venerdì 17 aprile 2020

La caduta del metus hostilis, la globalizzazione e il virus






Nel settimanale “il venerdì di Repubblica” di oggi 17 aprile 2020, (p. 130) leggo un aricolo di Enrico Deaglio intitolato Il crollo dell’impero.
 L’autore si chiede: “ il  crollo dell’impero americano all’inizio del XXI secolo fu solo colpa del virus cinese?” Riponde “Se ne discuterà a lungo”.
 Questo virus ha già cambiato la percezione e l’idea  del prossimo, che non esiste più in quanto è da tenere lontano, ha mutato il sentimento del tempo e buona parte delle abitudini nostre. Per dirne una, non ci abbracciamo più. Non possiamo farlo.
Credo che la genesi di queste e di tante altre mutazioni risalga alla infausta caduta del muro di Berlino che ha dato origine alla globalizzazione, all’orrendo trionfo del capitalismo che non ha più avuto alcuna limitazione nello spauracchio di una grossa potenza dal sistema diverso, e antitetica rispetto a quella dominante.
Finanza e mercato hanno preso il sopravvento su tutti i continenti globalizzando appunto il pianeta e mettendolo nelle mani di pochi. L’esito conclusivo per ora è la pandemia portata in tutto il mondo dal virus. La speculazione ne approfitterà rendendo i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Le stragi negli ospizi, in nessun modo prevenute prima né ostacolate poi, talora addirittura favorite, costituiscono il seguito del terrorismo degli anni Settanta e Ottanta.
Qualche riga sopra ho usato il termine spauracchio, forse non del tutto appropriato, siccome voglio commentare la mia affermazione e renderla meno peregrina associandola a quanto afferma lo storico latino Sallustio che fa derivare la decadenza morale della Res publica dalla caduta definitiva della potenza cartaginese con la  distruzione, nel 146 a. C.,  della città rivale che incuteva paura ai Romani.   
Nel  Bellum Iugurthinum[1] infatti lo storiografo cesariano scrive:" Nam ante Carthaginem deletam (...) metus hostilis in bonis artibus civitatem retinebat. Sed ubi illa formido mentibus decessit, scilicet ea quae res secundae amant, lascivia atque superbia, incessere" (41), infatti prima della distruzione di Cartagine (…) il timore dei nemici conservava la cittadinanza nel buon governo. Ma quando quella paura tramontò dagli animi, naturalmente quei vizi che la prosperità ama, la dissolutezza e la superbia, si fecero avanti.
Quello che si è fatto avanti da noi non è necessario ricordarlo: già ognuno lo sa
giovanni ghiselli


[1] Del 40 ca.

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