sabato 31 agosto 2024

Il film Ludwig II di Visconti. la Giustizia e la Pace isolate in una nicchia. Gli amori impossibili. La sortita a Moena.


 

Il 24 febbraio del 1981 andammo a vedere il film di Visconti Ludwig

secondo, il lunatico re di Baviera, affogato nelle cupe acque dello

Starnbergersee la sera del 13 giugno del 1886.

Ci commosse la

tragedia del sovrano impazzito per il desiderio frustrato di amore,

e per la solitudine immensa dove si era rinchiuso, siccome

incapace di sopportare la società profanata, già allora, da industrie

e cannoni.

 

Trovammo che il monarca, prima bello e gentile, poi decaduto a

mostro pazzo e deforme, grasso, sconcio, sdentato, per certi versi ci

assomigliava: Ifigenia mormorò che se qualcuno lo avesse

aiutato, si sarebbe salvato dalla degradazione.

Quindi dicemmo che noi due, diversi come il re matto, romiti e strani, isolati non

meno di lui, dovevamo aiutarci a vicenda, se volevamo fare

qualcosa di egregio, ed evitare il decadimento a differenti da tanti

 

 

 altri, borghesi, sicari o bigotti, soltanto nell'essere più

sciagurati e infelici. Ricordo che dopo questa constatazione, fatta

nei dieci minuti dell'intervallo fra il primo e il secondo tempo, la

ragazza mi fissava estasiata, come non faceva da tanto. Io che una

volta avevo avuto la nausea di essere osservato così fissamente,

quella sera ne fui felice e orgoglioso.

Mi venne in mente un giorno lontano, quando Ifigenia

davanti alla mia renitenza a essere  sbaciucchiato , aveva

bisbigliato:"Eppure è una fortuna per te!"

Arrivati a casa, disse che dovevamo ritrovare la forza di credere

l'uno nell'altra, e il coraggio di correre ancora nelle reciproche

braccia dove eravamo stati pazzi di gioia. Potevamo farcela.

Quindi  facemmo l'amore con soddisfazione. Infine

l'accompagnai a casa e tornai indietro tutto contento.

Però

l'insuperabile forza del destino agiva contro la resurrezione della

nostra intesa fatata. Quando fui nel mio appartamento verso le due

della notte, prima di entrare nel letto ancora profumato del seno e

del ventre suo benedetto, misi piede in cucina per bere dell'acqua.

Allora la felicità che mi aveva aperto e scaldato il cuore, si strinse

e raggelò, capovolgendosi in pena. Le stoviglie ammucchiate nel

lavandino maleodorante mi fecero pensare: "Quella in realtà non

mi ama: i piatti li abbiamo sporcati insieme; io non riesco a

trovare una donna delle pulizie, e lei non vuole darmi una mano;

però a me la chiede per i comodi suoi. L' amore risorto, esiste solo

nelle parole non veritiere che dice. Ma per quale ragione mi

rinnova dichiarazioni e profferte? Che miri a farmi alcolizzare,

ingrassare, odiare le donne, come il povero Ludwig? No, vuole

solo sfruttarmi finché le posso servire e non abbia trovato uno più

conveniente".

Nel letto, aspirando il suo aroma, cercai di reagire ai pensieri

cattivi con il ricordo consolatorio della bellezza e con l'immagine

della Giustizia che mi aveva salvato in novembre, ma non riuscivo

più a distinguerla bene: appariva enigmatica e oscura o per lo meno isolata dal contesto sociale come  la Pace che siede a parte, da sola,  nell’affresco del Buon Governo di Ambrogio Lorenzetti dell’antica sala dei Nove del palazzo di Siena. Non si trova nello spazio comune ma in un luogo soltanto suo.

 

"Lei è bella – pensavo –, e il profumo del suo corpo è degno di

Dio: mi fa venire in mente il sole e le stelle; ma non è generosa né

giusta. Perché dopo avermi proposto un patto di amore eterno, non

fa qualche cosa per me, oltre a lasciarmi nel talamo questa traccia

di paradiso? Perché non affronta qualche piccolo sacrificio, non


 

 

 

lava nemmeno un bicchiere o un piatto fra i tanti che abbiamo

sporcato insieme?"

Mi crogiolavo in tale dolore e nella contraddizione tra l'estetica e

l'etica; mi ci inabissavo volutamente e con voluttà depravata, forse

per evitare di caderci senza volere. Non seppi darmi risposta;

"Andremo avanti a furia di sotterfugi, bugie, finzioni, come

abbiamo ricominciato", conclusi. E’ l’eterna aporìa dei miei amori

Questa non è finlandese, non è incinta di un altro né di me, non è sposata con il solito eterno marito, ma non funzione comunque.  

Alla fine del mese, presi dieci giorni di congedo e partii per

Moena.

Mi fermai a Cittadella per salutare Luciana. Faceva freddo e

pioveva. Andammo in un'osteria a parlare. Quando le dissi che

avevo scritto un dramma, mi incoraggiò:"Da te me l'aspettavo. Tu

puoi realizzarti solo se dai vita ai tuoi fantasmi, ai sogni che

spremi dalle esperienze;  sono più veri della realtà, siccome

ne contengono il succo, le quintessenze".

Le dissi che il mio scopo era politico: cambiare i gusti della gente

corrotta. Rispose che nella scuola media di Carmignano, quando

avevo venticinque anni, ci ero riuscito; a trentacinque potevo farlo

in un liceo di città; a quaranta o a cinquanta nell'intera nazione. Mi

chiese di spedirle una copia della tragedia: era sicura che le

sarebbe piaciuta.

Partii rinfrancato. Arrivai all'ora di cena. Mangiai in fretta, ma poi

dovetti rinunciare alla passeggiata attraverso la valle poiché

pioveva a dirotto. "Non smetterà mai, mai ", aveva detto Ludwig

osservando il cielo acquoso da una finestra del castello adibito a

manicomio dov'era stato recluso.

A letto mi dissi:"Questa è la terza volta che vengo a Moena solo,

da quando sto con Ifigenia. La prima, mi angosciava il

pensiero della sua fedeltà, soprattutto corporea; la seconda quello

della sua verginità e condizione sociale; questa volta ammetto solo

questioni di amore e di arte, ossia di spirito, non di imene o di

soldi".

Attraverso tale arzigogolo riuscii a prendere sonno.

 

Pesaro 31 agosto 2024 ore 11, 15 giovanni ghiselli

p. s.

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