Quando sento cantare Bella
ciao che è stato l’inno della mia gioventù, piango perché mi fa venire in mente
anni belli della mia vita quando, superata la crisi del disincanto di fine adolescenza con l’aiuto
del clima mondiale invalso nel 1968, la mia gioventù rifioriva e fiorivano le
speranze di una società migliore, meno egoista, meno ipocrita e cattiva, un’umanità
più generosa, sincera e buona. Insomma
più umana.
Sì cantava Bella ciao
credendo in noi stessi e in un futuro di
giustizia e di amore. Poi quelle speranze hanno fatto la fine delle adolescenti
leopardiane, le speranze del poeta
incarnate in Silvia e Nerina.
Le nostre sono state uccise dalla
religio del profitto che al pari di
quella condannata da Lucrezio ha spinto i suoi infernali sacerdoti a coprire e
macchiare di stragi la terra per ogni “cagion
qual si sia ch’ad auro torni” (Leopardi, Palinodia
al marchese Gino Capponi, v. 68)
I cultori del lucro per pochi,
con i loro servi e i loro sicari, hanno cancellato lo statuto dei lavoratori
che promulgato dal socialista di Recanati Giacomo Brodolini, rispecchiava
almeno in parte quella libertà di tutti per la quale era morto il partigiano
della nostra canzone.
La Costituzione della Repubblica italiana è rimasta in gran parte inattuata. Anzi,
rispetto a quello statuto è regredita. Penso
in particolare all’articolo 3 che attribuisce “pari dignità sociale” a tutti i
cittadini e assegna alla Repubblica il compito di “rimuovere gli ostacoli di
ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza
dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva
partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e
sociale del paese”.
Ci si stava avvicinando a
questo traguardo. Poi dal dicembre del 1969, per almeno tre lustri, le stragi
pensate, preparate e attuate con la strategia della tensione hanno ingenerato il
sospetto, la paura e, di conseguenza, determinato il declino e la caduta della solidarietà tra
noi umani. Questa orrenda nuova controriforma con tanto di roghi e supplizi, un
poco alla volta ha ottuso le menti, ha involgarito la scuola, ha imbarbarito
gli animi. Ai giovani che cantavano Bella ciao e Bandiera rossa sono succeduti
quelli dell’happy hour impregnati di aperitivi, ignoranza e menefreghismo.
Nel luglio del 2015 ero in
Grecia. Gli Elleni aspettavano l’esito del referendum. Quando seppero il
risultato, scesero in piazza per festeggiare.
Per me fu un momento di
rinnovata speranza. Ero in piazza Syntagma. Intonai Bella ciao e mi seguirono
in tanti. Eravamo felici. Poi le speranza sono di nuovo cadute.
Ora cantiamo di nuovo la
nostra bella canzone. Se vogliamo che significhi davvero qualcosa dobbiamo
identificare l’invasore, combatterlo e sconfiggerlo. Quello degli ultimi 40
anni che è ancora vivo e continua a farci del male.
Invero gli invasori sono
tanti: l’ignoranza, l’egoismo, la brutalità le sperequazioni, lo sfruttamento, le ingiustizie, l’inimicizia tra gli uomini,
tra le donne, tra gli uomini e le donne.
Se penso che Bella ciao è
solo un ricordo di tempi migliori, un canto corale soltanto nostalgico o
retorico, mi succede quanto mi accadde nell’estate del 2015 quando sul ponte
della nave che mi riportava in Italia sentivo quel canto “lontanando morire a
poco a poco” e similmente mi si stringe il core[1].
giovanni ghiselli
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