Sommario
Nelle piccole città i
costumi sono peggiori che nelle grandi dove c’è più spirito di onore e cura di
essere conforme agli altri.
La cultura rende più costumati.
I lumi hanno distrutto i princìpi morali ma cultura e civiltà pongono degli
argini alla scostumatezza. Il clima influisce sempre sul carattere e sui
costumi degli abitanti. Gli Italiani più intelligenti sono i Marchigiani grazie
alla sottigliezza della loro aria. I meridionali che sono più vivaci, sensibili
e caldi, con il disincanto diventano più freddi e indifferenti, e i più
delicati quando vengono confricati dalla durezza della realtà incalliscono più
a fondo.
Il Romanticismo appartiene ai
settentrionali, e massime ai Tedeschi.
Solo gli antichi seppero
coniugare la civiltà con l’immaginazione.
In Italia non c’è alcun
fanatismo religioso sul tipo di quello dei quacqueri.
Nei tempi moderni i popoli
settentrionali sono superiori per la loro immaginazione che è rimasta meno
mortificata in quanto era meno sentita e meno vissuta. I meridionali sono stati
spinti dal disincanto alla più grande freddezza e indifferenza proprio perché
hanno maggiore forza di vita e sono meno “macchinali” (meccanici) dei
settentrionali.
In Italia dunque c’è” totale mancanza
o incertezza di buoni costumi propriamente italiani (la qual mancanza è sempre
compagna e causa di mali costumi)”; tuttavia “v’ha migliori e men
cattivi costumi nelle capitali e nelle città grandi d’Italia, che nelle
provincie, e nelle città secondarie e piccole”. Ciò dipende dal fatto che nelle
grandi “v’ha un poco più di società, quindi un poco più cura dell’opinion
pubblica (…) quindi un poco più di studio e di spirito d’onore, e gelosia della
propria fama, un poco più di necessità e cura di esser conforme agli altri, un
poco più di costume, e quindi di buono o men cattivo costume”.
Forse nell’Ottocento era così.
Posso dire che ho constatato il contrario: nella piccola città (quale Pesaro )
il conformismo , la “cura di esser conforme agli altri” è molto più
difficile da ignorare che nelle medie (Bologna) e, immagino, nelle grandi.
Importanza grande ha la presenza dell’Università dove affluiscono giovani da
varie parti e fanno girare idee sempre nuove.
A Bologna mi sono permesso
trasgressioni rispetto all’essere conforme agli altri che a Pesaro non mi
avrebbero mai consentito di lavorare e forse nemmeno di vivere.
Torno al Recanatese: “Al contrario
di quello che può sembrare verisimile, le città piccole e le provincie d’Italia
sono di costumi e di principii assai peggiori e più sfrenati che le capitali e
città grandi”.
Se per costumi sfrenati e
corrotti si intende la chiusura mentale e l’ipocrisia, insomma il
provincialismo più gretto, questo pensiero è giusto: nei paesi e nelle piccole
città si è comunque più condizionati dai luoghi comuni del perbenismo e i
costumi corrotti si tengono al coperto e al chiuso.
Leopardi pone opportunamente
l’incultura tra le fonti della corruzione: “nel mondo civile le
nazioni, le provincie città, le classi, gl’individui più colti, più
politi, sociali, esperimentati nel mondo istruiti, e insomma più civili, sono
eziandio i meno scostumati e immorali nella condotta”. Insomma i costumi sono
più corrotti e cattivi dove c’è minor civiltà. Vero è che la civiltà è
corruzione, però infonde lo spirito di onore e la stima dell’opinione pubblica
e la gelosia e cura di quanto pensano gli altro.
Tale “cura” è un deterrente
rispetto alla scostumatezza oramai ovunque diffusa dacché i lumi
hanno distrutto i princìpi morali.
Leopardi poi viene a parlare cioè a
scrivere parole sul clima che influisce sempre sul carattere e i costumi degli
abitanti. E’ il determinismo geografico di cui abbiamo testimonianze già in
Erodoto e negli scritti ippocratici.
