martedì 12 luglio 2022

Nietzsche, La nascita della tragedia, capitolo IV (pp. 34-39).


 

La sapienza silenica e l’apollineo nella Trasfigurazione di Raffaello.

La parte della vita trascorsa da svegli ci sembra la più importante, ma Nietzsche propone una valutazione diversa “riguardo a quel misterioso fondo dell’essere di cui siamo l’apparenza”. L’uno originario che veramente è, eternamente soffre, è pieno di contraddizioni ed ha bisogno della gioiosa illusione per liberarsi.

Il mondo è la rappresentazione dell’uno originario, un’illusione, e il sogno è l’illusione di un’illusione, quindi una soddisfazione maggiore del bisogno di illuderci.

N. esamina la  Trasfigurazione di Raffaello:  Raffaello… ci ha rappresentato in un dipinto simbolico…il processo originario dell’artista ingenuo e insieme della cultura apollinea. Nella sua Trasfigurazione[1] la metà inferiore col ragazzo ossesso, gli uomini in preda alla disperazione che lo sostengono, gli smarriti e angosciati discepoli, ci mostra il rispecchiarsi dell’eterno dolore originario…l’illusione è qui un riflesso dell’eterno contrasto…Da questa illusione si leva poi, come un vapore d’ambrosia, un nuovo mondo illusorio, simile a una visione di cui quelli illuminati dalla prima visione non vedono niente-un luminoso fluttuare in purissima delizia…Qui abbiamo davanti agli occhi quel mondo di bellezza apollinea e il suo sfondo, la terribile saggezza del Sileno e comprendiamo la loro reciproca necessità”[2].

Il mondo dell’affanno è necessario per giungere alla visione liberatrice (cfr. tw`/ pavqei mavqo~). Apollo esige dai suoi la misura e per poterla osservare, la conoscenza di sé. Dunque “Conosci te stesso” e “nulla di troppo”, mentre l’eccesso e l’esaltazione di sé sono i demoni della sfera non apollinea, dell’età titanica, del mondo barbarico.

Prometeo eccede nel suo titanico amore per gli uomini, Edipo nella saggezza che sciolse l’enigma della Sfinge e per questo dové precipitare in un travolgente vortice di atrocità.

Negano entrambi il principium individuationis, Prometeo cercando di confondere gli uomini con gli dèi, Edipo confondendo le generazioni.

 

Il titanico e il barbarico erano per i Greci una necessità, come l’apollineo.

Il demonico canto popolare si aggiunge al suono spettrale dell’arpa di Apollo. Questo impallidisce davanti a un’arte che nella sua ebbrezza dice la verità. La saggezza del Sileno grida il suo dolore contro i sereni dei olimpici. L’eccesso si svela come verità e vuole scalzare l’apollineo. Ma il dio delfico resiste. Lo stato dorico e l’arte dorica sono il campo di battaglia dell’apollineo. Un’arte così sdegnosa, un’educazione così guerriera e aspra, uno Stato così crudele e spietato si spiega come baluardo opposto alla natura titanico-barbarica del dionisiaco.

 

La lotta dell’ordine contro il caos è il tema di tutta la cultura greca arcaica e classica: non solo di quella letteraria, ma pure dell'arte figurativa: le sculture del maestro di Olimpia con la lotta tra Centauri e Lapiti del frontone occidentale del tempio di Zeus;

 le metope  del Partenone con centauromachia, amazzonomachia, gigantomachia, ora in gran parte nel British Museum  di Londra;

la gigantomachia, fregio dell'altare di Pergamo[3] che ora si trova a Berlino, esprimono la stessa idea . Infatti "non esiste…una vita nobile ed elevata senza la conoscenza dei diavoli e dei demoni e senza la continua battaglia contro di essi"[4], contro "giganti e titani, miticamente, gli eterni  nemici della cultura"[5].

 

Dunque secondo Nietzsche abbiamo 5 grandi periodi della civiltà

 

L’età del bronzo con le sue titanomachie (cfr. la gigantomachia del Sofista di Platone) e  con la sapienza silenica.

 

Da questa si sviluppò il mondo omerico pervaso dall’istinto apollineo della bellezza

 

Questa magnificenza “ingenua” rischiò di essere inghiottita dal fiume dirompente del dionisiaco orgiastico e barbarico.

 

Di fronte a questa nuova potenza si elevò la rigida maestà dell’arte dorica e della visione  dorica del mondo.  

 

Ma il vertice e il fine di quegli impulsi artistici non è l’arte dorica bensì la tragedia attica e il ditirambo drammatico come meta comune dei due istinti, l’apollineo e il dionisiaco greco, il cui connubio ha generato questa strana creatura “che è insieme Antigone e Cassandra”

Pesaro 12 giugno 2022 ore 11, 57

giovanni ghiselli

p. s

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[1] 1518 ca. PinacotecaVaticana..

[2] La nascita della tragedia, p.36.

[3] 180-160 a. C.

[4] H. Hesse, Il giuoco delle perle di vetro, p. 293.

[5] J. Hillman, L'anima del mondo e il pensiero del cuore , p. 144.

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