Quindi Ione congeda la ramazza di alloro e va alla fonte Castalda per raccogliere acqua con vasi d’oro e inumidire il suolo.
Vuole seguitare a servire il dio Febo per sempre o cambiare questa sorte con un altro destino felice.
Ma dai nidi del Parnaso scendono gli uccelli ptanoiv 156.
Il ragazzo li minaccia di frecciate temendo che rubino e sporchino le offerte votive.
E’ un sacrestano scrupoloso ancora ignaro dell’alto destino che lo attende. Serve senza pensare al regno.
Comunque non minaccia con le frecce gli uccellini bensì la messaggera di Zeus- Zhno;~- kh`rux 158- 159, l’aquila che con il becco gamfhlai`~ 159 vince la forza degli altri uccelli, poi un cigno che remeggia verso gli altari e deve muovere in altra direzione foinikofah` povda (162-163) il piede dalla luce purpurea. Il cigno era sacro ad Apollo che però non lo difenderà dalle frecce di Ione. Il kuvkno~ dunque dovrà tornare a Delos dove Latona ha partorito Apollo e Artemide e i cigni avevano celebrato questa nascita. Tutto è avvolto nel mito, tutto è pieno di dèi, tutto è santo come ancora sente chi è imbevuto di questa cultura classica che ci ha difeso dal clericalismo bigotto fin da bambini.
Ione è un guardiano tutt’altro che mite e minaccia di insanguinare i canti melodiosi del cigno.
Per il canto del cigno cfr. Platone, Fedone, 85
Gli uomini per la loro paura della morte, calunniano anche i cigni e dicono che essi cantano lamentando la morte favsi aujtou;;" qrhnou'nta" to;n qavnaton a[/dein. In realtà nessun uccello canta quando ha fame o freddo o soffre qualche altro dolore, neppure l’usignolo ajhdwvn o la rondine celidwvn o l’upupa e[poy.
I cigni dunque siccome sono uccelli di Apollo, indovini mantikoiv, prevedendo i beni dell’Ade kai; proeidovte" ta; ejn {Aidou ajgaqav , cantano e gioiscono (a[dousi kai; tevrpontai) in quel giorno più che in passato (85b). Ebbene, conclude Socrate, io sono confratello dei cigni e consacrato allo stesso dio che mi dà la divinazione th;n mantikhvn e non credo di dovermi separare dalla vita più triste di loro.
Seguono minacce a un altro uccello che sembra dirigersi sotto il cornicione per portare pagliuzze ai suoi pulcini. C’è un’attenta osservazione della natura che ora è annientata dalla fissazione dello sguardo sui cellulari o smartphone e altri aggeggi del genere.
Sentite questo titolo di “il Venerdì di Repubblica” del 29 agosto 2022: “Vera Gheno Dico Scwha e mi augurano lo stupro”.
Io che esecro gli stupri, dopo averne sventati tanti tentativi contro la mia persona, ardisco però domandare che cosa significa Schwa.
Dovrei saperlo ma non lo so e sarebbe cortesia curare l’ ignoranza mia e quella dei tanti ignoranti quanto me che vorrebbero capire. Ma ora l’imperativo categorico è “non farsi capire, non fare mai chiarezza, tenersi sul generico o sull’incomprensibile”.
Ione dunque invita gli uccelli a volare verso altri lidi: presso i gorghi dell’Alfeo o nella valle dell’Istmo. Luoghi del Peloponneso. Mi piace chiarire tutto. Se no, perché scrivere o parlare? Per imbrogliare, credo.
Il ragazzo minaccia gli uccelli per allontanarli: ha ritegno di ammazzare i volatili che riferiscono ai mortali le voci degli dèi –kteivnein d jujma`~ aijdou`mai-tou;~ qew`n ajggevllonta~ fhvma~ -qnatoi`~ (179-181).
Ammiano Marcellino commenta questa attenzione ai voli degli uccelli scrivendo che gli auspici si traggono dai volatili non perché loro conoscano il futuro sed volatus avium dirĭgit deus (21, 1, 9).
Ione conclude il suo canto dicendo che vuole riprendere a servire Apollo: -kouj lhvxw-tou;~ boskonta~ qerapeuvwn- 182-183 non smetterò di servire quelli che mi nutrono. Ouj lhvxw è la risposta dell’eroe cedere nescius a chi gli suggerisce di cedere (cfr. Achille in Iliade , XIX, v. 423.)
Pesaro 30 luglio 2022 ore 12, 03
giovanni ghiselli
p. s.
Statistiche del blog
Sempre1269630
Oggi93
Ieri127
Questo mese5608
Nessun commento:
Posta un commento