Il nostro pur troppo breve tempo in Ungheria passò tra
le parole e gli atti d’amore; di sera andavamo all’Arany bika o in un altro
locale a sentir musica e a bere l’egri bika vér [1], oppure a ballare sulla terrazza della casetta
contigua allo stadio dove verso il tramonto correvo i 5000 metri senza di lei;
in piscina invece riuscivo a portarla dopo le lezioni della mattina, a mezzo il
giorno [2], quando l’aria estuava[3].
Päivi mi seguiva nonostante soffrisse il sole e
il caldo, dato che era una creatura del nord lacustre e boscoso. Questa
discrepanza tra noi comunque mi impensieriva. Il determinismo climatico e
geografico toglieva parte del nostro essere reciprocamente congeniali. Era un
segno che la grande distanza dei luoghi di vita ci avrebbe probabilmente
divisi. Ne ebbi una stretta al cuore. Presoffrivo già quasi tutto e reagìi
pensando che dovevamo avvalerci al massimo nostro stare insieme, finché durava.
Ci frequentavamo soprattutto per parlare e fare
l’amore. In queste due situazioni funzionavamo alla perfezione. Io l’amavo
perché mi rendeva evidenti diversi aspetti dell’anima umana e dell’anima mia
con frasi sintetiche e incisive tanto che lasciavano in me impronte profonde.
Poi mi piaceva il suo stile, alto e nobile. Faccio un
esempio.
Una sera, un sabato sera di agosto, le dissi che il
giorno dopo sarei andato a Szeged con altri studenti del corso estivo per la Carmen di
Bizet cantata nella piazza di quella città trasandata. “Assomiglia a una piazza
davanti alla stazione”[3]. Le chiesi se volesse venirci.
Rispose che si sentiva stanca e pensava di non
essere troppo interessata a sentire di nuovo cantare la storia della zingara e
dei suoi amori malati a morte. La cosa mi spiacque non poco, siccome non
avevamo ancora molti giorni di quell’estate precipitosa da vivere insieme, e
sapevo che, finita Debrecen, non avremmo avuto tante altre occasioni, anzi
probabilmente sarebbe finito tutto il nostro periodo felice. Ancora di più però
mi spiacque il suo disinteresse per il melodramma, uno dei miei preferiti
oltretutto.
Allora, per provocarla, quasi per ripicca, le chiesi
che cosa avrebbe fatto se durante la gita io l’avessi tradita.
“Mi dispiacerebbe molto”, rispose.
“Sì - la incalzai - ma tu come reagiresti?”
“Non lo so, forse ti lascerei. In ogni caso non ti
tradirei. Perché io ti rispetto”.
Disse I respect you con un filo di
voce, senza aspettarsi una risposta, perché sentiva il rispetto come
un’esigenza sua. O almeno così credetti in quel momento e per qualche settimana
successiva, fino a quando me lo lasciò credere.
Poi quella sera con voce angelica aggiunse: “so che il
tradimento adesso è di gran moda, it is a deed in fashion, ma io
non seguo le mode”.
“Fai bene”le dissi. “La moda infatti è sorella della
morte[5] e le mode di questa età scolorita sono
plumbee, fanno affondare. Anche io ti rispetto, non dubitarne, e perdona la mia
ipotesi stupida assai, e volgare. Non venendo a Szeged mi dai un dispiacere, ma
con la tua risposta mi hai donato una grande e bella lezione di stile e
dignità, mi hai reso migliore. Io non posso tradirti. Io ti amo”.
Allora Päivi mi accarezzò il viso dicendo: “sei
aquilino come il tuo naso, sai volare, non sei camuso e tellurico”. Già le
risposi “come il cavallo nobile del cocchio alato di Platone: ejpivgrupoς, non simoprovswpoς[6]”. Quindi le raccontai il Fedro e
le dissi che il nostro amore mi faceva spuntare le ali.
“Anche a me” fece lei.
p. s. la prima redazione risale al 1984 più o meno, la
seconda al 2016.
Nel frattempo alcuni falsi amici mi hanno abbandonato
perché si vergognano della mia povertà, disprezzano il mio fare le vacanze in
bicicletta, il mio dormire negli ostelli dalle cui terrazze non ho la veduta
tronca a guardar le stelle e il mare, insomma tutta la mia vita da mendico. In
verità sono prima di tutto un accattone della bellezza, dell’amore, degli
affetti che gli adoratori del vitello d’oro non possono darmi.
Intanto il mio blog è arrivato a 462740 in 1453 giorni
alla media di 318 letture al giorno. Di questo sono ricco e felice.
Giovedì terrò una conferenza sul mito del tutto sine
pecunia nella biblioteca Scandellara
Riveduto e migliorato il 26 settembre 2018
Il blog aperto nel febbraio del 2013 è arrivato a
670247
Riveduto e perfezionato il 4 agosto 1919
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di 342, 21021 al giorno
Oggi 20 aprile 2020 questo blog è arrivato a 930461
letture alla media di 353 al giorno da 2635 giorni. Senza alcuna
raccomandazione se non la ricchezza di significati delle mie pagine cioè la mia
ricchezza di mendicante.
1 Sangue di toro di Eger, è un vino rosso già
menzionato in capitoli precedenti su Helena e Kaisa.
2 Cfr. D’Annunzio, Meriggio, v. 1.
3 Cfr. D’Annunzio, Stabat nuda aestas, v.
3.
4 Claudio Magris, Danubio, p. 303.
5 Cfr. l’operetta morale di Leopardi Dialogo
della moda e della morte del 1824
Moda: Io sono la Moda, tua sorella.
Morte: mia sorella?
Moda: Sì, non ti ricordi che tutte e due siamo nate
dalla Caducità?
6 Cfr. Platone, Fedro,
253d - e.
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