Sommario
Gli Italiani sono
individualisti estremi, e inferiori alle nazioni evolute dell’Europa quanto a
scienza filosofica ma mille volte superiori nella pratica.
Il clientelismo: proprium
et peculiare vitium della nostra gente.
L’indifferenza e il
cinismo che portano gli Italiani a ridere della vita.
Il disprezzo reciproco
diffuso porta all’egoismo e alla misantropia.
Il Rinascimento fu una
rinascita dalla barbarie seguita all’antico.
In Italia manca un
centro “Conseguenza necessaria di questo è che gl’italiani non temono e non
curano per conto alcuno di essere o parer diversi l’uno dall’altro”.
In Italia manca
pure la società e questo fa sì che “in Italia non havvi una maniera, un tuono
italiano determinato. Quindi non havvi assolutamente buon tuono, o egli è cosa
così vaga, larga e indefinita che lascia quasi interamente in arbitrio di
ciascuno il suo modo di procedere in ogni cosa. Ciascuna città italiana non
solo, ma ciascun italiano fa tuono e maniera da sé.
Non avendovi buon tuono,
non possono avervi convenienze di società (bienséances). Mancando
queste, e mancando la società stessa, non può avervi gran cura del proprio
onore (…) Ciascun italiano è presso a poco ugualmente onorato e disonorato.
Voglio dir che non è né l’uno né l’altro, perché non v’ha onore dove non v’ha
società stretta”.
“In fatto di scienza
filosofica - prosegue poco più avanti il Recanatese - e di cognizione matura e
profonda dell’uomo e del mondo l’Italia è incomparabilmente inferiore alla
Francia, all’Inghilterra e alla Germania”. Tuttavia “se le dette nazioni sono
più filosofe degl’italiani nell’intelletto, gl’italiani nella pratica sono
mille volte più filosofi del maggior filosofo che si trovi in qualunque delle
dette nazioni”.
Per quanto concerne l’italica sofiva “nella pratica”,
ricordo a chi mi legge che una delle tre donne benedette della trilogia
finlandese una volta mi disse, con un tono misto di rimprovero e di
elogio: you italians always arrange. Aveva visto che mi ero dato
molto da fare per reperire un locus amoenus dove stare io e
lei da soli, chiedendo agli amici il favore di sgomberare la camerata.
Il fatto è che
abbiamo avuto sempre bisogno di favori e raccomandazioni.
Siamo un popolo di
patroni e clenti legati da rapporti più o meno mafiosi fin dal tempo della 12
tavole, il primo codice di Roma (451 - 450)
“Patronus si clienti
fraudem fecerit, sacer esto " VIII, 2.
La maggior parte delle
leggi restano lettera morta ma questa culla e fonte del clientelismo è rimasta
viva “Il rapporto clientelare si configura come un’organizzazione mafiosa che
garantisce l’omertà, e il successo dei disonesti”. (L. Perelli, La
corruzione politica nell’antica Roma, p. 31).
La prima Bucolica di
Virgilio rappresenta al meglio il sentimento legato alla raccomandazione, una
pratica tanto presente in Italia da essere emblematica del costume degli
Italiani, un proprium et peculiare vitium della nostra gente.
Molte tra le lettere del
Panegirista Plinio il Giovane a traiano, il suo imperatore, sono lettere di
raccomandazione
Simmaco (340 - 402) fu
prefetto di Roma e chiese all’imperatore Valentiniano II di ricollocare
l’altare della Vittoria nel Senato.
Si conservano di lui
otto orazioni lacunose e lettere, molte delle quali di raccomandazione.
Agostino si servì di una segnalazione di Simmaco per avere la cattedra di
retorica a Milano. Ancora oggi in Italia, senza una raccomandazioni,
protezioni, conoscenze, aderenze si resta indietro rispetto a chi le ha in
tutti i campi.
Dunque “primieramente
dell’opinione pubblica gl’italiani in generale, e parlando massimamente a
proporzione degli altri popoli, non ne fanno alcun conto”. Insomma, gli
italiani “di mondo” non si curano affatto dell’opinione pubblica.
In questo sono “assai
più filosofi” degli altri popoli “quanto alla pratica”.
“In realtà l’opinione
pubblica, per la mancanza di società stretta, pochissimo giova favorevole e
pochissimo nuoce contraria”.
