Traduzione senza commento che farò a voce durante il corso su Euripide.
Segue un excursus su Dio che non ha bisogno di niente, e su Socrate, l’uomo che, assimilatosi a Dio, è contento dello stretto necessario
Ho notizia di 5 iscrizioni già nei primi giorni. Mi dicono che posso mandare del materiale a chi è già iscritto. Lo farò dietro richiesta.
Eracle
Teseo vedi questa lotta contro i miei figli?
Teseo
Ne ho sentito e tu indichi i mali a chi li guarda 1230
Eracle
Allora perché hai scoperto il mio capo al sole?
Teseo
Perché no? Tu sei mortale e non contamini quanto è divino
Eracle
Fuggi tu, infelice, la sacrilega contaminazione mia
Teseo
Nessun demone vendicatore passa dagli amici agli amici
Eracle
Ti ringrazio, non nego di averti beneficato per primo. 1235
Teseo
E io che allora ricevevo del bene, ora ho compassione di te…
Eracle
Sono miserando infatti io che ho ammazzato i miei figli
Teseo
Per il bene che ti voglio piango su sventure non mie.
Eracle
Hai mai trovato altri in mali più grandi?
Teseo.
Tocchi dal basso il cielo per il tuo stare male 1240
Eracle
Perciò mi sono preparato a morire
Teseo
Credi che agli dei importi qualche cosa delle tue minacce?
Eracle
Arrogante è il dio, ed io con gli dèi
Teseo
Trattieni la bocca, perché dicendo grosse empietà tu non abbia a patire di più.
Er
Sono pieno di mali e non c’è più dove metterli
Teseo
Che cosa farai allora? dove ti lasci portare dal pathos?
Eracle
Da morto, me ne vado da dove sono venuto, sotto terra
Teseo
Hai detto parole di un uomo qualunque
Eracle
Tu che sei fuori dalla disgrazia mi ammonisci.
Teseo
L’Eracle che ha avuto tanto coraggio nel sopportare parla così?1250
Eracle
Non certo disgrazie così enormi: nella misura si deve soffrire.
Teseo
Il benefattore degli uomini e il grande amico?
Eracle
Essi in nulla mi giovano, mentre Era comanda.
Teseo
Non sopporterebbe la Grecia che tu morissi per insensatezza.
Eracle
Ascolta ora, perché io possa fare a gara con le parole
Contro gli ammonimenti tuoi: ti spiegherò
che per me ora e già da prima non è possibile vivere.
Innanzitutto sono nato da quest’uomo, che dopo avere ucciso
il vecchio padre di mia madre, lui che era macchiato di colpa,
sposò Alcmena che mi ha generato.
Quando le fondamenta di una stirpe non sono state gettate
bene, è una necessità che i discendenti siano disgraziati.
Zeus, chiunque sia Zeus- o{sti~ oj Zeuv~-, mi ha generato in odio
a Era (e tu non te la prendere, vecchio:
io considero te padre invece di Zeus),
e quando ero ancora lattante introdusse
tra le mie fasce serpenti dagli occhi di Gorgone
la moglie di Zeus, perché io morissi.
Poi, quando ebbi acquisito l’involucro fiorente della carne, che bisogno c’è di dire le fatiche che ebbi la forza di sostenere?1270
Quali leoni mai, o tricorporei
Tifoni, o Giganti, o quadrupede
Guerra piena di centauri non ho portato a termine?
E dopo avere ucciso l’idra, la cagna dalla testa molteplice e risorgente, passai attraverso il branco 1275
di innumerevoli altre fatiche e giunsi tra i morti
per condurre alla luce il cane tricipite
guardiano dell’Ade per ordine di Euristeo.
Questa è l’ultima fatica che, infelice ho affrontato,
uccidendo i figli per coronare di sciagure la casa. 1280
Sono arrivato a questo punto della necessità; nemmeno mi è lecito
Abitare nella mia amata Tebe; se anche rimango
a quale tempio o riunione di amici
mi recherò? Infatti non ho addosso sciagure che consentano facile approccio./1284
Devo invece andare ad Argo? E come, visto che sono esule dalla patria?
