Der Zauberberg di Hans W. Geißendörfer |
La cena sul colle sopra il gomito del Danubio. La rosa bianca di Josiane
Dopo il tramonto salimmo, per cenare, al ristorante Silvanus alto cinquecento metri sui colli che sorgono sul gomito dell’Istro, il grande fiume verde di foglie e biondo di sabbie ancora memori della luce del sole.
Dopo il tramonto salimmo, per cenare, al ristorante Silvanus alto cinquecento metri sui colli che sorgono sul gomito dell’Istro, il grande fiume verde di foglie e biondo di sabbie ancora memori della luce del sole.
Il Danubio incurvato tra i monti,
da lassù sembra il lago di Como visto dalla Madonna del Ghisallo. Avrei voluto
dare sfogo alla gioia scalando anche quella salita con la bicicletta. A occidente
indugiava ancora la luce della giornata bella, ma la temperatura si era
abbassata di non pochi gradi.
L’estate tremava sulle soglie
dell’autunno che l’avrebbe calpestata [1] e annientata poco prima di venire a sua
volta intorpidito e paralizzato dalla bruma invernale, quella che fa zittire
gli uccelli [2], o li uccide [3].
D’altra parte se l’autunno già
bussava alle porte, la primavera non poteva essere troppo lontana[4].
Un vento fresco, già quasi
settembrino, muoveva adagio gli aghi dei pini che profumando e sussurrando, mi
suggerivano ancora sensazioni e pensieri buoni. I lunghi capelli di Päivi,
mossi e sollevati dall’aria, sembravano fili di seta protesi verso una realtà
ultraterrena: il paradiso sperato del nostro amore .
Poco più tardi, mentre mangiavamo
con moderazione, al nostro tavolo venne Josiane, l’ex ragazzina francese che
una sera oramai già allora lontana [5] aveva ingelosito Elena, la bella finnica
incinta del 1971. In quel tempo la graziosa diciottenne mi sorrideva senza
ragione, come fanno spesso le adolescenti, e io la contraccambiavo con un
sorriso da satiro invecchiato, già quasi un sileno [6], sebbene non avessi ancora
compiuto ventisette anni. Il fatto è che avevo giurato il mio amore e avevo
fatto l’amore con una donna che si era appena scoperta pregna di un altro uomo.
Passati tre anni, tutto era diventato
più chiaro e diritto. C’era più verità, c’era più stile in entrambi.
Sempre carina e gentile, e un poco
più matura, come me d’altra parte, dopo cena, la ragazza mi porse una rosa
bianca dicendo: Magister, tibi”.
Presi il fiore e la ringraziai, contraccambiando la sua simpatia.
Le dissi, citando Thomas Mann: “une fois déjà, je
t’ai demandé ton crayon, pour faire enfin ta conaissance mondaine”[7]. Poi mi
alzai e la baciai sulla fronte. Josiane capì che la congedavo e se ne andò,
questa volta forse per sempre. Dico forse perché non mi dispiacerebbe che
leggesse queste righe e mi cercasse. Dovrebbe essere una matura signora, una
donna attraente di circa sessantasette anni. Spero che non abbia smentito il
bell’aspetto che aveva.
Noi, due graziosa adolescente del
1971, abbiamo vissuto nello spirito ciò che probabilmente non vivremo mai nella
carne. Una omissione non peccaminosa in quel tempo.
Ancora una volta la matita rimase
inutilizzata e non ci scambiammo gli indirizzi: non volli rompere l’equilibrio
che avevo trovato con me stesso, con il mondo e con la donna che aspettava una
bambina, o un bambino, da me. Quella sera sapevo vedere la bellezza coniugata
con la giustizia dentro tutti gli aspetti del mondo e credevo di potere
trasmettere tale connubio: mi sentivo un vero maestro e un artista educatore
che nella nostra breve, talora tremendamente difficile esistenza mortale,
discerne la santa armonia, sa indicarla ai suoi discepoli, e può renderla
manifesta a un popolo intero.
Voi lettori entro questo 2020 arriverete
a un milione. Siete un popolo eletto.
Infatti mi leggete senza alcuna
pubblicità né alcuna mia visibilità televisiva o altro: di questo scritto
contano la bellezza e la bontà della vita, contano l’arte e l’amore, non le
conoscenze, le aderenze, le raccomandazioni.
Baci
Gianni
1 Cfr.
Orazio, Odi IV,
7, 10 ver
proterit aestas, l’estate calpesta la primavera.
2
Cfr. Lucano Pharsalia,
I, 259 volucres
cum bruma coercet (259) quando l’inverno chiude la gola agli uccelli.
3
Cfr. Eschilo, Agamennone:
“ceimw'na dj eij
levgoi ti" oijwnoktovnon (563),
e se qualcuno dicesse dell’inverno che uccide gli uccelli.
4
Cfr. Shelley, Ode
to the West Wind: “If Winter comes, can
Spring be far behind?”
5
Cfr. La storia di Elena.
6 Cfr.
Lorenzo de’ Medici, Canzona di Bacco
Questa
soma, che vien drieto
sopra l’asino, è Sileno:
così vecchio è ebbro e lieto,
già di carne e d’anni pieno;
se non può star ritto, almeno
ride e gode tuttavia.
così vecchio è ebbro e lieto,
già di carne e d’anni pieno;
se non può star ritto, almeno
ride e gode tuttavia.
7 La
montagna incantata, quinto capitolo, Notte di Valpurga
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