Tucidide (460-404) è il pilastro della storia laica e politica. E’ il primo storiografo che esclude il mito. Dichiara che lo elimina volutamente e programmaticamente in un capitolo metodologico.
Leggiamolo:
“La mancanza del favoloso to; mh; muqw'de" di questi fatti , verosimilmente, apparirà meno piacevole all'ascolto, ma sarà sufficiente che li giudichino utili quanti vorranno esaminare la chiarezza degli avvenimenti accaduti e di quelli che potranno verificarsi ancora una volta, siffatti o molto simili, secondo la natura umana” (I, 22, 4)
“Tucidide rifiuta le fabulae imprimendo sulla storiografia quella svolta pragmatica che "è valsa ad affermare l'identificazione tra storia e politica"[1].
to; mh; muqw'de" aujtw'n (ossia degli e[rga). Tucidide esclude dalla sua storia quei miti che lo stesso poeta Pindaro pur “infiammato del più pazzo fuoco”[2] aveva criticato nell'Olimpica I : certo sono molti i portenti, e in qualche modo, credo, anche le favole ("mu'qoi", v.29) diceria dei mortali oltre la verità, intarsiate di iridescenti bugie, traggono in inganno.
Il favoloso già secondo Cicerone[3] caratterizzava il racconto di Erodoto e quello successivo di Teopompo (400 ca-320) , un rappresentante della tendenza retorica, di scuola isocratea.
Scriverà le Storie Filippiche e le Elleniche che continuavano la Storia di Tucidide fino al 394, cioè fino alla battaglia di Cnido
Riferisco una serie di osservazioni[4] di Nietzsche che in Umano, troppo umano scrive:
"Lo stile dell'immortalità .
Tanto Tucidide quanto Tacito hanno pensato, nel redigere le loro opere, a una durata immortale di esse: ciò si potrebbe indovinarlo, se non lo si sapesse altrimenti, già dal loro stile. L'uno credette di dare durevolezza ai suoi pensieri salandoli, l'altro condensandoli a forza di cuocerli; e nessuno dei due, sembra, ha fatto male i suoi conti" .
Un giudizio non lontano da quello di Quintiliano :"densus et brevis et semper instans sibi Thucydides "[5], denso, conciso e sempre presente a se stesso.
Nel Crepuscolo degli idoli [6] Nietzsche segnala Tucidide come terapia contro ogni evasione dalla realtà:" Il mio ristoro, la mia predilezione, la mia terapia contro ogni platonismo è sempre stato Tucidide . Tucidide e, forse, Il Principe di Machiavelli mi sono particolarmente affini per l'assoluta volontà di non crearsi delle mistificazioni e di vedere la ragione nella realtà -non nella "ragione", e tanto meno nella "morale" (...) In lui la cultura dei sofisti , voglio dire la cultura dei realisti giunge alla sua compiuta espressione : questo movimento inestimabile, in mezzo alla truffa morale e ideale delle scuole socratiche prorompenti allora da ogni parte. La filosofia greca come décadence dell'istinto greco: Tucidide come il grande compendio, l'ultima rivelazione di quella forte, severa, dura oggettività che era nell'istinto dei Greci più antichi. Il coraggio di fronte alla realtà distingue infine nature come Tucidide e Platone: Platone è un codardo di fronte alla realtà-conseguentemente si rifugia nell'ideale; Tucidide ha il dominio di sé -tiene quindi sotto il suo dominio anche cose".
Densità di significati espressi con poche parole dunque, realismo e lungimiranza politica.
Tra i personaggi di Tucidide è Temistocle che incarna questa intelligenza laica e priva di pregiudizi: egli che "oijkeiva/ xunevsei" con la sua facoltà di capire, era "tw'n te paracrh'ma di j ejlacivsth" boulh'" kravtisto" gnwvmwn", ottimo giudice della situazione presente attraverso un rapidissimo esame" e "tw'n mellovntwn ejpi; plei'ston tou' genhsomevnou a[risto" eijkasthv"" (I, 138, 3), e ottimo a congetturare il futuro per ampio raggio in quello che sarebbe accaduto. Prevedeva benissimo i danni o i vantaggi quando erano ancora avvolti nell’oscurità: “tov te a[meinon h] cei'ron ejn tw/' ajfanei' e[ti proewvra malista”.
E’ una descrizione sintetica eppure esauriente di come deve essere il politico capace.
Di Alcibiade invece Tucidide dà un ritratto paradossale come poi farà Sallustio di Catilina e di Giugurta presentando uomini ricchi di capacità ma non privi di vizi e difetti.
