domenica 19 aprile 2020

La storia di Päivi. Capitolo 11. L’amore fisico con la trasfusione delle anime

fiume Lete

L’amore fisico con la trasfusione delle anime.

Päivi continuava a spronarmi e incoraggiarmi perché trovassi il mio metodo cioè la mia strada, e diventassi quello che ero secondo lei “Tu Gianni mi piaci: sei entusiasta come un adolescente, hai buon gusto e hai del genio. Coltìvati ancora e vedrai che uomo diventi! Devi solo utilizzare il tempo tuo nella maniera migliore: continua a studiare, fai altre esperienze che ti interessano, poi sarai una persona del tutto realizzata e felice perché l’intelligenza, la volontà e l’ottimismo li hai!
Vorrei averlo io il tuo entusiasmo!”
“Voglio comunicartelo. Tu sei una donna ricca di spirito e sei molto attraente: io sento il desiderio, anzi il bisogno, di trasfondere la mia anima nella tua e la tua nella mia”, risposi accarezzandole i capelli rosso castani, lunghi fino al seno, all’angelico seno[1]Et Transfudemus hinc et hinc labellis errantes animas [2] aggiunsi. Non ero sicuro che avesse compreso. Quindi le dissi in inglese che la mia anima aveva bisogno di assorbire i sentimenti della sua, di assimilarli per restituirglieli fecondati.
Sotto la giacca di velluto rosso aveva una maglietta di colore bianchissimo dove appariva con piena chiarezza, in alto rilievo la bella forma del petto cospicuo e compatto, molto eccitante in quel contesto di donna intelligente e colta. Arrivai ad accarezzarle l’estremità superiore della mammella sinistra.
Päivi non si scostò, ma io fermai la mano blanda e lasciva, temendo che fosse non del tutto opportuna. Non in quel luogo.
Poi, guardandola negli occhi con un sorriso di gioia, dissi: “un giorno vorrei avere una figlia simile a te!”
Quella sera, tornati in collegio, facemmo l’amore. Non era possibile, non farlo, nemmeno pensabile. Le nostre compagini umane sobbalzarono sbattute e trascinate dalle ondate di piacere e di gioia, pungolate dall’attrazione e forse ancora più dall’intesa verificata con il lungo dialogo preparatorio.
Erompeva tutto il fuoco accumulato nel cuore e nelle viscere e non c’erano freni a trattenerlo né acqua a smorzarlo, né barriere a ostacolarlo.
Nel momento supremo nemmeno il tempo ebbe più ostacoli: tutta la mia vita amorosa compendiata in quell’istante mi venne davanti in un’immagine sola e anche il futuro cercava di venire alla luce.
I corpi non erano estranei all’apertura generale: dalle bocche ansimanti uscivano la schiuma di Eros e mormorii amorosi vicendevolmente soffiati
Fu come se il cosmo mi spalancasse le porte.
Io non so quanto senza volere, fatto sta che senza averlo deciso coscientemente, quella sera, o poco più avanti, la misi incinta.
Forse una dose di acqua del Lete aggiunta al vino bevuto aveva contribuito a farci obliare, nel culmine, tutto, tranne il piacere e l’amore di quel momento.
Non è successo mai più nel resto della mia vita. L’ho sempre evitato con cura estrema. Non ho più stimato nessuna donna quanto Päivi e non sono voluto diventare un funzionario della specie con una che non mi convinceva del tutto. Magari mi eccitavano le flessuosità di quei corpi, ma non si è mai più ripetuta la trasfusione delle anime che ho raccontato in questo capitolo.
A maggior ragione non ho messo al mondo figlioli perché i rapporti umani, fra stragi, guerre e crimini vari, sono diventati sempre più gravidi di ostilità. Anche quelli personali. Visto il calo demografico, credo che non poche persone si siano astenute dal procreare per siffatti motivi.

giovanni ghiselli 19 aprile



[1] Cfr. Francesco Petrarca, Canzone XIV, Chiare fresche e dolci acque, v. 9.
[2] Cfr. Satyricon79, 8. Il nostro, però, fu un amore eterosessuale.

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