Leopardi
nello Zibaldone (3891)assume la teoria ippocratica della
connessione fra la terra e l'uomo in lode degli Italiani e dei Marchigiani in
particolare: "Ne' luoghi d'aria sottile, gl'ingegni sogliono esser
maggiori e più svegliati e capaci, e particolarmente più acuti e più portati e
disposti alla furberia. I più furbi p. abito e i più ingegnosi p. natura di
tutti gl'italiani, sono i marchegiani: il che senza dubbio ha relazione colla
sottigliezza ec. della loro aria. Similmente gl'italiani in generale a paragone
delle altre nazioni. Mettendo il piede ne' termini della Marca si riconosce
visibilmente una fisonomia più viva, più animata, uno sguardo più penetrante e
più arguto che non è quello de' convicini, né de' romani stessi che pur vivono
nella società e nell'uso di un gran capitale".
“E’ tanto mirabile e simile a
paradosso, quanto vero, che non v’ha né individuo né popolo sì vicino alla
freddezza, all’indifferenza, all’insensibilità (…) come quelli che per nartura
sono più vivaci, più sensibili, più caldi”. Collocati in situazioni in cui
tutto contribuisca al disinganno, questo per la vivacità della loro natura “è
completo, totale, fortissimo, profondissimo (…) L’indifferenza che ne risulta è
perfetta, radicattissima, costantissima; l’inattività, se si può cos’ dire,
efficasissima; la noncuranza effettivissima (…) I popoli settentrionalu meno
caldi nelle illusioni, sono anche meno freddi nel disinganno”.
Un aspetto buono
del carattere tende a ribaltarsi in seguito a una disillusione. Si
pensi al Timone di Atene di Shakespeare: da benefattore anche
troppo diventa misantropo.
“Uno spirito delicato messo a
contatto della durezza delle cose reali, e confricato per così dire con esse,
diventa tanto più presto e tanto maggiuormente ottuso quanto era più acuto e
più fino, e tanto più profondamente incallisce quanto era più delicato tenero e
molle”.
Allora “non ci maraviglieremo punto
che gl’italiani la più vivace di tutte le nazioni colte e la più sensibile e
calda per natura, sia ora per assuefazione e per carattere
acquisito la più morta, la più fredda, la più filosofa in pratica”,
circospetta, indifferente e così via.
“E d’altra parte non farà
meraviglia che i popoli settentrionali, e massime i più settentrionali sieno
oggi i più caldi di spirito, i più immaginosi in fatto, i più mobili e
governabili dalle illusioni, i più sentimentali di carattere e di spirito e di
costumi, i più poeti nelle azioni e nella vita, e negli scritti e letterature”.
Questo, per l’esperienza che ho di
donne tra le “più settentrionali” d’Europa, tre finlandesi e una russa di San
Pietroburgo, dipende dal fatto che le nordiche sono cresciute in un ambiente la
cui educazione non le differenzia dai loro coetanei maschi. Le ragazze già
sessanta anni fa venivano educate come persone e avevano il coraggio
di rivelare la loro identità senza camuffarla come facevano qui in Italia
quando eravamo giovani: venivano manipolate in modo che ritenessero necessario
trovare un marito dal quale farsi sposare, ed erano istruite per raggiungere
questo scopo, a partire da una reputazione di castità. Cosa che
rendeva infelici anche i maschi i quali stavano a tale tristissimo gioco, o
l’avevano imposto loro. Nell’attesa di trovare la vergine da sposare, i maschi
frequentavano le prostitute. Questo falsava tutti i rapporti umani.
Poi, con il ’68 le cose
cominciarono a cambiare ma qualche rigurgito di quella arretratezza nella quale
siamo cresciuti noi nati alla fine della guerra, di tanto in tanto trabocca. Le
stupide tra le femministe attuali vogliono riproporre, rovesciato, il razzismo
di genere che non considera le femmine e i maschi quali persone della stessa
specie.
