Manet, Mademoiselle V |
Le tre coppie. "Inconditi ioci" e supponenza pretenziosa
Intanto Bruno e Silvano facevano
lazzi e frizzi con le due tedesche: sembravano allegri e senza pensiero; a
noi non badavano più.
Credo che considerassero noiosi i
nostri discorsi, e soprattutto inutili ai fini erotici con le loro compagne.
Invece per noi due, persone non ordinarie, eccentriche e stravaganti, le parole
alquanto libresche erano pure erotizzanti. Per me e Päivi sarebbe
stato del tutto antierotico il comportamento assunto dai nostri compagni di
tavolo.
“Guardate che bel tovagliolo”
diceva Silvano, per esempio, in una lingua franca mista di italiano, inglese e
francese, non senza accento modenese.
Una delle ragazze leggeva ad alta
voce le lettere ricamate in rosso, poi siccome su quel tessuto c’era anche la
figura di un toro scarlatto, l’altra fanciulla faceva un muggito lungo. Quindi
ridevano tutti a crepapelle, con le lacrime agli occhi.
Io e Päivi li
guardavamo con meraviglia cupa.
“Neanche avessero davanti agli
occhi la mantiglia rosa della toreadora di Manet”, bisbigliai con sarcasmo
pretenzioso ricordando Nabokov.
Bruno si accorse di essere
osservato con supponenza maligna, e disse con un forte accento romanesco: “A
Gia’, non fare tanti discorsi seri con quella finnica, ché non ne
vale la pena. Le donne vogliono stare allegre e afferrare il concreto, il
solido priapesco1 “l’omo ha da esse omo, lo sai bene anche tu: non siamo pupi
nato l’altro ieri”.
“Può essere, Bruno. Priapo
lo venero anche io: tutte le mattine quando mi sveglio, e tutte le sere prima
di andare a dormire, gli rivolgo ringraziamenti per i suoi lauti favori, ma
questa ragazza non sa e non vuole comunicare a muggiti”.
Confesso che usai un tono acido, da
professorino pedante, mentre nel richiamo del povero Bruno non c’era alcuna
avversione per me, anzi, voleva comunicare, scuotermi dal mio presuntuoso
narcisismo, invitarmi a giocare con loro.
La mors immatura di
quel ragazzo con cui ebbi qualche attrito, pur piccolo, mi dà ancora un vago
senso di colpa.
Devo confessare che quando mi
trovavo da solo con loro, con i maschi italiani, mi lasciavo andare io pure ad
atti goliardici, a giochi insensati, infantilmente, e lo faccio
ancora nonostante l’età.
Ma quando c’erano donne come
Helena, o Kaisa di cui ho già raccontatato o come Päivi di cui ti
sto raccontando, lettore, allora facevo come un onesto uccello in amore:
riassettavo tutte le mie piume e mettevo in mostra gli atti, i versi e le parole
migliori tra quelle che avevo a disposizione. Insomma con le donne che mi
piacevano assai e mi intimidivano, mettevo la maschera cui volevo uniformare il
mio volto: quella del giovanotto riflessivo, riservato, buono,
studioso, sportivo e pure, o se preferisci eppure, geniale. Mi pregiavo anche
di essere un comunista colto, aristocratico : lo consideravo
elegante oltre che morale. Volevo apparire, per poi diventarlo, uno studioso,
un atleta e un artista.
Prima di identificarmi del tutto in
quel ruolo e di recitarlo bene, potevo assumerne altri. All’epoca ero
abbastanza camaleontico e in questo il mio modello poteva essere Alcibiade2, o
Andrea Sperelli3 di D’Annunzio. Non voglio dire che mi prendevo gioco delle mie
donne migliori: ero davvero innamorato di loro, o piuttosto lo ero del
progresso e del raffinamento identitario che ricavavo dalle pose assunte, dal
ruolo che dovevo recitare molto bene, se volevo piacere a queste Beatrici che
mi rendevano felice siccome attraenti molto, intelligenti assai e poco caste per
fortuna mia e loro. Ma per ora basta di questo.