Ma allora verso quale altra città mi muoverò?
E poi facciamoci guardare di traverso, conosciuti come siamo,
inchiodati da amari aculei di lingua:
‘non è questo il figlio di Zeus, quello che un giorno ammazzò i figli
e la moglie? Non se ne andrà in malora lontano da questa terra?’
Per l’uomo un tempo chiamato beato
I rovesci sono dolorosi; per quello invece che è stato sempre
male, non c’è sofferenza, essendo malmesso dalla nascita.
Credo che un giorno arriverò a tal punto di miseria
che la terra manderà fuori la voce vietandomi
di toccare il suolo e il mare di attraversarlo
e pure le correnti dei fiumi, e dovrò imitare del tutto Issione
che gira in ceppi fissato a una ruota.
Questa è la cosa migliore: che nessuno mi veda dei Greci,
tra i quali eravamo prosperi nella fortuna. 1300
Dunque perché devo vivere? Quale guadagno avremo
Dopo avere acquistato una vita inutile, empia?
Danzi pure l’illustre sposa di Zeus
battendo con il calzare il fulgido suolo dell’Olimpo
attuò infatti lo scopo che voleva
ribaltando con lo stesso piedistallo e mettendo sottosopra
Il primo uomo della Grecia. A una tale dea
Chi rivolgerebbe preghiere? Una dea che, per una donna,
gelosa dei letti di Zeus, ha distrutto
i benefattori della Grecia che non erano per niente colpevoli 1310
Coro
Non è questa lotta di un altro degli dèi
che della moglie di Zeus, e questo lo hai capito bene
Teseo
< > mancano delle parole
Io ti esorterei ad altro piuttosto che subire il male
Nessuno dei mortali è illeso dai colpi della fortuna,
neppure degli dèi, se i racconti dei poeti non sono falsi. 1315
Non hanno unito i letti tra loro fuori da ogni
legge? Non hanno insozzato i padri con ceppi
per il potere? Ma abitano comunque
L’Olimpo e sopportano di avere sbagliato. 1319
Davvero, che cosa dirai se tu che sei nato mortale
porti con dismisura le sorti, e gli dei no?
Lascia dunque Tebe in obbedienza alla legge
e seguimi nella città di Pallade.
Là dopo avere purificato le mani dalla contaminazione
Ti darò una casa e una parte dei miei beni 1325
e quei doni che ho ricevuto dai cittadini per avere salvato i quattordici
ragazzi, ammazzando il toro di Cnosso,
li darò a te. In ogni parte del territorio mi
mi sono stati assegnati dei lotti: questi saranno chiamati
con il tuo nome dai mortali per il resto del tempo
finché vivi; poi da morto, quando tu sia giunto nell’Ade, 1331
tutta la città degli Ateniesi innalzerà te onorandoti
con sacrifici e monumenti di pietra 1333
Bella corona è infatti per i cittadini ottenere
dai Greci la fama gloriosa di avere fatto del bene a un uomo di valore.
E io ti darò questa gratitudine in cambio
della mia salvezza: ora infatti sei bisognoso di amici.
Quando gli dèi onorano, non c’è bisogno di amici
Basta infatti il dio ad aiutare come ne ha voglia.
Eracle
Ahimé: questo è secondario rispetto ai miei mali 1340;
ma io non credo che gli dèi amino letti che non sono leciti.
né ho mai considerato degno né crederò che attacchino lacci alle braccia
né che uno sia padrone dell’altro.
Infatti il dio se è veramente dio, non ha bisogno
di nulla: queste sono povere favole di aedi. 1346
Contro i miti che attribuiscono vizi agli dèi.
