombra della foresta (arbiter umbrae, v. 111) abbandonano piangendo i cari luoghi del loro riposo (linquunt flentes dilecta locorum/otia, vv. 110-111), mentre le Ninfe stanno abbracciate ai tronchi degli alberi e non vogliono lasciarli: “nec amplexae dimittunt robora Nymphae” (v. 113).
Stazio nell’Achilleide ricorda che la costruzione della flotta necessaria alla guerra contro Troia spogliò delle loro ombre i monti e li rimpicciolì: “Nusquam umbrae veteres: minor Othrys et ardua sidunt/ Taygeta, exuti viderunt aëra montes./Iam natat omne nemus” (I, 426-428), in nessun luogo le antiche ombre: è più piccolo l’Otris e si abbassa l’erto Taigeto, e i monti spogliati videro l’aria. Oramai ogni monte galleggia.
L’Otris è una catena montuosa della Tessaglia; il Taigeto, si sa, è la montagna che sovrasta Sparta. Chi scrive l’ha scalata da Kalamata alla cima (km 33, 12) in bicicletta in 2 ore, 14 minuti e 27 secondi, alla media di 14, 7 Km all’ora. All’età di 62 anni e 8 mesi. Non ho ancora smesso di compiere tali imprese. Spero di morire in piena salute compiendo la scalata al cielo. Tra un milione di anni.
Non mancano negli scritti di autori ateniesi le critiche alla Costituzione e all’educazione degli Spartani
Tipi odiosi sono gli Spartani, soprattutto nell'Andromaca che risale ai primi anni della grande guerra del Peloponneso[7], ed è un concentrato di malevolenza e maldicenza antispartana.
La stessa protagonista lancia un anatema contro la genìa dei signori del Peloponneso, chiamati yeudw'n a[nakte~ :" o i più odiosi (e[cqistoi) tra i mortali per tutti gli uomini, abitanti di Sparta, consiglieri fraudolenti, signori di menzogne, tessitori di mali,che pensate a raggiri e a nulla di retto, ma tutto tortuosamente, senza giustizia avete successo per la Grecia (vv.445-449).
Dal canto suo Peleo, il nonno di Neottolemo, esecra le Spartane e i loro costumi: neppure se lo volesse potrebbe restare onesta[8] ("swvfrwn", v. 596) una delle ragazze di Sparta che insieme ai ragazzi, lasciando le case con le cosce nude ("gumnoi'si mhroi'"", v.598) e i pepli sciolti, hanno corse e palestre comuni, cose per me non sopportabili " (Andromaca, vv.595-600).
Nelle Leggi di Platone, l’Ateniese ricorda allo Spartano che l’ideale guerriero della sua città non si cura abbastanza di esercitare la capacità di resistenza al piacere, e aggiunge che non sarebbe difficile per chi volesse difendere le leggi di Atene criticare le norme spartane indicando la licenza delle loro donne: “deiknu;~ th;n tw`n gunaikw`n parj uJmi`n a[nesin “(637c).
Nel dialogo tucididèo tra Melii e Ateniesi questi biasimano i loro nemici con minore virulenza: “ I Lacedemoni fanno uso della virtù soprattutto verso se stessi e le istituzioni del loro paese. Ma verso gli altri, pur potendo uno dire molte cose su come si comportano, riassumendo al massimo, si potrebbe dimostrare che essi nel modo più evidente tra quelli che conosciamo, considerano il piacevole bello e il conveniente giusto" (Storie, V, 105, 4).
Cfr. Trasimaco nella Repubblica di Platone
Bologna 28 ottobre 2022 ore 9, 05
giovanni ghiselli
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[1] Arist. jAqhn. Pol. C. 27, 1
[2] Isocrate ragionò più fondo questa teoria più tardi, nel Panatenaico, ma mentre Platone vede realizzato in Sparta l’ideale della costituzione mista (Legg. 692a), Isocrate lo riporta nell’antica Atene, già da lui elevata a modello nell’Areopagitico.
[3] Arist. J Aqhn. Pol. c, 27, 1
[4] Aesch. Pers. 800 s.
[5] Leggi 707b-c.
[6] Jaeger, Paideia 3, p. 423.
[7] 429 a. C.
[8] Plutarco dà un'interpretazione non malevola dello
stesso fatto: il legislatore volle che le fanciulle rassodassero il loro corpo
con corse, lotte, lancio del disco e del giavellotto..per eliminare poi in loro
qualsiasi morbidezza e scontrosità femminile, le abituò a intervenire nude
nelle processioni, a danzare e a cantare nelle feste sotto gli occhi dei
giovani (Vita di Licurgo , 14). E' interessante il fatto che Erodoto (I, 8)
viceversa fa dire a Gige:"la donna quando si toglie le vesti, si
spoglia anche del pudore".
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