Leopardi prosegue facendo l’esempio
di alcune associazioni o sette religiose settentrionali come “la società dei
fratelli Moravi” e il “quakerismo”.
In nota aggiunge “Il sistema del
Romanticismo che ha reso sistematica anche la poesia non appartiene che a’
settentrionali, e massime a’ tedeschi (…) Ed ora è notabilissima la situazione
di alcuni popoli settentrionali, che conservano l’immaginazione in mezzo alla
crescente civiltà”.
Nei “tempi bassi l’immaginazione
non mancò, ma fu congiunta alla barbarie. Ne’ moderni, massime al mezzogiorno,
la civiltà non manca, ma bensì l’immaginazione posta in attività (…) L’unione
della civiltà coll’immaginazione è lo stato degli antichi, e propriamente lo
stato antico, e non accade dire di che grandezza ei fosse cagione”.
Torniamo dalla nota al testo dove
Leopardi menziona “la società dei Fratelli Moravi” ispirata al pietismo e il
“quakerismo che ancora dura”
In Italia non c’è niente del
genere: “Né mi si oppongano simili pratiche religiose (…) perché queste in
Italia, come ho detto, sono usi e consuetudini, non costumi, e tutti se ne
ridono, né si trovano più in Italia veri fanatici di nessun genere, appena tra
quelli che per istato hanno interesse alla conservazione di questa o quella
specie di fanatismo o d’illusioni”.
Dunque “ I
popoli meridionali superarono tutti gli altri nella immaginazione e
quindi in ogni cosa, a’ tempi antichi; e i settentrionali per la stessa
immaginazione superano di gran lunga i meridionali a’ tempi moderni
(…) io non dubito di attribuire in gran parte la decisa e visibile superiorità
presente delle nazioni settentrionali sulle meridionali, sì in
politica, sì in letteratura, sì in ogni cosa, alla superiorità della loro
immaginazione (…) Sembra che il tempo del settentrione sia venuto. Finora ha
sempre brillato e potuto nel mondo il mezzogiorno. Ed esso era
veramente fatto per brillare e prepotere in tempi quali furono gli antichi.
E il settentrione viceversa è propriamente fatto per tenere il disopra ne’
tempi della natura de’ moderni (…) la superiorità del settentrione non è da
stimarsi accidentale né da aspettarsi che passi , almeno in uno spazio di tempo
prevedibile”
La vita e la forza interna dello
spirito “è naturalmente maggiore ne’ meridionali, e neg’individui sensibili e
ne’ fini ingegni, che non negli altri, perciò essi sono (…) meno macchinali che
gli altri popoli e individui. Quindi è che quando i princìpi e le persuasioni loro
sono contrarie alle illusioni, fredde conducenti all’indifferenza, all’aridità,
al puro calcolo, anche i caratteri e le azioni loro sono al tutto e
costantemente fredde, calcolate, indifferenti, insensibili, più assai che negli
altri popoli e individui anche più istruiti, più filosofi, più fondati e
provveduti di princìpi contarii alle illusioni e all’immaginoso, e conducenti
alla freddezza, indifferenza, insensibilità. La corrispondenza tra i principii
e la pratica è molto maggiore e più costante in quelli che non è negli altri”
Sono le ultime parole di
questo Discorso.
A proposto dei meridionali “meno
macchinali” ossia meccanici dei settentrionali, voglio ricordare, per
concludere, che Leopardi nell’Operetta morale Proposta di premi fatta dall’Accademia dei sillografi immagina che
questa accademia decise di chiamare il nostro tempo “età delle macchine, non
solo perché gli uomini di oggi vivono forse più meccanicamente di tutti i
passati, ma eziandio per rispetto al grandissimo numero delle macchine inventate
di fresco” al punto “che oramai non gli uomini ma le macchine, si può dire,
trattano le cose umane e fanno le opere della vita”.
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