Dopo la mia risposta per niente
amichevole, si ruppero i contatti verbali tra noi due e gli altri quattro.
Non ne fui contento, poiché quando
esco in compagnia mi piace scambiare impressioni, idee, sguardi di
intesa e gesti cordiali con tutti i compagni.
Tra me e Päivi del resto niente
mancava. Mi domandò chi fosse Priapo.
“E’ uno dei miei protettori, il dio
dell’erezione. Un altro è Giovanni Battista, il santo delinquente4
politico, il provdromo", precursore
del Nazareno crocifisso, il decollato che “per salti fu tratto al martiro”5
come ricorda Dante, il grande profeta di cui Gesù disse: “ Non surrexit
inter natos mulierum maior Ioanne Baptista” 6.
Päivi mi
fece una carezza sul volto e disse: “Hai un bel naso romano”. “Potrebbe essere
anche da ebreo”, risposi . “Può essere” fece lei.
Mi venne in mente un complimento
analogo che mi aveva già fatto Helena nel 1971. Da allora il mio naso, sebbene
piuttosto pronunciato e un poco ricurvo, da uccello rapace, piace molto anche a
me.
Una donna ci dà la vita,
diverse donne ce la fanno amare, qualche donna pulirà il nostro
corpo e piangerà nell’ora estrema. Dopo però le ritroverò tutte, ridenti.
Il più tardi possibile, per
carità.
1
Priapo è il dio dell’erezione.
2 Plutarco aveva scritto di Alcibiade che era
capace di imporsi trasformazioni più rapide e radicali del camaleonte ("ojxutevra" (...)
tropa;" tou' camailevonto""), il quale
infatti non è creatura altrettanto versatile in quanto non in grado di assumere
il colore bianco, mentre per quest'uomo, che passava con uguale disinvoltura
attraverso il bene e il male, non c'era niente di inimitabile né di non
provato:" jAlkibiavdh/ de; dia; crhstw'n ijovnti kai; ponhrw'n oJmoivw"
oujde;n h'jn ajmivmhton oujd j ajnepithvdeuton": a Sparta faceva sport (gumnastikov"), viveva sobriamente (eujtelhv"), teneva un'
espressione austera (skuqrwpov"); in Ionia faceva il
raffinato (clidanov"), il gaudente (ejpiterphv"), l'indolente (rJav/qumo"); in Tracia
si ubriacava (mequstikov") e andava a cavallo ( iJppastikov"); e quando frequentava
il satrapo Tissaferne superava nel fasto e nel lusso la magnificenza
persiana("uJperevballen o[gkw/
kai; poluteleiva/ th;n Persikh;n megaloprevpeian" Plutarco, Vita di Alcibiade., 23, 5.). Insomma assumeva di
volta in volta le forme e gli atteggiamenti più consoni a quelli cui voleva
piacere, o per dirla con Cornelio Nepote era "temporibus callidissime
serviens " Cornelio
Nepote, Vite, 7, 4.abilissimo nell'adattarsi alle circostanze.
3 Quanto al personaggio di D’Annunzio, Sperelli
stesso pensa di sè:"Io sono camaleontico , chimerico, incoerente,
inconsistente. Qualunque mio sforzo verso l'unità riuscirà sempre vano. Bisogna
omai ch'io mi rassegni. La mia legge è in una parola: NUNC .
Sia fatta la volontà della legge"- D'Annunzio, Il
Piacere , p. 278.
4 Ossimoro simile si trova nell’Antigone dove l’eroina di Sofocle dice alla
sorella Ismene a proposito della sepoltura del loro fratello
Polinice: “io amata, giacerò con lui, con l'amato,/dopo avere compiuto
un'illegalità santa (o{sia panourghvsa" j) poiché
è più lungo il tempo/nel quale bisogna che piaccia a quelli di sotto che a
questi qua sopra" vv.73-75
5
Dante, Paradiso, XVIII, 135
6 NT,
Matteo, 11, 11
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