A parer mio questo
dipende dal fatto che in Italia tutto è lottizzato tanto che le ascendenze o le
aderenze contano più delle capacità e dell’ottima reputazione per avere
successo. Questo secondo me consiste nella possibilità di mettere le proprie
competenze al servizio degli altri. Essere davvero bravi ed essere considerati
tali dall’opinione pubblica non è una garanzia nemmeno di sopravvivenza. Qui
tutto è prestabilito e nelle alte sfere si entra per cooptazione. Si pensi alla
retorica che in questi giorni si spande sui medici morti siccome non sono stati
tutelati dal virus. Ma non si dice abbastanza che la sanità è stata massacrata
dai governi in questi ultimi trenta anni. Ora sembra esserci una inversione di
tendenza che è pure troppo tardiva.
Moni Ovadia in una
intervista rilasciata a Valerio Varesi del quotidiano “la Repubblica” di ieri,
5 aprile 2020, dice che per arrivare a essere cittadini responsabili bisogna
“investire su istruzione e cultura, quello che non abbiamo fatto per tutto
questo tempo. E poi ripartire dalle priorità, come una sanità efficiente.
Questo è un paese che non ha mai voluto bene alla sua gente. A inizio del
secolo scorso gli italiani sono stati costretti a emigrare, poi mandati al
macello in due guerre mondiali, quindi di nuovo emigrazione nel dopoguerra e
oggi tanti talenti prendono la via dell’estero. Non siamo un popolo, ma una
comunità nazionale che è tenuta insieme da una costituzione antifascista e se
l’abbandoniamo siamo perduti”.
Ma torniamo a Leopardi:
“ora la vita degl’italiani è appunto tale, senza prospettiva di miglior sorte
futura, senza occupazione, senza scopo e ristretta al solo al presente”. Sembra
che tratti degli anni nostri
E ancora: “gli italiani
di mondo, privi come sono di società, sentono più o meno ciascuno, ma tutti
generalmente parlando , più degli stranieri, la vanità reale delle cose umane e
della vita (…) come la disperazione, così né più né meno il disprezzo e
l’intimo sentimento della vanità della vita, sono i maggiori nemici del bene
operare, e autori del male e della immoralità. Nasce da quelle disposizioni la
indifferenza profonda, radicata ed efficacissima verso se stessi e gli altri,
che è la maggior peste de’ costumi, de’ caratteri e della morale”.
Noto questa indifferenza
nel fatto che i più trascurano il parlare bene.
Eppure parlare male fa
male all’anima.
Lo afferma Socrate
nel Fedone : "euj ga;r i[sqi… a[riste
Krivtwn, to; mh; kalw'" levgein ouj movnon eij" aujto; tou'to
plhmmelev", ajlla; kai; kakovn ti ejmpoiei' tai'" yucai'"" (115 e), sappi
bene… ottimo Critone che il non parlare bene non è solo una stonatura in sé, ma
mette anche del male nelle anime.
Non solo non si scelgono
le parole corrispondenti alle cose ma le si pronunciano sempre più spesso in
maniera incomprensibile, con assoluta indifferenza nei riguardi delle persone
cui vengono rivolte. Questo avviene oramai perfino nel doppiaggio dei film che
una volta era pronunciato e recitato bene, fino a migliorare l’originale.
Conseguenza del
disinganno, continua Leoardi, è il cinismo.
Una volta “Conosciuta
ben a fondo e continuamente sentendo la vanità e la miseria, vanità della vita
e la mala natura degli uomini (…) il più savio partito è quello di ridere
indistintamente e abitualmente d’ ogni cosa e d’ognuno, incominciando da se
medesimi (…) or gl’italiani si sono onninamente appigliati a questo partito.
Gl’italiani ridono della vita: ne ridono assai più, e con più verità e
persuasione intima di disprezzo e freddezza che non fa niun’altra nazione”.
Abbiamo un sistema politico ed economico che ci presenta come assolute esigenze tantissime cose e spesso ci chiama ad approvarle e fa in modo che pochi si curino di verificare che queste cose si conformino alle esigenze vere e costituzionali del proprio paese.
RispondiEliminaE' ormai un problema a livello mondiale. Contrariamente ad ogni normale e giusto desiderio di ogni vero cittadino, veniamo sottoposti ad un apposito lavaggio di cervello che utilizza la più astuta combinazione di politici e media e finti intellettuali e finti patrioti e gente di affari (spesso letteralmente loschi) a pensare tutti allo stesso modo e spesso prendere decisioni che, in verità, presto si verificheranno andare contro i nostri stessi propositi. Ma... il gioco è fatto... dopo... sei costretto solo ad andare contro le decisioni già prese di fatto e non di proposito e non hai più i mezzi e la facoltà di tornare indietro senza imporre ulteriori sacrifici a te stesso e agli altri.
Un'inevitabile processo di come si governano gli Homo sapiens?
Temo proprio di sì... almeno dalle apparenze delle cose.