Adriana Cavarero, Platone |
Kaisa
e io ci spogliammo del divenire per cogliere l’essere
Quel
giorno stesso facemmo il massimo di quanto possono fare due poveri corpi
mortali destinati alla putrefazione. Entrai in medias res dicendole
che dovevamo cogliere l’essere spogliandoci del divenire. Riconobbe la lezione
platonica(1) e mi diede dell’arricchito intellettuale.
Ne ridemmo, ci togliemmo i vestiti leggeri, e
meravigliosamente ci conoscemmo.
Durante tutto il mese seguente feci l’amore, di gran gusto, con
Kaisa. Eppure non avevo dimenticato Helena, la grande donna dell’anno
precedente. Tendevo anche a una suvgkrisi~, a un giudizio comparativo, a un confronto, come si fa tra le
due amanti più significative della vita.
Helena non tradiva il suo uomo, sebbene incinta, perché quando
venne a letto con me non aveva ancora deciso se tornare da lui e tenere il
bambino; Kaisa invece, con quelle luci turchine sulla pelle di giglio in mezzo
alle negre chiome, occhi simili a laghi montani, specchi del cielo sereno,
cinti da marmi liscissimi, ombreggiati da densi boschi di abeti scuri, ebbene
questa seconda donna importante della mia vita tradiva lo sposo con metodo, sia
pure non senza qualche esplosione di follia amorosa, come vedremo. Tuttavia in
generale era molto attenta a simulare e soprattutto a dissimulare: prima di
entrare in camera mia aspettava che intorno ci fosse il deserto, e io, pur con
l’avambraccio destro ingessato, nella sua stanza potevo entrare solo con goffe
e ridicole acrobazie, dalla finestra, per fortuna non alta, quando la notte era
fonda, le luci dell’Università estiva erano tutte spente, e, a parte i nostri
bisbigli e i sospiri dal bosco, o il canto di Danilo che rincasava brillo,
tutto il resto taceva.
La storia di Kaisa potrebbe chiudersi qui.
Potrei passare, lettore, all’ultima narrazione della trilogia
finlandese, quella di Päivi, la ragazza dai lunghi capelli rosso castani, dai
grandi occhiali scuri, dall’aria pensosa, incontrata sotto l’alto tetto del
megaron ombroso dell’Università di Debrecen nel luglio del 1974.
Ma voglio trattenermi e trattenerti ancora un poco nell’estate del
1972. Mi piace ricordare un episodio significativo avvenuto quando il nostro
connubio mensile aveva già un paio di settimane alle spalle. Spero di non
annoiarti; so bene che annoiare è il crimine degli imbecilli.
giovanni ghiselli
(1) Il filosofo deve cogliere l’essere (th'ς oujsivaς aJptevon) spogliandosi del
divenire (genevsewς). Platone, Repubblica,
525 b).
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