Contro il consumismo: il divino non ha bisogno di niente.L’umano
Cfr. questo rifiuto dei miti immorali con quello di Pindaro che nega veridicità alla favola tràdita secondo la quale Pelope sarebbe stato mangiato dagli dèi cui il padre Tantalo lo avrebbe imbandito: “ Poiché tu eri sparito, né alla madre ti/portarono gli uomini sebbene ti cercassero molto,/ subito uno dei vicini invidiosi spargeva di nascosto la diceria/che ti avevano tagliato membro a membro con il coltello/nel culmine bollente dell'acqua sul fuoco,/e al momento dell'ultima portata sulle mense si / spartirono le tue carni e le divorarono./Per me è inconcepibile chiamare/ghiotto uno dei beati: me ne tengo lontano;/una perdita tocca spesso ai malèdici. ( Olimpica I, vv. 45-54)
Nell'Olimpica IX Pindaro scrive:"diffamare gli dei è odiosa sapienza (ejpei; tov ge loidorh'sai qeouv"-ejcqra; sofiva, vv. 37-38), con un ossimoro che denuncia la critica filosofica dei miti, una lapidaria affermazione di ultratradizionalismo che sarà ripresa dall'Euripide postfilosofico o antifilosofico delle Baccanti :"Il sapere non è sapienza"(v.395), canta il coro delle menadi, quindi si augura di "tenere il cuore e la mente lontani dagli uomini straordinari, per accettare quello che il popolo più semplice pensa e crede"(vv. 427-432).
Ebbene il tradizionalismo aristocratico di Pindaro è più vicino alle credenze popolari che alla sapienza intellettualistica degli "uomini straordinari". Del resto la spienza non è a portata di tutti ma è "scoscesa"(Olimpica IX, 108).
Dio non ha bisogno di niente
L’ idea della divinità che non ha bisogno di niente si ritrova nel De rerum natura di Lucrezio: “ Omnis enim per se divum natura necessest/immortali aevo summa cum pace fruatur/semota ab nostris rebus seiunctaque longe./nam privata dolore omni, privata periclis,/ipsa suis pollens opibus, nihil indiga nostri,/nec bene promeritis capitur nec tangitur ira” (II, 646-651), infatti ogni natura divina per sé deve fruire di un’età immortale con pace suprema, lontana dalle nostre vicende e di gran lunga distinta. Infatti preservata da ogni dolore, preservata dai pericoli, potente da sola delle sue forze, per niente bisognosa di noi, non viene accattivata dai nostri servizi buoni e non è toccata dall’ira.
Un biasimo per la povertà e la trascuratezza fisica veniva rivolto a Socrate da Antifonte sofista il quale accusava Socrate di essere maestro di miseria, ma egli ribatteva che "non avere bisogno di niente è divino, di pochissimo è assai vicino al divino”[1]
Antifonte disse a Socrate che la sua filosofia non portava alla felicità poiché lui faceva una vita che nemmeno uno schiavo potrebbe sopportare:
mangi e bevi la roba più ordinaria, porti un mantello che non solo è ordinario ma è il medesimo per l’estate e per l’inverno, e vivi costantemente senza scarpe e senza tunica. Per giunta non prendi denaro che porta gioia a chi lo acquista.
Dunque considera di essere un maestro di infelicità: nomivze kakodaimoniva" didavskalo" ei\nai (Memorabili, I, 6, 3)
Socrate risponde che non accettando denaro non è costretto a frequentare nessuno.
I miei cibi sono ordinari ma li condisco con l’appetito, suscitato a sua volta con il movimento.
Io che vivo esercitandomi anche fisicamente sono in grado di sopportate il caldo il freddo, la fame meglio di te. Non c’è niente di meglio che evitare la schiavitù del ventre e della lascivia cercando i veri benefici. Io voglio diventare migliore e acquistare amici migliori.
“Tu credi Antifonte che la felicità sia lussuria e lusso (trufhv, polutevleia), ejgw; de; nomivzw to; me;n mhdeno;" devesqai qei'on ei\nai, io invece penso che non avere bisogno di niente sia cosa divina, e siccome il divino è il meglio, esserne vicino significa essere vicino al meglio (I, 6, 10).
Pesaro 28 luglio 2022 ore 9, 57
giovanni ghiselli
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