Verso la fine dell'opera si legge che Alcibiade, quando (nel 411) la flotta di Samo si accingeva a navigare contro Atene, fermò i marinai nel momento in cui nessun altro sarebbe stato capace di trattenere la folla:"kai; ejn tw'/ tovte a[llo" me;n oujd j a]n ei\~ iJkano;" ejgevneto katascei'n to;n o[clon"(VIII, 86, 5); egli però fu responsabile dell'impresa fallimentare di Sicilia che, a giudizio di Tucidide, fu "peggio di qualsiasi delitto; fu un errore politico o meglio una serie d'errori"[7].
Sulla vita privata non irreprensibile di Alcibiade, Tucidide afferma che aveva desideri troppo grandi rispetto alle sue ricchezze, sia per l'allevamento di cavalli sia per le altre spese:" ejpiqumivai" meivzosin h] kata; th;n uJpavrcousan oujsivan ejcrh'to e[" te ta;" iJppotrofiva" kai; ta;" a[lla" dapavna""(VI 15, 3); e, per questo essendo criticabile, non poteva permettersi a lungo l'arroganza con cui diceva:"Kai; proshvkei moi ma'llon eJtevrwn, w\ jAqhnai'oi, a[rcein"(VI 16, 1), spetta a me Ateniesi, più che ad altri comandare.
Ricerca delle cause: eziologia. Ora la chiamano dietrologia.
Tucidide cerca le cause più vere dei fatti andando oltre i motivi occasionali.
" Io considero la causa più vera-ajlhqestavthn provfasin- ma meno dichiarata a parole il fatto che gli Ateniesi, divenendo potenti e incutendo timore agli Spartani, li costrinsero a combattere" (I, 23, 6)
provfasin: va distinta dai motivi occasionali (aijtivai, più avanti: i fatti di Corcira, di Potidea, e, dopo, il decreto di boicottaggio delle merci di Megara) che provocarono lo scoppio del conflitto.
Anche nel caso della spedizione in Sicilia Tucidide chiama "la causa più vera" con queste stesse parole:" oiJ jAqhnai'oi strateuvein w{rmhnto, ejfievmenoi me;n th'/ ajlhqestavth/ profavsei th'" pavsh" a[rxai"(VI, 6) gli Ateniesi volevano inviare la spedizione, desiderando secondo la causa più vera dominarla tutta. Il nobile pretesto era invece che volevano portare aiuto alle genti della loro stirpe e agli alleati che avevano acquistato là.
Verità, ajlhvqeia, è “non latenza” e la causa più vera da svelare nei fatti storici sono i rapporti di forza come ripeterà Machiavelli nel Rinascimento
Sentiamo dunque questa norma che è rimasta immutata nei secoli
Gli Ateniesi avvertono gli abitanti della piccola isola di Melo prima di attaccarli nel caso che non vogliano sottomettersi:
"riteniamo infatti che la divinità, per quanto si può supporre, e l'umanità in modo evidente, in ogni occasione, per necessità di natura, dove sia più forte, comandi" (V 105, 2).
Credo che questa causa più vera sia la stessa che ha scatenato la guerra contro l’Ucraina: la paura dell’eccessivo allargamento e potenziamento della NATO ed è certo che anche in questo caso prevarrà il più forte perché nella storia le stesse cose ritornano e, come ebbe a scrivere Luciano,Tucidide legiferò[8] . “ Jo d j ou\n Qoukidivdh~ eu\ mavla tou't j ejnomoqevthse kai; dievkrinen ajreth;n kai; kakivan suggrafikhvn ( Come si deve scrivere la storia, 41-42). ”, Tucidide dunque legiferò molto bene e distinse la buona dalla cattiva storiografia. Il trattatello è del 164 d. C.
Pesaro 12 luglio 2022 ore 10
giovanni ghiselli
p. s
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[1]Canfora, Teorie e tecnica della storiografia classica , p. 12.
[2] Leopardi, Zibaldone, 1856
[3]"et aput Herodotum, patrem historiae, et apud Theopompum sunt innumerabiles fabulae". De legibus I, 5.
[4] II, p. 179
[5]Institutio oratoria , X, 73.
[6]Quel che debbo agli antichi , 2, pp. 125-126.
[7]Jaeger, Paideia , I vol., p. 677.
[8] Jo d j ou\n Qoukidivdh~ eu\ mavla tou't j ejnomoqevthse kai; dievkrinen ajreth;n kai; kakivan suggrafikhvn…Luciano, Come si deve scrivere la storia, 41-42. Il trattatello è del 164 d. C. ”, Tucidide dunque legiferò molto bene e distinse la buona dalla cattiva storiografia.
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