fiume Lete |
L’amore fisico con la trasfusione delle anime.
Päivi
continuava a spronarmi e incoraggiarmi perché trovassi il mio metodo cioè la
mia strada, e diventassi quello che ero secondo lei “Tu Gianni mi piaci: sei
entusiasta come un adolescente, hai buon gusto e hai del genio. Coltìvati
ancora e vedrai che uomo diventi! Devi solo utilizzare il tempo tuo nella
maniera migliore: continua a studiare, fai altre esperienze che ti interessano,
poi sarai una persona del tutto realizzata e felice perché l’intelligenza, la
volontà e l’ottimismo li hai!
Vorrei
averlo io il tuo entusiasmo!”
“Voglio
comunicartelo. Tu sei una donna ricca di spirito e sei molto attraente: io
sento il desiderio, anzi il bisogno, di trasfondere la mia anima nella tua e la
tua nella mia”, risposi accarezzandole i capelli rosso castani, lunghi fino al
seno, all’angelico seno[1]. Et Transfudemus hinc et hinc labellis errantes animas [2] aggiunsi. Non ero sicuro che avesse compreso. Quindi le dissi in inglese
che la mia anima aveva bisogno di assorbire i sentimenti della sua, di
assimilarli per restituirglieli fecondati.
Sotto la
giacca di velluto rosso aveva una maglietta di colore bianchissimo dove
appariva con piena chiarezza, in alto rilievo la bella forma del petto cospicuo
e compatto, molto eccitante in quel contesto di donna intelligente e colta.
Arrivai ad accarezzarle l’estremità superiore della mammella sinistra.
Päivi non si
scostò, ma io fermai la mano blanda e lasciva, temendo che fosse non del tutto
opportuna. Non in quel luogo.
Poi,
guardandola negli occhi con un sorriso di gioia, dissi: “un giorno vorrei avere
una figlia simile a te!”
Quella sera,
tornati in collegio, facemmo l’amore. Non era possibile, non farlo, nemmeno
pensabile. Le nostre compagini umane sobbalzarono sbattute e trascinate dalle
ondate di piacere e di gioia, pungolate dall’attrazione e forse ancora più
dall’intesa verificata con il lungo dialogo preparatorio.
Erompeva
tutto il fuoco accumulato nel cuore e nelle viscere e non c’erano freni a
trattenerlo né acqua a smorzarlo, né barriere a ostacolarlo.
Nel momento
supremo nemmeno il tempo ebbe più ostacoli: tutta la mia vita amorosa
compendiata in quell’istante mi venne davanti in un’immagine sola e anche il
futuro cercava di venire alla luce.
I corpi non
erano estranei all’apertura generale: dalle bocche ansimanti uscivano la
schiuma di Eros e mormorii amorosi vicendevolmente soffiati
Fu come se
il cosmo mi spalancasse le porte.
Io non so
quanto senza volere, fatto sta che senza averlo deciso coscientemente, quella
sera, o poco più avanti, la misi incinta.
Forse una
dose di acqua del Lete aggiunta al vino bevuto aveva contribuito a farci
obliare, nel culmine, tutto, tranne il piacere e l’amore di quel momento.
Non è
successo mai più nel resto della mia vita. L’ho sempre evitato con cura
estrema. Non ho più stimato nessuna donna quanto Päivi e non sono voluto diventare
un funzionario della specie con una che non mi convinceva del tutto. Magari mi
eccitavano le flessuosità di quei corpi, ma non si è mai più ripetuta la
trasfusione delle anime che ho raccontato in questo capitolo.
A maggior
ragione non ho messo al mondo figlioli perché i rapporti umani, fra stragi,
guerre e crimini vari, sono diventati sempre più gravidi di ostilità. Anche
quelli personali. Visto il calo demografico, credo che non poche persone si
siano astenute dal procreare per siffatti motivi.
giovanni
ghiselli 19 aprile
Nessun commento:
Posta un commento