NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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venerdì 17 aprile 2020

Leopardi: "Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl'Italiani". Parte VI e ultima


Sommario
Nelle piccole  città i costumi sono peggiori che nelle grandi dove c’è più spirito di onore e cura di essere conforme agli altri.
La cultura rende più costumati. I lumi hanno distrutto i princìpi morali ma cultura e civiltà pongono degli argini alla scostumatezza. Il clima influisce sempre sul carattere e sui costumi degli abitanti. Gli Italiani più intelligenti sono i Marchigiani grazie alla sottigliezza della loro aria. I meridionali che sono più vivaci, sensibili e caldi, con il disincanto diventano più freddi e indifferenti, e i più delicati quando vengono confricati dalla durezza della realtà incalliscono più a fondo.
Il Romanticismo appartiene ai settentrionali, e massime ai Tedeschi.
Solo gli antichi seppero coniugare la civiltà con l’immaginazione.
In Italia non c’è alcun fanatismo religioso sul tipo di quello dei quacqueri.
Nei tempi moderni i popoli settentrionali sono superiori per la loro immaginazione che è rimasta meno mortificata in quanto era meno sentita e meno vissuta. I meridionali sono stati spinti dal disincanto alla più grande freddezza e indifferenza proprio perché hanno maggiore forza di vita e sono meno “macchinali” (meccanici) dei settentrionali.

In Italia dunque c’è” totale mancanza o incertezza di buoni costumi propriamente italiani (la qual mancanza è sempre compagna e causa di mali costumi)”;  tuttavia “v’ha migliori e men cattivi costumi nelle capitali e nelle città grandi d’Italia, che nelle provincie, e nelle città secondarie e piccole”. Ciò dipende dal fatto che nelle grandi “v’ha un poco più di società, quindi un poco più cura dell’opinion pubblica (…) quindi un poco più di studio e di spirito d’onore, e gelosia della propria fama, un poco più di necessità e cura di esser conforme agli altri, un poco più di costume, e quindi di buono o men cattivo costume”.

Forse nell’Ottocento era così. Posso dire che ho constatato il contrario: nella piccola città (quale Pesaro ) il conformismo , la  “cura di esser conforme agli altri” è molto più difficile da ignorare che nelle medie (Bologna) e, immagino, nelle grandi. Importanza grande ha la presenza dell’Università dove affluiscono giovani da varie parti e fanno girare idee sempre nuove.
A Bologna mi sono permesso trasgressioni rispetto all’essere conforme agli altri che a Pesaro non mi avrebbero mai consentito di lavorare e forse nemmeno di vivere.

Torno al Recanatese: “Al contrario di quello che può sembrare verisimile, le città piccole e le provincie d’Italia sono di costumi e di principii assai peggiori e più sfrenati che le capitali e città grandi”.
 Se per costumi sfrenati e corrotti si intende la chiusura mentale e l’ipocrisia, insomma il provincialismo più gretto, questo pensiero è giusto: nei paesi e nelle piccole città si è comunque più condizionati dai luoghi comuni del perbenismo e i costumi corrotti si tengono al  coperto e al chiuso.
 Leopardi pone opportunamente l’incultura tra le fonti della corruzione: “nel mondo civile le nazioni,  le provincie città, le classi, gl’individui più colti, più politi, sociali, esperimentati nel mondo istruiti, e insomma più civili, sono eziandio i meno scostumati e immorali nella condotta”. Insomma i costumi sono più corrotti e cattivi dove c’è minor civiltà. Vero è che la civiltà è corruzione, però infonde lo spirito di onore e la stima dell’opinione pubblica e la gelosia e cura di quanto pensano gli altro.
Tale “cura” è un deterrente rispetto alla scostumatezza oramai ovunque diffusa  dacché i lumi hanno distrutto i princìpi morali.
Leopardi poi viene a parlare cioè a scrivere parole sul clima che influisce sempre sul carattere e i costumi degli abitanti. E’ il determinismo geografico di cui abbiamo testimonianze già in Erodoto e negli scritti ippocratici.
Leopardi nello Zibaldone (3891)assume la teoria ippocratica della connessione fra la terra e l'uomo in lode degli Italiani e dei Marchigiani in particolare: "Ne' luoghi d'aria sottile, gl'ingegni sogliono esser maggiori e più svegliati e capaci, e particolarmente più acuti e più portati e disposti alla furberia. I più furbi p. abito e i più ingegnosi p. natura di tutti gl'italiani, sono i marchegiani: il che senza dubbio ha relazione colla sottigliezza ec. della loro aria. Similmente gl'italiani in generale a paragone delle altre nazioni. Mettendo il piede ne' termini della Marca si riconosce visibilmente una fisonomia più viva, più animata, uno sguardo più penetrante e più arguto che non è quello de' convicini, né de' romani stessi che pur vivono nella società e nell'uso di un gran capitale".

“E’ tanto mirabile e simile a paradosso, quanto vero, che non v’ha né individuo né popolo sì vicino alla freddezza, all’indifferenza, all’insensibilità (…) come quelli che per nartura sono più vivaci, più sensibili, più caldi”. Collocati in situazioni in cui tutto contribuisca al disinganno, questo per la vivacità della loro natura “è completo, totale, fortissimo, profondissimo (…) L’indifferenza che ne risulta è perfetta, radicattissima, costantissima; l’inattività, se si può cos’ dire, efficasissima; la noncuranza effettivissima (…) I popoli settentrionalu meno caldi nelle illusioni, sono anche meno freddi nel disinganno”.
Un aspetto buono del  carattere tende a ribaltarsi in seguito a una disillusione. Si pensi al Timone di Atene di Shakespeare: da benefattore anche troppo diventa misantropo.
“Uno spirito delicato messo a contatto della durezza delle cose reali, e confricato per così dire con esse, diventa tanto più presto e tanto maggiuormente ottuso quanto era più acuto e più fino, e tanto più profondamente incallisce quanto era più delicato tenero e molle”.
Allora “non ci maraviglieremo punto che gl’italiani la più vivace di tutte le nazioni colte e la più sensibile e calda per natura, sia ora per assuefazione e per carattere acquisito  la più morta, la più fredda, la più filosofa in pratica”, circospetta, indifferente e così via.
“E d’altra parte non farà meraviglia che i popoli settentrionali, e massime i più settentrionali sieno oggi i più caldi di spirito, i più immaginosi in fatto, i più mobili e governabili dalle illusioni, i più sentimentali di carattere e di spirito e di costumi, i più poeti nelle azioni e nella vita, e negli scritti e letterature”.
Questo, per l’esperienza che ho di donne tra le “più settentrionali” d’Europa, tre finlandesi e una russa di San Pietroburgo, dipende dal fatto che le nordiche sono cresciute in un ambiente la cui educazione non le differenzia dai loro coetanei maschi. Le ragazze già sessanta anni fa venivano educate come persone e avevano  il coraggio di rivelare la loro identità senza camuffarla come facevano qui in Italia quando eravamo giovani: venivano manipolate in modo che ritenessero necessario trovare un marito dal quale farsi sposare, ed erano istruite per raggiungere questo scopo, a partire  da una reputazione di castità. Cosa che rendeva infelici anche i maschi i quali stavano a tale tristissimo gioco, o l’avevano imposto loro. Nell’attesa di trovare la vergine da sposare, i maschi frequentavano le prostitute. Questo falsava tutti i rapporti umani.
Poi, con il ’68 le cose cominciarono a cambiare ma qualche rigurgito di quella arretratezza nella quale siamo cresciuti noi nati alla fine della guerra, di tanto in tanto trabocca. Le stupide tra le femministe attuali vogliono riproporre, rovesciato, il razzismo di genere che non considera le femmine e i maschi quali persone della stessa specie.
Leopardi prosegue facendo l’esempio di alcune associazioni o sette religiose settentrionali come “la società dei fratelli Moravi” e il “quakerismo”.
In nota aggiunge “Il sistema del Romanticismo che ha reso sistematica anche la poesia non appartiene che a’ settentrionali, e massime a’ tedeschi (…) Ed ora è notabilissima la situazione di alcuni popoli settentrionali, che conservano l’immaginazione in mezzo alla crescente civiltà”. 
Nei “tempi bassi l’immaginazione non mancò, ma fu congiunta alla barbarie. Ne’ moderni, massime al mezzogiorno, la civiltà non manca, ma bensì l’immaginazione posta in attività (…) L’unione della civiltà coll’immaginazione è lo stato degli antichi, e propriamente lo stato antico, e non accade dire di che grandezza ei fosse cagione”.

Torniamo dalla nota al testo dove Leopardi menziona “la società dei Fratelli Moravi” ispirata al pietismo e il “quakerismo che ancora dura”
In Italia non c’è niente del genere: “Né mi si oppongano simili pratiche religiose (…) perché queste in Italia, come ho detto, sono usi e consuetudini, non costumi, e tutti se ne ridono, né si trovano più in Italia veri fanatici di nessun genere, appena tra quelli che per istato hanno interesse alla conservazione di questa o quella specie di fanatismo o d’illusioni”.
 Dunque “ I popoli  meridionali superarono tutti gli altri nella immaginazione e quindi in ogni cosa, a’ tempi antichi; e i settentrionali per la stessa immaginazione  superano di gran lunga i meridionali a’ tempi moderni (…) io non dubito di attribuire in gran parte la decisa e visibile superiorità presente delle nazioni settentrionali  sulle meridionali, sì in politica, sì in letteratura, sì in ogni cosa, alla superiorità della loro immaginazione (…) Sembra che il tempo del settentrione sia venuto. Finora ha sempre brillato e potuto nel mondo il mezzogiorno. Ed esso era veramente  fatto per brillare e prepotere in tempi quali furono gli antichi. E il settentrione viceversa è propriamente fatto per tenere il disopra ne’ tempi della natura de’ moderni (…) la superiorità del settentrione non è da stimarsi accidentale né da aspettarsi che passi , almeno in uno spazio di tempo prevedibile”
La vita e la forza interna dello spirito “è naturalmente maggiore ne’ meridionali, e neg’individui sensibili e ne’ fini ingegni, che non negli altri, perciò essi sono (…) meno macchinali che gli altri popoli e individui. Quindi è che quando i princìpi e le persuasioni loro sono contrarie alle illusioni, fredde conducenti all’indifferenza, all’aridità, al puro calcolo, anche i caratteri e le azioni loro sono al tutto e costantemente fredde, calcolate, indifferenti, insensibili, più assai che negli altri popoli e individui anche più istruiti, più filosofi, più fondati e provveduti di princìpi contarii alle illusioni e all’immaginoso, e conducenti alla freddezza, indifferenza, insensibilità. La corrispondenza tra i principii e la pratica è molto maggiore e più costante in quelli che non è negli altri”
Sono le ultime parole di questo Discorso.
A proposto dei meridionali “meno macchinali” ossia meccanici dei settentrionali, voglio ricordare, per concludere, che Leopardi nell’Operetta morale Proposta di premi fatta dall’Accademia dei sillografi immagina  che questa accademia decise di chiamare il nostro tempo “età delle macchine, non solo perché gli uomini di oggi vivono forse più meccanicamente di tutti i passati, ma eziandio per rispetto al grandissimo numero delle macchine inventate di fresco” al punto “che oramai non gli uomini ma le macchine, si può dire, trattano le cose umane e fanno le opere della vita”.

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